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giovedì 16 agosto 2012

ENTREVISTA - Fernando Soto: “Garibaldi es un guerrillero al igual que yo”


De Monica Vistali

CARACAS - Las relaciones entre Italia y Venezuela son - y siempre han sido - buenas. Lo asegura el ex Presidente de la Asamblea Nacional, el diputado socialista Fernando Soto Rojas, quien asistió a la celebración del Día de la Amistad italo-venezolana, que se celebró ayer por la mañana en Plaza Italia, en Caracas.
- Nunca hemos tenido ningún enfrentamiento con el pueblo o con el gobierno italiano - garantiza el parlamentario - y aún hoy en día las relaciones son buenas, a pesar que nuestros modelos ideológicos son diferentes.
Soto señala que "la colonia europea, y especialmente las italiana, española y portuguesa", fue "siempre bien recibida" en Venezuela, aunque "algunas personas se asustaron y huyeron del fantasma del socialismo, del comunismo." Señala que hoy, con la debacle económica que se cierne como una espada de Damocles sobre la zona euro, América Latina y Venezuela están volviendo a ser una tierra de inmigración.
- No hace mucho estuve en España -, dijo el diputado del PSUV - y conocí a muchos españoles-venezolano que piensan regresar a Venezuela, principalmente a causa de la grave crisis estructural que atraviesa el viejo continente. Espero que las cosas vayan a mejorar - dice - pero también estoy convencido que las medidas ‘fondomonetaristias’ se están tomando no vayan a resolver la situación.
Luego unas palabras para Italia:
- Desde los años 50 hay aquí una gran presencia de italianos, porque Venezuela es una tierra bendecida. Son bienvenidos - dice con gusto - todos aquellos que vienen a trabajar con buena voluntad.
Soto Rojas, nacido en 1933, es llamado el “diputado guerrillero" del Parlamento venezolano. Encabezó movimientos estudiantiles y militó en la resistencia contra la dictadura de Marcos Pérez Jiménez, para luego abrazar la lucha armada en los años sesenta. Es durante esta década que se une al ejército revolucionario de Fidel Castro y lidera la brigada cubano-venezolana que invade clandestinamente a Venezuela con el objetivo de derrocar el gobierno de Rómulo Betancourt, mientras que en el 77 lo encontramos en el Medio Oriente en la resistencia palestina dentro de las filas de "Causa palestina".
Con una trayectoria de este tipo, entendemos por qué Soto - quien hace unos años inauguró en el revolucionario barrio ’23 Enero’ una plaza dedicada al fundador de las FARC, Manuel Marulanda Vélez - está tan comodo en la sombra del busto de Giuseppe Garibaldi:
- A lo largo de su vida, Garibaldi siempre ha sido un luchador y un guerrillero, al igual que yo. Cuando fuimos invitados a la celebración hemos aceptado en seguida, especialmente por lo que significó su figura en la historia de Italia y de América Latina. Creo que los venezolanos - declara - deberían estudiar más su historia y aprender más acerca de la comunidad italiana. Si Venezuela necesita una estabilidad a largo plazo, Italia necesita a Venezuela y América Latina para levantar una zona de paz.
Pero, ¿cómo seguirán las relaciones entre los dos países en el caso de un cambio político el 7 de octubre, cuando los venezolanos decidirán si reafirmar Hugo Chávez a la presidencia o optar por el candidato opositor, Henrique Capriles Radonski? Soto Rojas no tiene ninguna duda: las relaciones con Italia no van a cambiar porque Venezuela no va a abandonar el "socialismo bolivariano" por "un pasado que ya conoce":
- Habrá continuidad política, ya que simplemente se pasará del Comandante Chávez al presidente Chávez o lo contrario – bromea el congresista -. "El otro" -, afirma refiriéndose a Capriles - es un imponderable que no se vee en el horizonte. Cada día analizamos la situación política: la gente está avanzando muy seriamente en un proceso de politización y esto es impulsa la realización del sueño bolivariano.

mercoledì 15 agosto 2012

Giornata dell'Amicizia Italia-Venezuela, Amb. Serpi: "Buoni rapporti anche dopo il 7-O"

di Monica Vistali

CARACAS - Ricordare i legami storici e confermare i buoni rapporti che da sempre intercorrono tra i due Paesi: questo l’obiettivo della ‘Giornata dell’amicizia tra l’Italia e il Venezuela’ che si è celebrata questa mattina in Piazza Italia a Caracas. Un incontro breve e simbolico - con un’offerta floreale al busto di Giuseppe Garibaldi e alla statua donata nel 1911 dalla comunità italiana per commemorare l’allora Centenario del Venezuela - a cui hanno partecipato esponenti di punta della nostra Collettività ed autorità venezuelane.
A causa della calura del mezzodì e del rumoroso traffico che s’impone lungo l’avenida San Martin, dove si trova la piazza, l’Ambasciatore Paolo Serpi ha parlato solo per pochi minuti, giusto il tempo per sottolineare l’importanza della figura di Giuseppe Garibaldi - un eroe “straordinario, d’altri tempi, disinteressato, che appartiene all’Italia e all’America latina” - e ripassare la storia comune che fa dell’Italia e del Venezuela due ‘países hermanos’. Non si è però dimenticato di ricordare i numerosi connazionali che nei decenni sono stati accolti dalla ‘terra di Bolívar’ e che hanno contribuito allo sviluppo del Paese d’accoglienza, i quali, secondo il diplomatico, si dividono in tre tipologie: gli esploratori come Vespucci; i ‘libertadores’ come Iznardi, Codazzi e Castelli; ed i lavoratori, circa 600 mila persone che dal 1948 al 1960 hanno cercato fortuna oltreoceano.
Serpi ha poi rievocato la nascita della Giornata dell’Amicizia, istituita nel 2005 e da lui rispolverata l’anno scorso, ricordando ai presenti che il presidente Hugo Chávez decise di celebrare questa ricorrenza il 15 agosto in ricordo del Giuramento di Simón Bolívar, avvenuto sul Monte Sacro di Roma nel 1805. “Quando il nostro Monte Sacro fu ispirazione per la liberazione dell’America latina” ha dichiarato il diplomatico, chiudendo poi la cerimonia con uno strappo al protocollo: “Viva Bolivar, Viva Garibaldi! Viva il Venezuela, viva l’Italia!”.

Commercio +20%
“La Giornata dell’Amicizia è un piccolo evento che contribuisce a costruire una ‘casa comune’, ad alimentare una memoria congiunta diretta a mantenere buoni rapporti tra i popoli” ha dichiarato l’Ambasciatore Serpi, intervistato al termine della cerimonia. Ma come sono, oggi, le relazioni tra l’Italia e il Venezuela?
- I due paesi hanno ottimi rapporti bilaterali a livello governativo e parlamentare - assicura il diplomatico, precisando che però sarebbe necessario dare “più continuità alla visite politiche di alto livello”.
Tutto bene anche sul piano economico. Negli ultimi due anni lo scambio commerciale tra l’Italia e il Venezuela è aumentato del 20 per cento e restano molto attivi i settori tradizionali di cooperazione: quelli relativi alle infrastrutture e all’energia. Tante anche le imprese italo-venezuelane al lavoro con la ‘Misión Vivienda’, il programma governativo per la soluzione del problema abitazionale. Ma “il meglio della cooperazione”, precisa Serpi, è “quella più sconosciuta: la fondazione per il trapianto di midollo osseo a Maracaibo, o il team di medici italiani che trascorrono le loro vacanze in Venezuela curando i bambini con il labro leporino”.
L’Ambasciatore non teme cambi di rotta nell’ipotesi di un ribaltone politico il prossimo 7 ottobre, giorno delle elezioni presidenziali:
- Siamo aperti al processo democratico e lo favoriamo, quindi accetteremo e dialogheremo con qualsiasi governo verrà eletto - assicura il diplomatico -. L’importante è che il processo di voto sia democratico, pulito e trasparente. E siamo sicuri che sarà così.

