Dall'articolo: "La scomparsa di Hugo Chávez-Mito e realtà di un caudillo" su Avvenire, il giornale dei vescovi...
"l’ultimo caudillo lascia il suo trono terreno dal
quale ha saldamente esercitato il proprio potere poggiando su quattro
pilastri: un mare di petrolio che copre il 75% delle entrate
statali, un inarrestabile diluvio di demagogia, una forte dose di
populismo di stampo neoperonista e un ferreo controllo di tv e
giornali"
"Il suo attivismo demagogico e scarsamente rispettoso delle regole
democratiche finì con il nazionalizzare tutto ciò che era possibile in modo da consentire allo Stato l’elevata spesa sociale
a favore delle classi meno abbienti, ovvero al 90 per cento dei
cittadini venezuelani, un terzo dei quali abbondantemente sotto la
soglia di povertà"
"Poteva questo caudillo uscito non da Harvard o da Yale e
nemmeno dall’Università dell’Illinois come Correa, bensì dal corso
paracadutisti dell’Academia Militar de Venezuela e convertitosi a
un’ibridazione fra marxismo e populismo, non suscitare la curiosità di
Fidel Castro?"
"E mentre stringeva amicizia con l’iraniano Ahmadinejad e
minacciava un giorno sì e uno no la Chiesa cattolica venezuelana (con la
quale si riconcilierà negli ultimi mesi della malattia), Chávez
s’impadroniva grazie a Fidel dei segreti del populismo mediatico"
"Non tutto dello chávismo è certamente da buttare"
"Ma per traghettare il Venezuela dal mito bolivarista alla
realtà ci vorrà un leader che non sia più un caudillo. Per
il quale l’ingresso nella modernità e nella democrazia, quella vera,
diventi l’obbiettivo principale. Nell’attesa che anche a Cuba,
definitivamente, cali il sipario sulla saga dei Castro.
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