I presenti
Hanno accompagnato il nostro Ambasciatore la consorte e numerosi funzionari della sede diplomatica: il Primo Consigliere Paolo Miraglia; il Vice Questore Carlo Mazza; l’Esperto Antisequestro, Maresciallo Giuseppe Scrima; l’Addetto militare Rodolfo Passaro; una rappresentanza dei Carabinieri italiani. Dal Consolato è arrivata la Console di Caracas, Jessica Cupellini, accompagnata dal collaboratore della ‘Voce d’Italia’, Luca Marfé, mentre a rappresentanza della Camera di Commercio Venezolano-Italiana (Cavenit) c’erano il nuovo Presidente Sergio Sannia, il Segretario generale Jean Pietro Cattabriga e il Consigliere Francesco Puglia. Grande assente il Cgie, Comites presente con il Presidente Michele Buscemi e l’avvocato Teresina Giustiniano.
Non sono mancati i rappresentanti dei sodalizi italiani: il Presidente Piero Caschetta con la prima donna del Comitato Dame e il Segretario Antonio Mucci per il Centro Italo Venezuelano di Caracas; Franco Lualdi per la Casa d’Italia della capitale e Mariano Palazzo per quella di Maracay. Palazzo ha rappresentato anche Faiv (la Federazione delle Associazioni italo-venezolane di cui è presidente) e la Società Dante Alighieri (è responsabile del Comitato di Maracay).
Pochi i rappresentanti dei gruppi giovanili che fanno vita nei club o che si sono formati negli ultimi anni per dar voce alle nuove generazioni in una Collettività ormai ‘invecchiata’: presenti solo due ragazze di Fegiv, la Federazione Giovani Italo-venezuelani.
- Per aumentare la partecipazione giovanile non posso che appoggiarmi alla comunità ed ai suoi rappresentanti eletti, anche perché siamo nel pieno delle vacanze estive - ha commentato l’Ambasciatore Serpi a questo proposito, ammettendo che i legami con l’Italia non possono che farsi più deboli con il susseguirsi delle generazioni.
Hanno assistito alla cerimonia anche Biagio Ignacchiti, Presidente della Federazione delle Associazioni Lucane in Venezuela; Giannina Nardelli dell’Associazione Laziali nel Mondo; la scrittrice Maria Teresa Vannini con il figlio, il pittore Leonardo Gerulewicz.
Per la parte venezuelana, hanno partecipato alla celebrazione l’ex Presidente del Parlamento e oggi deputato del Psuv per lo stato Falcón, Fernando Soto Rojas (“una persona aperta al mondo che stimo molto”, ha dichiarato Paolo Serpi) e una delegazione dal Viceministero per l’Europa: l’assistente del viceministro Temir Porras Ponceleón, Camilo Ortiz; la Direttrice generale per l’Europa, Ayerim Yesenia Flores Rivas; la Responsabile per l’Italia, Sara Lambertini; la Coordinatrice di Cultura e Solidarietà, Hasdinris Quintana. Presenta anche il deputato Hiram Gaviria, della Commissione Ambiente del Parlamento, legato al nostro Paese in quanto sposato con una donna italiana.
(La Voce d'Italia)

INTERVISTA - Fernando Soto (PSUV): “Garibaldi era un guerrigliero come me”


di Monica Vistali

CARACAS – I rapporti tra l’Italia e il Venezuela sono - e sono sempre stati - buoni. Lo assicura alla ‘Voce’ l’ex Presidente dell’Assemblea Nazionale, il deputato socialista Fernando Soto Rojas, presente alla celebrazione della 'Giornata dell’Amicizia italo-venezuelana' che si è svolta questa mattina in Piazza Italia, a Caracas.
- Non abbiamo mai avuto nessuno scontro con il popolo o con il governo italiano - garantisce il parlamentare - e anche oggi le relazioni sono buone, nonostante i nostri modelli ideologici siano diversi.
Soto ricorda come “la colonia europea, specialmente quella italiana, spagnola e portoghese” sia stata “sempre ben accolta” in Venezuela, anche se “alcuni hanno avuto paura e sono scappati dal fantasma del socialismo, del comunismo”. E sottolinea come oggi, con la debacle economica che pende come una spada di Damocle sull’eurozona, l’America latina e il Venezuela stiano tornando ad essere terra d’immigrazione.
- Poco tempo fa sono stato in Spagna - racconta il deputato del Psuv - e ho incontrato molti spagnoli-venezuelani che pensano di ritornare in Venezuela, soprattutto a causa della grave crisi strutturale che attraversa il vecchio Continente. Spero che le cose migliorino - dichiara - ma sono anche convinto che le misure fondomonetaristiche che si stanno adottando non risolveranno la situazione.
Poi qualche parola per l’Italia:
- Fin dagli anni ’50 c’è una grande presenza di italiani perché il Venezuela è una terra benedetta. Siano benvenuti - dice calorosamente - tutti coloro che vengono a lavorare con buona volontà.
Soto Rojas, classe 1933, è chiamato il “deputato guerrigliero” del Parlamento venezuelano. Ha militato nei movimenti studenteschi e nella resitenza contro la dittatura di Marcos Pérez Jiménez, per poi abbracciare la lotta armata negli anni Sessanta. È durante questa decada che si unisce all’esercito rivoluzionario di Fidel Castro e guida la brigata venezolano-cubana che invade clandestinamente il Venezuela con l’obiettivo di rovesciare il governo di Romulo Bethancourt, mentre nel ’77 lo troviamo in Medio Oriente combattendo per la resistenza palestinese tra le fila di ‘Causa Palestina’.

Il deputato Soto tra le file dell'Esercito rivoluzionario cubano
Con una traiettoria di questo tipo, capiamo perché Soto - che qualche anno fa inaugurava nel ‘revoluzionario 23 Enero’ (zona popolare di Caracas) una piazza dedicata al fondatore delle Farc, Manuel Marulanda Velez - si trovi tanto a suo agio all’ombra del busto di Giuseppe Garibaldi:
- Per tutta la sua vita Garibaldi è stato un combattente e un guerrillero, proprio come me. Quando ci hanno invitato alla celebrazione abbiamo subito accettato soprattutto per quello che ha significato la sua figura per la storia dell’Italia e dell’America latina. Credo che i venezolani - afferma - dovrebbero studiare di più la sua storia e conoscere più a fondo la collettività italiana. Se il Venezuela ha bisogno di una lunga stabilità, l’Italia ha bisogno del Venezuela e dell’America latina per alzare una zona di pace.
Ma come cambieranno le relazioni tra i due Paesi nell’ipotesi di un ribaltone politico il prossimo 7 ottobre, quando i venezuelani decideranno alle urne se riconfermare Hugo Chávez alla presidenza della Repubblica o optare per il candidato dell’opposizione, Henrique Capriles Radonski? Soto Rojas non ha dubbi: i rapporti con l’Italia non cambieranno perché il Venezuela non abbandonerà il “socialismo bolivariano” per “un passato che già conosce”:
- Ci sarà continuità politica perché passeremo dal Comandante Chávez al Presidente Chávez o viceversa - scherza il deputato -. ‘L’altro’ - dice riferendosi a Capriles - è un imponderabile che non si profila all’orizzonte. Analizziamo la situazione politica ogni giorno: il popolo sta avanzando molto seriamente in un processo di politicizzazione e questo è garanzia di spinta verso la realizzazione del sogno bolivariano.
(La Voce d'Italia)

lunedì 13 agosto 2012

Squarta il capo per denaro, ricercato maggiordomo italiano



di Monica Vistali

CARACAS – Un anziano uomo d’affari scomparso, un autista e un maggiordomo accecati dall’avidità, una sega elettrica. Poi una immensa fortuna in liquidi e proprietà e il ritrovamento di un busto umano lungo il bagnasciuga di una spiaggia caraibica. Non mancano gli ingredienti per un buon giallo in questa tragedia avvenuta a Puerto La Cruz, stato Anzoátegui, per la quale l’italiano Marco Antonio Ferrari Martínez (66 anni), ora latitante in Italia, è ricercato dall’Interpol con l’accusa di aver ucciso e squartato il suo capo, il francese Paul Maurice Wilnerman (81 anni), per impossessarsi della sua fortuna. Il tutto con l’aiuto di Roger Del Valle Rendón Vásquez, 44enne autista della vittima, già in manette con l’accusa di omicidio premeditato.
Ferrari era maggiordomo e uomo di fiducia di Maurice Wilnerman, il quale aveva addirittura dato al nostro connazionale una speciale procura per amministrare autonomamente i suoi conti bancari e le sue proprietà.
Dopo aver ritirato dalla banca 2 milioni di bolívares fuertes (quasi 360 mila euro) per conto del suo capo, Ferrari viene a sapere che quest’ultimo ha intenzione di lasciare il Paese per trasferirsi definitivamente nella Repubblica Dominicana, dove possedeva alcuni immobili, e decide quindi di trovare un modo per tenere per sé il denaro. Scartata l’idea del furto, Ferrari contatta Rendón Vásquez per proporgli un affare: 40 mila bolívares ed un’automobile Toyota Corolla se l’avesse aiutato ad uccidere Paul Maurice Wilnerman.
- L’avarizia appare il movente principale del crimine - hanno spiegato in conferenza stampa Jorge Anglade e Alexis Espinoza, rispettivamente capi della Polizia scientifica (Cicpc) di Anzoátegui e di Puerto La Cruz, - anche perché Ferrari era l’uomo di fiducia di Wilnerman in Venezuela e conosceva perfettamente l’ammontare della sua fortuna.
I due Commissari hanno riassunto la dinamica dell’omicidio, avvenuto il 28 aprile scorso nell’appartamento di Wilnerman in Avenida Tajamar, residencias Puerta del Este’, nel settore ‘El Paraiso’ di Puerto La Cruz.
- Dopo aver addormentato l’anziano con un sonnifero, Ferrari gli ha sparato alla testa e con Rendón Vásquez ha fatto a pezzi il cadavere con una sega elettrica che i due avevano comprato insieme qualche tempo prima. Braccia, gambe, testa e torso sono stati gettati in mare da una piccola imbarcazione di proprietà di Wilnerman.
A tradire il connazionale, il ritrovamento di un busto umano nascosto in un borsone militare, avvenuto lo scorso 29 aprile lungo ‘Playa Los Canales’ di Puerto La Cruz. I due criminali avevano posto all’interno dello zaino alcuni pezzi di ferro che avrebbero dovuto farlo affondare, ma questi fuoriuscirono facendo emergere il resto della vittima, poi trascinato a riva dalle onde.
Gli agenti della Polizia scientifica scoprirono che il corpo mutilato era quello di Maurice Wilnerman grazie alla comparazione del suo DNA con quello di alcuni familiari che ne avevano nel frattempo denunciato la scomparsa. Una volta identificato il cadavere, è stato facile mettere a nudo la relazione del francese con Ferrari e di quest’ultimo con Rendón Vásquez che, una volta arrestato, ha ammesso la sua colpevolezza e fornito agli investigatori dettagli importanti. Le autorità stanno rastrellando le acque della baia ‘Pozuelos’ alla ricerca dei resti del corpo, anche se molto probabilmente sono stati inghiottiti dal mare.
Due giorni dopo aver commesso l’efferato omicidio, Marco Ferrari ha venduto un’automobile Fiat Idea, uno yacht e un immobile di lusso di proprietà dell’anziano francese. Quest’ultimo bene, un appartamento tipo penthouse, gli avrebbe fruttato circa 200 milioni di bolívares fuertes, mentre l’imbarcazione circa BsF 550 mila.
Secondo quanto dichiarato dagli agenti del Cicpc in conferenza stampa, il connazionale è partito dall’aeroporto di Caracas con tutto il denaro ed ora si trova in Italia. Su di lui pende un avviso di allerta rosso diffuso dall’Interpol.
La Voce d'Italia

venerdì 10 agosto 2012

Sequestro virtuale, quando il web aiuta i criminali

In voga una nuova forma di estorsione: al carcere i detenuti trovano sui social network ogni tipo di informazione, scelgono una facile preda e per telefono simulano il suo rapimento. Commissario di Las Salias: nella zona tanti commercianti italiani pagano la ‘vacuna’

di Monica Vistali

CARACAS – Attraverso i social network si informano su una persona, poi quando questa è fuori casa fingono di averla sequestrata e telefonano alla famiglia per estorcerle denaro. Si tratta del ‘sequestro virtuale’, l’ultima moda in quanto a sequestri di persona, praticato soprattutto da detenuti che utilizzano in carcere cellulari con connessione a internet.
- Quello che chiamiamo ‘sequestro virtuale’ o ‘estorsione telefonica’ è un modo facile e veloce per commettere un crimine - ci spiega il Commissario Argenis Guillen, Direttore della Polizia Municipale di Los Salias -. È semplice perché al giorno d’oggi in molti rivelano su Facebook o su Twitter ogni tipo di informazione sul proprio conto: in che tipo di zona vivono e qual è il loro numero di telefono, dove studiano, dove lavorano, dove escono la sera, dove passano il fine settimana, cosa fanno i loro figli. Postano fotografie della loro casa, della loro automobile, dei loro viaggi. Qualsiasi delinquente che possieda un cellulare con connessione internet, può accedere a queste informazioni in modo semplice e decidere se la persona è una facile preda.
Prima di mettersi in contatto con la famiglia da estorcere, i criminali approfittano della temporanea assenza della vittima ‘virtuale’.
- Con la mole di informazioni disponibili sul web sono perfettamente in grado di sapere quando una persona è in metropolitana e il suo telefono non ha copertura, quando il suo cellulare è scarico, oppure quando è in spiaggia - spiega il Commissario -. Chiamano la vittima e, se hanno la conferma che questa non è raggiungibile, telefonano subito alla famiglia. Assicurano di averle rapito il familiare e per la sua ‘liberazione’ chiedono ricariche telefoniche o depositi in un conto corrente bancario. Oppure - continua ancora Guillen - fanno credere di esser parte di gruppi criminali o agenti di polizia e di gestire informazioni importanti sulla famiglia. Quindi minacciano di sequestrare o far del male ad un loro caro se non si soddisfano le loro richieste.
Il Commissario fornisce alcuni tips su come capire che si tratta solo di un sequestro simulato.
- Se qualcuno ha davvero realizzato un sequestro di persona non chiede certo soldi per il suo cellulare o depositi bancari - assicura - perché sarebbe facile per la polizia risalire a lui. Quando il rapimento è reale il criminale negozia la quantità di denaro da consegnare in contanti come riscatto, in un luogo ben determinato.
Quindi, qualche consiglio su come reagire una vittima di ‘sequestro virtuale’:
- Ci si deve immediatamente mettere in contatto con il Cicpc o con la polizia locale, che hanno i mezzi necessari per localizzare la provenienza della chiamata. Se il criminale non nasconde l’ip del telefono, memorizzare subito il numero de cellulare con cui sta telefonando. È importante anche prestare attenzione al tono di voce del delinquente, al suo accento, un contributo importante affinché le forze dell’ordine possano identificare le bande delittive. Se possibile, registrare la chiamata.
Come forma di prevenzione, il Commissario consiglia utilizzare le nuove tecnologie in modo intelligente: no a dati personali (quali indirizzo, numero di telefono, istituto scolastico frequentato dai figli) sui nostri profili web; no all’opzione ‘accesso libero’ su Facebook, che permette a chiunque informarsi su di noi; accettare come ‘amici’ solo persone conosciute e non lasciarsi ingannare da profili misteriosi di donne attraenti.
Los Salias si trova a San Antonio, nello stato Miranda, ed è una zona di classe medio-alta. Anche se la Polizia municipale riceve solo tre denuncie al mese per estorsione attraverso ‘sequestro virtuale’, il Commissario Guillen assicura che mensualmente le vittime sono 10-15 e che almeno 3-4 di queste cadono nell’inganno e finiscono per obbedire alle richieste dei criminali, finanziando in questo modo la delinquenza. L’agente consiglia quindi di aver fiducia nelle forze dell’ordine, di rivolgersi a loro per qualsiasi dubbio e di non aver paura a sporgere denuncia. Questo, precisa, vale anche per i “molti commercianti italiani” della zona che - sotto la minaccia di un possibile sequestro - sono “obbligati dai criminali a pagare la vacuna’”.

giovedì 9 agosto 2012

Giornata dell'Amicizia Italia-Venezuela, appuntamento il 15 a Caracas

di Monica Vistali
CARACAS – Anche questo 15 agosto si celebrerà la Giornata dell’Amicizia tra l’Italia e il Venezuela, ricorrenza istituita tra le polemiche e le trame di potere nel 2005 - in ricordo del Giuramento di Simón Bolívar avvenuto sul Monte Sacro a Roma nel 1805 - e rispolverata l’anno scorso dall'Ambasciatore italiano, Paolo Serpi.
L’appuntamento è alle ore 11 nella simbolica Piazza Italia (Av. San Martín con Esq. Palo Grande - Libertador, Caracas) che ospita un busto di Giuseppe Garibaldi e una statua donata nel 1911 dalla comunità italiana per commemorare l’allora Centenario del Venezuela. In questo simbolico luogo, sul quale si affaccia la Chiesa Nuestra Señora de Lourdes, l’Ambasciatore Serpi spera di raccogliere un nutrito gruppo di persone. Alla cerimonia non mancheranno autorità italiane e venezuelane.

Amb. Paolo Serpi

La Giornata dell’amicizia italo-venezuelana è risorta l’anno scorso per volere della nostra Ambasciata dopo che per anni non erano state celebrate cerimonie ufficiali e il ricordo della ricorrenza era stato mantenuto vivo solo da qualche piccola festicciola organizzata nei club. Rispolverando l’iniziativa, i nostri diplomatici coglievano l’occasione per rimarcare gli stretti rapporti che legano i due Paesi nell’anno in cui si festeggiavano il Bicentenario dell’indipendenza del Venezuela dall’impero spagnolo e i 150 anni dell’Unità italiana. E miglioravano le relazioni con il Paese sudamericano, vitali nel momento di crisi economica che attraversava - e attraversa - l’Italia.
Era il 22 giugno 2005 quando l’Esecutivo venezuelano ed alcuni rappresentanti della collettività italiana firmarono nel palazzo presidenziale un patto di amicizia detto ‘Dichiarazione di Miraflores’ da cui naque la “Giornata” che il presidente Hugo Chávez scelse di celebrare il 15 agosto, in ricordo del giuramento del Libertador Simón Bolívar a Roma, pronunciato nel 1805. Quel giorno nel salone Ayacucho di Miraflores era presente la ‘creme de la creme’ della collettività italiana in Venezuela, quella che nei salotti non lascia mai la poltrona vuota.
In primis il promotore dell’evento, l’Ambasciatore italiano Gerardo Carante, oggi diplomatico a Bagdad. Poi imprenditori come Filippo Sindoni, che pochi mesi dopo verrà ucciso durante un sequestro; rappresentanti della collettività quali Ugo Di Martino (ex candidato al Senato) e Nello Collevecchio (ex candidato alla Camera) del Cgie – i due spuntano nelle telefonate intercettate dell’oggi in manette Aldo Micciché relative ai brogli elettorali del 2008 su cui indaga la Commissione Antimafia -; Moisés Maionica, ex presidente della camera di Commercio venezuelano-italiana.
Personalità di spicco rigorosamente antichaviste, che quel giorno celebrarono il Venezuela di Hugo Chávez. Sindoni risaltando la crescita del Pil e il roseo futuro che aspettava il Paese; Di Martino rimarcando la disponibilità ad una collaborazione reciproca basata sui principi di trasparenza e solidarietà. Si proponeva poi la creazione di un ospedale ‘Bolivar y Garibaldi’ e di una nuova entità bancaria, di cui mai è stato posto il primo mattone.
In fondo, le ragioni di quell’incontro erano altre. Pochi mesi dopo, infatti, le multinazionali italiane Astaldi ed Impregilo firmarono un accordo per la costruzione della linea ferroviaria Caracas-Brasile per la quale inizialmente il ministro dei Trasporti venezuelano voleva ingaggiare imprese brasiliane o cinesi.
Quale sorpresa ci riserverà questa nuova festa di Ferragosto?

Italiano falso nullatenente vive in Venezuela con assegno Inps

CARACAS - Conto bancario sequestrato e una denuncia per truffa e false attestazioni per un cittadino italiano che percepiva l’assegno sociale dell’Inps non avendone diritto perché da tempo vive all'estero, in Venezuela.
La truffa è stata scoperta grazie ai controlli della Guardia di Finanza di Viareggio, nell’ambito dell’attività di controllo nel settore delle prestazioni sociali, in particolare della spesa assistenziale.
Secondo la ricostruzione delle Fiamme gialle, che lo hanno denunciato, l’uomo nel 2005 era tornato in Italia per un breve periodo, prendendo la residenza a Massarosa, presso l'abitazione di alcuni parenti. Ma dopo aver dichiarato redditi pari a zero euro ed aver ottenuto l'assegno sociale dell'Inps, era tornato in Venezuela, continuando a percepire illecitamente i soldi che possono essere erogati solo a chi effettivamente risiede nel territorio dello Stato italiano. Riceveva un assegno mensile da 400 euro, più la tredicesima.
Le fiamme gialle hanno così denunciato l'uomo per truffa e false attestazioni, gli hanno sequestrato un conto corrente bancario e lo hanno segnalato all'Istituto di previdenza per il recupero delle somme percepite indebitamente, circa 35.000 euro in totale.

mercoledì 8 agosto 2012

Italiano: "Io, vittima di complotto. Rischio di perdere la casa o morire"

Invasione di proprietà o sostituzione di persona? Lo storico fotografo di Punto Fijo di origini abruzzesi: “Sono vittima di un complotto, potrebbero anche uccidermi”

CARACAS - Nonostante sia nato e vissuto in Venezuela, Piero Liberatore parla molto bene l’italiano. La sua è una famiglia di quelle vecchio stile, tradizionalista e molto unita, che fino a qualche anno fa viveva tranquilla gestendo uno dei negozi di fotografia più famosi di Punto Fijo. Ma la sorte, si sa, gioca brutti scherzi. Le disavventure sono state numerose ed oggi Piero è solo, intrappolato in uno strano intreccio di delinquenza e potere che minaccia di lasciarlo senza un tetto sulla testa o addirittura senza vita. Sequestri, invasioni, imprese petrolifere, banche, politica, polizia: tutto concorre a scrivere la drammatica sceneggiatura della vita di Piero che oggi, non ancora rassegnato ad arrendersi, chiede di essere aiutato.

I successi del pioniere
Piero nasce 47 anni fa a Judibana, nello stato Falcón. Il padre Dario era arrivato negli anni ’50 da Pratola Peligna, piccola cittadina dell’Abruzzo che nel secondo dopoguerra non sembrava offrire grandi possibilità. Per scrollarsi di dosso il soprannome di ‘musiu’ - così venivano chiamati in modo dispregiativo gli immigrati italiani che sbarcavano con pochi soldi sulla coste venezuelane -, il capofamiglia dedica la sua vita al lavoro.
- All’inizio alcuni ci trattavano male perché eravamo poveri - racconta Piero -. Mio padre non ci faceva caso: abbassava la testa e lavorava. Lavorava e risparmiava. Niente alcol, niente debiti, niente lussi. La sera sempre a casa. Mai una parola storta contro il capo o contro il governo. Eravamo stranieri e non potevamo reclamare nulla, diceva.
Dario è fotografo a contratto della raffineria Amuay, di Pdvsa, la stessa che nel ’97 si fonde con la Cardón e la Bajo Grande per dar vita al ‘Centro de Refinación de Paraguaná’, oggi il complesso per la raffinazione del petrolio più grande del mondo. Impianti, strutture, terreni, incidenti: tutto deve essere registrato e archiviato. Si tratta di questioni delicate, per le quali è indispensabile una persona di fiducia. E anche di un incarico duro che implica giorni e giorni di lavoro, una volta arrampicati su un palo, un’altra giù in un tunnel. Dario sa guadagnarsi la stima di tutti e nel giro di poco tempo il lavoro è affidato completamente a lui.
Sono gli anni Settanta quando la famiglia Liberatore riesce a comprare un terreno per metter su una bella casa ed aprire, adiacente a questa, il laboratorio fotografico “Foto Dario”. Gli affari vanno bene: oltre al lavoro per la raffineria ci sono i servizi per i matrimoni e quelli per le feste di compleanno, gli scatti d’epoca e i ritocchi. Le entrate si investono nel negozio familiare - al laboratorio lavorano tutti, donne incluse - e si migliora l’offerta. “Foto Dario” è al suo apice.

Iniziano le difficoltà
Cresciuto tra i rullini e la camera oscura, Piero segue le orme del padre e, quando la salute di ques’ultimo peggiora, lo sostituisce. Lavora molto, risparmia, e riesce a mettere da parte 50 mila dollari per aquistare l’ultimo ritrovato della tecnologia che sviluppa i rullini in solo un’ora. Ma è il 1994. In Venezuela esplode una crisi bancaria che collassa il Paese e brucia i risparmi di milioni di cittadini. Piero si ritrova senza un quattrino e deve ricominciare daccapo.
Arriva il 1998. Hugo Chávez vince le sue prime elezioni. Rispetto al passato, il nuovo governo ha una visione molto diversa di quello che deve essere un colosso del petrolio come Pdvsa, di come deve funzionare, di quali obiettivi deve avere. Il sistema inizia a mutare ed anche alla raffineria del nostro connazionale ci sono dei cambiamenti: si accorpano imprese, si eliminano i direttivi delle filiali e tutto inizia a far capo ad un solo corpo dirigenziale.
- Le poltrone disponibili diminuirono e scatenarono battaglia per occupare i posti di potere - racconta Piero -. Dal rimpasto uscirono nuovi dirigenti, gente che iniziò a truccare le gare d’appalto: se volevo il lavoro, insomma, dovevo pagare. La corruzione - precisa - c’era sempre stata, ma fino a quel momento non era arrivata al livello dei fotografi, anche perché i vecchi responsabili conoscevano bene la mia famiglia. Ho potuto continuare a lavorare solo perché non era facile trovare fotografi che conoscessero il lavoro come me e fossero disposti a lavorare alla raffineria praticamente senza orari.
Nel 2002, dopo aver appoggiato il colpo di Stato al presidente Hugo Chávez, la vecchia dirigenza indice uno sciopero generale che getta il Paese nel caos. La reazione del governo, a quel punto, è un’ondata di licenziamenti per ‘depurare’ il settore da oppositori e filogolpisti. Ma una volta che la politica entra a pieno titolo nel settore petrolifero, Piero si ritrova tra due fuochi: se per i ‘chavisti’ è lo storico collaboratore della vecchia guardia, l’opposizione lo considera un nemico in quando simpatizzante del neonato socialismo venezuelano, che sostiene anche perché spera di recuperare i risparmi persi nel ’94 e conservare il suo contratto con la raffineria.
- Sono stati anni duri - ricorda Piero - anni di persecuzione politica. E ‘Foto Dario’ era nel mirino di tutti. Sparavano contro il negozio, sfasciavano i macchinari, mi derubavano. Dovevo andare a lavorare armato di pistola. Poi la situazione si è fatta insostenibile, tanto che nel 2003 ho deciso di chiudere il laboratorio.

Il sequestro
Piero chiude ‘Foto Dario’ ma continua, in sordina, a lavorare. Dietro le vetrine coperte di fogli di giornale, accumula e vende merci di ogni tipo: non solo album fotografici e cornici ma anche orologi, argenteria, cannocchiali, binocoli.
- Dopo la brutta esperienza del ’94 non volevo mettere i risparmi in banca e così compravo oggetti - scherza.
È il 2008, in piena epoca digitale, quando il nostro connazionale decide di reinaugurare ufficialmente ‘Foto Dario’. Vuole restare al passo coi tempi ed inizia a vendere alcuni beni per investire tutto nelle nuove tecnologie. Ma le sue buone intenzioni sono ancora una volta mutilate da un destino avverso e una mattina, dopo aver fatto visionare a un potenziale compratore un terreno che è intenzionato a vendere, Piero viene sequestrato.
- Io e un vicino stavamo chiaccherando quando siamo stati attaccati da tre uomini armati - denuncia il fotografo -. Ci hanno trascinato tutti e due in macchina, hanno gettato dall’auto in marcia il mio amico e io sono stato portato a casa mia: sapevano dove abitavo e addirittura i trucchetti da usare per aprire le porte, necessari con le mie anomale serrature e le chiavi malfunzionanti.
Una volta in casa Piero viene legato, imbavagliato, picchiato e minacciato di morte. Anche se uno dei sequestratori pretende cellulare e portafoglio, tutta l’attenzione si concentra sugli atti di proprietà, sulle chiavi dell’auto e degli immobili, sul passaporto, sulla carta d’identità, sui documenti bancari. Tutto viene analizzato e rubato, insieme agli attrezzi fotografici e gli archivi riguardanti la raffineria.
- Ho informato Pdvsa dei furti - si tratta di materiale delicato - ma sembra non importargliene nulla.
Quello di cui è vittima, insomma, al nostro connazionale non sembra un normale sequestro e neppure una semplice rapina. I tre delinquenti restano a volto scoperto, non toccano la tv e neppure l’impianto stereo, non portano via nessun oggetto di valore dal negozio. E, mantenendolo sotto tiro con una pistola, non si fanno nessun problema a passare di fronte alla sede della Guardia Nacional che sta proprio accanto a casa Liberatore.
- Hanno perfino rallentato davanti agli agenti - racconta -. Erano assolutamente tranquilli.

Perseguitato
Il sequestro-rapina è solo l’inizio dell’incubo, e il connazionale non tarda ad accorgersene.
- I primi a sporgere denuncia al Cicpc sono stati i miei vicini - spiega Piero - presenti quando mi hanno aggredito e sequestrato. Il caso è quindi stato affidato ad un bravo investigatore, presto sostituito però da un altro che diceva che ero pazzo, che mi stavo inventando tutto e che non credeva ad una sola parola di quello che gli dicevo. Questo nonostante la denuncia dei miei vicini...
La Guardia Nacional che si tappa gli occhi, il Cicpc che si nega a risolvere il caso, Pdvsa che non si preoccupa per archivi fotografici finiti chissadove. Tutto ha il sapore della cospirazione e Piero inizia a convincersi che, con la “protezione di qualche pezzo grosso”, qualcuno stia “facendo di tutto” affinché lui abbandoni le sue proprietà, per poi “invaderle o occuparle”. O che l’obiettivo sia una sostituzione di persona che potrebbe anche “implicare la mia morte se le autorità non si decidono ad agire presto”, come gli ha fatto intendere un avvocato.
Il seguito della vicenda non sembra dargli torto:
- Quando mi sono rivolto alla Procura - racconta ancora Piero - sono iniziate le minacce. Ogni volta che uscivo per sporgere denuncia o per seguire il mio caso qualcuno entrava in casa mia e si portava via qualcosa: sempre macchinari del laboratorio, chiavi, documenti, negativi di fotografie. Trovavo i mobili sfasciati, l’auto con le portiere aperte, rigata, con parti mancanti. Ma sia la Procura di Punto Fijo che quella di Falcón - denuncia il connazionale - non vogliono ascoltarmi, non mi fanno neppure più entrare nei loro edifici. Mi sono rivolto alla Procura generale a Caracas: lì mi hanno accolto bene e mi hanno addirittura invitato al programma radio ‘En Sintonía con el Ministerio Público’ di RNV, dove ho potuto denunciare la mia situazione, ma non si è risolto nulla. Un buco nell’acqua anche le denuncie sporte alla ‘Defensoria del pueblo’ di Coro e della capitale, all’Asamblea Nacional, al palazzo di Miraflores (sede del governo, ndr)... I furti e le minacce continuano.
Quindi l’appello alle autorità italiane in Venezuela:
- Mi sento perseguitato e ho paura. Ho abbandonato la casa-laboratorio e mi sono trasferito in un’altra proprietà. Mi è impossibile lavorare, faccio continuamente spola tra le due residenze, per controllarle entrambe, non posso più vivere così. Sto perdendo uno dopo l’altro tutti i miei averi ma, se rinuncio a combattere, rischio di restare senza casa. O morire. Mi rivolgo all’Ambasciata italiana: vi prego, aiutatemi!
Monica Vistali

martedì 7 agosto 2012

Equità economica e solidarietà sociale, Chávez vince Premio ‘Re Manfredi’

CARACAS – Il presidente del Venezuela, Hugo Chávez ha vinto il Premio Internazionale di Cultura “Re Manfredi” - storica kermesse pugliese organizzata dall'associazione Arcadia Nova - per i suoi sforzi a favore dell’“equità dell’economia” e della “solidarietà sociale”. A ricevere il riconoscimento l’ambasciatore in Italia, Julián Isaías Rodríguez Díaz, presente con una delegazione venezuelana in rappresentanza del capo di Stato.
La cerimonia di premiazione, che ha chiuso la XXI edizione dell’evento clou dell’estate sipontina con un concerto di Amedeo Minghi, si è svolta domenica in Piazza Papa Giovanni XXIII di Manfredonia, nella magica cornice del golfo e a ridosso del castello del fondatore della città Re Manfredi. Accanto al gruppo ‘criollo’ un parterre di tutto rispetto: il Vicepresidente del Parlamento Europeo, Gianni Pittella (Premio per le politiche europee); il Direttore dell’Agenzia Regionale Lazio per i beni confiscati, Michele Lauriola (Premio per la legalità); gli Imprenditori Armando De Girolamo (Premio per i trasporti) e Potito Salatto (Premio per l’editoria); lo Scrittore Italo Magno (Premio per la letteratura); la Fondazione ApuliaFilm Commission (Premio per la cinematografia); Antonio Piccininno dei Cantori di Carpino; Lino Banfi, che ha ricevuto dalle mani del Sindaco il Premio “Città di Manfredonia” alla Carriera.
Il Venezuela, come indica un comunicato stampa delle Ambasciate presso la Repubblica Italiana, la Santa Sede e la FAO e come segnalato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, ha già raggiunto 6 degli 8 ‘Obiettivi del Millennio’ fissati dall’ONU, tra cui figurano l’eradicazione della povertà estrema e della fame, la promozione dell’uguaglianza di genere, la garanzia della sostenibilità dell’ambiente, il raggiungimento di un’istruzione primaria universale e lo sviluppo di un partenariato mondiale per lo sviluppo. Il Programma delle Naizoni Unite per lo Sviluppo segnala il Venezuela come uno dei Paesi con il maggior indice di sviluppo sociale.
Il Premio “Re Manfredi” è patrocinato da: Regione Puglia, Provincia di Foggia Parco Nazionale del Gargano, Comune di Manfredonia, Camera di Commercio di Foggia ed Autorità Portuale di Manfredonia.
M.V.

5 kg di cocaina in valigia, italiano arrestato all’aeroporto di Caracas

CARACAS – È stato arrestato venerdì all’aeroporto Simón Bolívar (Maiquetía) di Caracas un cittadino italiano di 55 anni che si accingeva a volare a Madrid, in Spagna, con più di cinque kg di cocaina nascosti in una valigia a doppio fondo. Lo ha reso noto Jorge Galindo, direttore stampa del ‘Ministerio de Interior y Justicia’ attraverso Twitter, precisando che l’uomo intendeva viaggiare sul volo UX072 Air Europa.
“Capturan en Maiquetia a 1 ciudadano, de nacionalidad ITALIANA, de (55) años de edad, quien intentaba abordar un vuelo con droga” si legge sull’account @JorgeGalindoMIJ. E ancora: “El cddno Italiano capturado por la GNB intentaba abordar un vuelo con droga de la denominada COCAÍNA, en una maleta doble fondo”.
Secondo quanto dichiarato da fonti del Consolato generale d’Italia, avvertito sabato, il connazionale - che risiedeva in Colombia - si trova ora sotto custodia delle forze dell’ordine a Macuto, stato Vargas.
L’arresto è stato realizzato dagli agenti del ‘Comando Antidrogas’ della ‘Guardia Nacional Bolivariana’ (GNB). Il peso netto della sostanza stupefacente che l’uomo voleva trasportare in Europa è di 5 Kg e 585 grammi.
M.V.

venerdì 3 agosto 2012

Estorsione a Berlusconi, arrestato il presidente della Fed. Ass.siciliane Sud America

Carmelo Pintabona e Silvio Berlusconi
CARACAS – L’italo-argentino Carmelo Pintabona, esponente dell'Mpa e presidente della Federazione associazioni siciliane in Sud America (Fesisur), chiese 5milioni di euro a Berlusconi per conto di Valter Lavitola, con la minaccia di rivelare ai pm, in caso contrario, "circostanze di fatto penalmente rilevanti e pregiudizievoli per la sua posizione giuridica e per la sua immagine pubblica". E' l'accusa che ha portato in carcere lo stesso Pintabona e ha visto emettere una nuova ordinanza di custodia nei confronti di Lavitola, l'ex direttore del quotidiano "L’Avanti!" già detenuto per corruzione internazionale nell'inchiesta sui finanziamenti all'editoria. Francesco Altomare, indagato, è a piede libero.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Lavitola, all'epoca latitante in America Latina, avrebbe chiesto a Pintabona di rivolgersi all'allora premier Berlusconi perché gli elargisse una somma di danaro. La circostanza fu rivelata dallo stesso Lavitola durante un interrogatorio nel carcere di Poggioreale il 25 aprile scorso. Pintabona e Altomare, secondo l'accusa, avrebbero fatto ''da trait d'union tra Lavitola e Berlusconi'', chiedendo a quest'ultimo 5 milioni.
Lavitola e Pintabona sono accusati anche di trasferimento fraudolento di beni, in particolare in alcuni passaggi di proprietà di immobili di Lavitola in Brasile che sono stati poi intestati all'italo-argentino. Le indagini si sono concentrate anche sui supporti logistici, operativi e finanziari su cui il giornalista ha potuto contare in Italia durante la latitanza sudamericana cominciata il 14 ottobre 2011.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Pintabona è stato la figura centrale per l'ex direttore de “L'Avanti!” nel corso della latitanza. “È la persona che Lavitola ha inviato al presidente Berlusconi dandogli mandato di avanzare una richiesta estorsiva pari a cinque milioni di euro”: si evince dall'ordinanza di custodia cautelare notificata ai due dalla Guardia di Finanza. Uno dei testi sentiti dai pm, l'avvocato Fredella, “ha dichiarato che, quando si recò in Argentina per incontrare Lavitola, Pintabona non solo lo andò a prendere in aeroporto per portarlo da Lavitola, ma addirittura gli fece da autista”.
Pintabona, inoltre, con la complicità di Francesco Altomare, “è il protagonista dell'operazione economico - finanziaria di reimpiego” del denaro di Lavitola, operazione - nitidamente descritta per telefono dallo stesso Pintabona - anch'essa finalizzata a favorire la latitanza del medesimo più volte menzionato Lavitola”. Per il gip, “sempre in tale ottica devono essere letti i continui riferimenti fatti da Lavitola e dalla di lui moglie Maria Stella Buccioli nel corso delle numerose conversazioni intercettate all'interno della sala colloqui del carcere di Poggioreale, conversazioni nel corso delle quali il riferimento a Carmelo Pintabona come personaggio chiave appare costante”.

Chi è Pintabona
CARACAS - Pintabona, messinese classe 1950 emigrato a soli 6 anni in Argentina, è ingegnere agronomo ed è sempre stato molto attivo all’interno della collettività italiana, specialmente siciliana, mirando a sviluppare i rapporti economici e culturali tra la Sicilia e la nazione sudamericana. Proprio per i suoi ‘meriti’ il 16 febbraio 2011 è stato insignito dell’onorificenza dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana in occasione del ricevimento offerto dal Console Generale D’Italia Giancarlo Curcio per la sua partenza da Buenos Aires.
Nel 2008 Pintabona si è candidato alla Camera per il Movimento per l'autonomia (Mpa), fondato da Raffaele Lombardo, allora alleato di Forza Italia, raccogliendo 3746 voti, 3024 in Argentina. Nel 2010, come vicepresidente della Camera di Commercio siciliana in Argentina, ha accompagnato a Palazzo Grazioli dal cavaliere il tuttora governatore della provincia di Salta, Juan Manuel Urtubey.
Pintabona era anche a contatto con Esteban ‘Cacho’ Caselli, responsabile per gli italiani all'estero del Pdl, indagato per frode elettorale e falsificazione delle schede durante le politiche del 2008. Pintabona era la persona che Caselli avrebbe voluto nominare come vicecoordinatore PdL per l'America del Sud, ma Pintabona rifiutò.
In occasione della campagna elettorale, in una nota-stampa l’Istituto Italiano Fernando Santi definì Pintabona come una persona "inaffidabile sul piano politico" evidenziando “alla comunità siciliana in Argentina la spregiudicata condotta sul piano personale, morale e politico”. Conclusione dell'Istituto: le comunità siciliane sono invitate "ad indicare la loro libera espressione di voto nei riguardi di altri candidati più credibili, siciliani o di altre regioni, per la loro correttezza, coerenza ideale e continuità politica".
Si sottolineava inoltre la necessità che venissero svolte “da parte degli organismi amministrativi e giudiziari, controlli in ordine alla ritualità e legittimità dei finanziamenti di cui alla legge 55/80 e 38/84 ottenuti da organismi operanti in Argentina, rappresentati dall’Ing. Carmelo Pintabona”.
M.V.


Violenza in Venezuela, un connazionale: “Andatevene”

CARACAS – Di seguito l’intervento di Stefano Mollo, romano residente a Perth, in risposta alla lettera del connazionale che denunciato un grave livello di insicurezza in Venezuela e chiesto l’aiuto del governo italiano.

"Ho letto con particolare attenzione la lettera disperata del nostro 80enne connazionale che da 56 risiede in Venezuela; dir che mi ha profondamente colpito ed emozionato è davvero dir poco. In un istante sono stato trasportato indietro nel tempo a tre anni fa, quando per esattamente gli stessi motivi del nostro connazionale, decisi di andarmene dall'Ecuador, come dice lui, perdendo tutto ciò per cui lavorai i 15 anni precedenti.
In Ecuador, stessa situazione; essendo stranieri e quindi "ricchi", siamo automaticamente un bersaglio da colpire, sia da parte della criminalità comune che da parte di quella "istituzionalizzata". Chiedere aiuto alla madre patria è un puro esercizio dialettico, peraltro inutile. A me fu risposto "Mollo, si cerchi un buon avvocato!".
Sono cose queste che non si dimenticano mai; essere abbandonati a se stessi dalla propria patria, ignorati è forse più doloroso di quel che un delinquente o un giudice corrotto possano farci.
Comprendo e sento sulla mia pelle l'ansia del nostro connazionale ed attraverso l'Aise voglio dirgli questo: anche io mi son trovato ad un bivio; rischiare la vita per non perdere tutto o perdere tutto per non rischiare la vita. La mia e quella di mia figlia. Dopo averci lungamente pensato, addivenni alla conclusione che i beni materiali li posso perdere e rifare, ma la vita no. Quindi vendetti quel che potei a quanto potei, regalai il resto... La voglia di andarmene e di mettere in salvo mia figlia era sicuramente più grande del dolore di perdere qualche oggetto materiale.
Ed oggi che sto ricominciando da capo in Australia sono un uomo molto felice, con una figlia che è cresciuta splendidamente e della quale sono estremamente orgoglioso; andarmene mi ha anche dato l'opportunità di incontrare la donna della mia vita, italiana, un angelo sceso sulla terra solo per me. E l'unico rimorso è quello di non essermene andato prima dall'Ecuador.
Una volta ancora, un carissimo abbraccio al nostro connazionale e l'augurio fraterno di andarsene dal Venezuela quanto prima; l'Italia è sempre l'Italia, ma se non è l'Italia, ci sono posti ancora migliori. Io oggi vivo felice in Australia".

giovedì 2 agosto 2012

"Viviamo come in trincea": 80enne italo-venezolano denuncia grave insicurezza in Venezuela

TREVISO - "Chi vi parla è una persona di 80 anni, con 56 anni di Venezuela, con tre figli e cinque nipoti. Sono preoccupato per la situazione in cui si continua a vivere in Venezuela, bisogna esserci dentro: vedere per credere. Qui si passano le giornate sempre con il cuore sospeso, allarmati che qualcosa di grave ci possa accadere. In giro c’è assoluta insicurezza: i dati ufficiali informano che nel 2011 sono stati 19.800 gli assassini, per strada o in casa, spesso abbattuti per un niente fatto solo di violenza gratuita. L’80% con arma da fuoco e con stessa percentuale dai 14 ai 35 anni". È la dura lettera di un connazionale residente in Venezuela, indirizzata all'Associazione Trevisani nel Mondo, che nel corso della recente assemblea annuale ha votato all'unanimità un appello al governo italiano affinché intervenga in favore degli italiani, ormai costantemente in pericolo, nel Paese sudamericano.
"Viviamo sotto l’incubo costante di sequestri e rapine, alla sera nessuno esce di casa", si legge nella testimonianza giunta a Treviso. "Siamo come in una trincea, con guardie private che non siano della polizia perché di loro non c’è da fidarsi. Sono come mercenari, spesso stanno dalla parte di chi li paga meglio".
La maggior parte dei nostri connazionali in Venezuela, per difendersi, ha circondato le proprie case con mura sovrastate da "6 fili di circuito elettrico che ci protegge ulteriormente", racconta l'uomo che ha scelto di mantenere, per la sua incolumità, l’anonimato. "Ma poi magari capita che, ad aspettarci fuori, non sia la città tranquilla e ridente di una volta, ma persone con le armi in pugno per sequestrarci, rubarci, rapinarci".
Ma il pericolo non viene solo dai comuni delinquenti. "Qui", denuncia la lettera, "si espropriano aziende agricole ed edifici come niente, dall’oggi al domani. Andiamo ai centri commerciali in gruppo per sentirci più sicuri, gli alunni li portiamo fin dentro alle aule. Io ne ho visto di guerre: è peggio di una guerra perché il nemico non si sà mai bene dove sia e può spuntare dappertutto".
"Si potrebbe continuare per pagine intere, venite a vedere e vi farete un'idea", invita l'uomo, che, a chi gli chiede se abbia mai pensato di tornare in Italia, risponde: "è una domanda che mi mette un groppo alla gola, perché vorrei anche farlo, ma ciò vorrebbe dire perdere tutto dei miei 56 anni di lavoro. Qui nessuno compra e quindi sarebbe come suicidarsi".
Nella lettera il connazionale vuole "richiamare l’attenzione degli organi preposti, perché prendano atto della situazione in cui tanti conterranei vivono. Seriamente. Non è una novella questa, ma fatti reali che bruciano sulla nostra pelle", è il grido di dolore di un uomo, un veneto, un italiano, che, partito da "niente", ha portato "alta la bandiera" della propria terra, da "dove siamo partiti e di cui abbiamo sempre nostalgia. E sentirsi abbandonati, duole".

Abruzzo, pronto il Centro Sociale voluto dagli italo-venezuelani

di Monica Vistali

CARACAS - Manca ancora qualche ritocco ma finalmente, dopo un anno di intenso lavoro, il Centro Sociale e Culturale di Villa Sant’Angelo è pronto. Il piccolo Comune abruzzese lo inaugurerà questa domenica durante una cerimonia a cui assisteranno sindaci del circondario ed autorità provinciali e regionali, oltre all’ex Presidente del Centro Italiano-venezuelano di Caracas, Mario Chiavaroli e all’editore Amedeo di Ludovico. La speranza è che il nuovo centro aggregativo - intitolato al fondatore della ‘Voce d’Italia’, Gaetano Bafile, e in buona parte frutto della cordata di generosità degli italiani del Venezuela - impulsi la ricostruzione del tessuto sociale del paese, dissoltosi con il terremoto d’Abruzzo.
- Villa Sant’angelo è stato il Comune più colpito dal forte sisma del 6 aprile 2009 - racconta il Sindaco Pierluigi Biondi -. I morti sono stati 17. Ora i cittadini sono tornati ma è necessario restituire loro i luoghi dove socializzare, incontrarsi. L’aggregazione, lo stare insieme in modo costruttivo e il condividere esperienze passate e presenti, è l’elemento portante della rivincita sociale che vogliamo promuovere.
La cerimonia d’inaugurazione del Centro Sociale Polivalente avrà inizio alle ore 17 con il consueto taglio del nastro per mano del sindaco e il saluto delle autorità. Il programma prevede poi la proiezione del documentario “Tra il bosco e la luce” del regista Massimo De Matteis, giovane abitante del borgo e vittima del terremoto che con quest’opera ha voluto rendere omaggio ad una Villa Sant’Angelo in bilico tra ricordo, realtà e speranza. Non mancheranno il buffet e l’intrattenimento musicale, quest’ultimo a carico della band “Witko” e della corale “Cantabruzzo” di cui fa parte anche Raffaella, figlia di Tiero Pezzuto: l’illustre italo-venezuelano autore dell’“Inno a Caracas” al quale Villa Sant’Angelo ha dedicato un monumento proprio accanto alla nuova casa civica.
- Sarà una giornata speciale - spiega il sindaco Biondi -. Speriamo di poter ricambiare tutta l’ospitalità dimostrateci durante la nostra visita a Caracas.

Il Sindaco di Villa Sant'Angelo, Pierluigi Biondi
La realizzazione del Centro Sociale Polivalente G. Bafile è stata possibile grazie alla volontà e al denaro della collettività italiana del Venezuela: 102.522,12 euro donati dal CIV di Caracas, dalla Fondazione Abruzzo Solidale, dagli imprenditori del Gruppo dei 15 e dall’Associazione Abruzzesi e Molisani nel Mondo, che insieme a tanti generosi italo-venezuelani e ai connazionali del Canada hanno aderito alla cordata di solidarietà lanciata dalla ‘Voce d’Italia’ subito dopo la tragedia. Fondamentale lo sforzo dell’ex Ambasciatore Luigi Maccotta, che è riuscito ad ottenere da Cadivi il cambio preferenziale per i bolivares raccolti.
- Ancora una volta, sono i nostri emigranti ad aiutarci - ammette Biondi -. Sembra di essere tornati all’epoca delle rimesse, quando la nostra terra era distrutta ed erano i nostri concittadini all’estero, con il loro sudore, a darci la possibilità di vivere in modo decoroso, di ricostruire e far crescere il Paese.
Il fondo proveniente dal Venezuela - più 30 mila euro del Comune e 100 mila euro dell’impresa Edil2000 che si è incaricata dei lavori - ha permesso la costruzione di una struttura polifunzionale di 322 mq pensata in particolare per giovani e anziani, ma dove troveranno spazio anche attività civiche e comunali. Un luogo in cui ospitare laboratori e manifestazioni culturali, con una sala multimediale insonorizzata per concerti, proiezioni cinematografiche e conferenze. Una realtà che, come spiega Biondi, “serviva anche prima del terremoto”.
- Si tratta del coronamento di sogno - commenta il primo cittadino -. Prima del 6 aprile il punto di ritrovo era la ‘Casa delle associazioni’, abbattuta d’urgenza dopo il terremoto. Si trattava di un ex asilo, quindi di una struttura totalmente inadeguata, ma almeno era qualcosa. Dopo il sisma non c’era più nulla. Gli anziani avevano perso ogni punto di riferimento, i giovani non li trovavano. Speriamo che il nuovo Centro contribuisca a ricostruire un paese a misura d’uomo.
La nuova costruzione ha una struttura modulare: c’è la zona riservata alla piccola ristorazione/bar, la zona lettura/internet caffè e la zona conferenze/videoteca. Le prime due definiscono uno spazio unico, divisibile all’occorrenza tramite pareti mobili; mentre la terza è uno spazio a sé. La sala principale ha anche una grande vetrata aperta verso l’esterno, cosicché il fabbricato avrà un collegamento diretto al giardino per organizzare eventi all’aperto durante la stagione estiva.
- Rispetto al progetto iniziale la struttura si è arricchita notevolmente - spiega Biondi -. Abbiamo migliorato la stabilità dell’immobile, curato gli esterni, provvisto l’area di aiuole, parcheggio ed illuminazione. È bellissima e avrà un gran successo, anche perché è fabbricata all’interno del Parco comunale dove organizziamo i tornei di calcetto e la nostra sagra settembrina. Mancano solo gli arredi, che donerà Ikea per promuovere il suo nuovo centro vendite, e qualche passaggio burocratico per l’attestato di agibilità.
Ma come vanno le cose nell’Abruzzo post-terremoto? Il sindaco ci spiega che il piano di ricostruzione del Comune sarà presto approvato ed avviato e che, conclusa quella leggera, la costruzione pesante ha già preso il via. C’è ancora molto da fare, ammette, ma la voglia di riuscire è tanta.
- L’importante è far sentire i giovani parte di un destino comune: il destino di Villa Sant’Angelo. Offrire loro tutto il possibile affinché non siano costretti ad emigrare come hanno fatto i loro nonni. Abbiamo bisogno di loro. Architetti, muratori, storici dell’arte, psicologi... in questo momento tutti sono necessari. E poi non avrebbe senso ricostruire un paese se le sue forze migliori se ne vanno: sarebbe un fallimento, un investimento a perdere che non ci possiamo permettere.
C’è entusiasmo nella voce del Sindaco Biondi, molta speranza. Sembra lontano nel tempo il silenzio spettrale dei Map, i moduli abitativi provvisori in cui si erano rifugiati gli abitanti di Villa Sant’Angelo dopo il terremoto. Il Comune, anche grazie al nuovo centro aggregativo, sta tornando a vivere.