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giovedì 14 marzo 2013

Chávez, e mancava Avvenire...


Dall'articolo: "La scomparsa di Hugo Chávez-Mito e realtà di un caudillo" su Avvenire, il giornale dei vescovi...
"l’ultimo cau­dillo lascia il suo trono terreno dal quale ha salda­mente esercitato il proprio potere poggiando su quat­tro pilastri: un mare di petrolio che copre il 75% del­le entrate statali, un inarrestabile diluvio di dema­gogia, una forte dose di populismo di stampo neo­peronista e un ferreo controllo di tv e giornali"

"Il suo attivismo demagogico e scarsamente ri­spettoso delle regole democratiche finì con il na­zionalizzare tutto ciò che era possibile in modo da consentire allo Sta­to l’elevata spesa sociale a favore delle classi me­no abbienti, ovvero al 90 per cento dei cittadini ve­nezuelani, un terzo dei quali abbondantemente sotto la soglia di povertà"

"Poteva questo caudillo uscito non da Harvard o da Yale e nemmeno dall’Università dell’Illinois come Correa, bensì dal corso paracadutisti dell’Academia Militar de Venezuela e convertitosi a un’ibridazione fra marxismo e populismo, non suscitare la curiosità di Fidel Castro?"

"E mentre stringeva amicizia con l’iraniano Ahmadi­nejad e minacciava un giorno sì e uno no la Chiesa cattolica venezuelana (con la quale si riconcilierà negli ultimi mesi della malattia), Chávez s’impadro­niva grazie a Fidel dei segreti del populismo media­tico" 

"Non tutto dello chá­vismo è certamente da buttare"
"Ma per traghettare il Venezuela dal mito bolivarista alla realtà ci vorrà un leader che non sia più un caudillo. Per il quale l’ingresso nella modernità e nella democra­zia, quella vera, diventi l’ob­biettivo principale. Nell’atte­sa che anche a Cuba, definiti­vamente, cali il sipario sulla saga dei Castro.

lunedì 11 marzo 2013

Chávez, anche da morto, per i media italiani resta un 'caudillo'

"Caudillo" sembra essere la parola magica dei media di casa nostra per parlare del Presidente del Venezuela Hugo Chávez. Questo senza contare la costante ripresa della bufala dello spagnolo Abc, degno di nota quanto una love story su Novella2000, da parte di importanti giornali nazionali. Per il caso Abc vi lascio il link http://www.gennarocarotenuto.it/22667-il-pacco-dellabc-e-il-discredito-dei-media-per-i-funerali-di-chavez/; qui  sul blog invece trovate le dichiarazioni più assurde fatte dai nostri media, che screditano una delle figure più importanti di questo secolo. In azzurro, il media; in giallo il titolo dell'articolo. 

Ps: La mia frase favorita è quella di una venezuelana che vive in Italia, che conclude la sua dichiarazione al Giornale del Cilento con dicendo "Ora ci si chiede che fine farà il Venezuela, se si aprirà all'America, oppure no". Per chi sa una briciola di America latina...

 

IL CORRIERE

Hugo Chávez, l'ultimo dei caudillos
Si preparava a governare fino al 2019, avendo vinto le elezioni per la quarta volta appena lo scorso ottobre. Un regno, dunque, più che una presidenza. E ha voluto lui che finisse così, sovrano al potere fino all'ultimo sospiro”
Avrebbe dovuto giurare sulla Costituzione lo scorso 10 gennaio, non ha potuto e la Corte Suprema del Venezuela, controllata dai suoi, si è dovuta inventare un escamotage legale per mantenerlo al potere e non dichiararlo inabilitato, com'era ovvio che fosse da tempo. Un onore dovuto a colui che è stato via via definito l'ultimo dei caudillos del continente, uno pseudo-dittatore, ma anche un padre della patria e il più grande paladino dei poveri”
Inventore di uno strano regime autoritario”
Nei primi quattro anni di potere Chávez (...) è un caudillo classico, più peronista che marxista”

REPUBBLICA:

Addio a Chavez, l'ultimo caudillo che sognò di unire il Sud America”
è stato davvero l'ultimo "caudillo" sudamericano”
Per oltre dieci anni ha fatto in Venezuela tutto quel che ha voluto, umiliando qualsiasi opposizione. Ha chiuso Rctv, la tv degli "escualidos" e ridotto all'obbedienza tutte le altre”.
Daniel Ortega, il sandinista invecchiato male di Managua”
Correa, presidente caudillo dell'Ecuador”


Il Venezuela dopo la morte di Chavez:elezioni presidenziali entro 30 giorni”
L'ascesa del successore designato dallo stesso Chavez, che sarà il candidato governativo alle elezioni, rappresenta una forzatura in quanto la legge fondamentale prevede che l'interim venga assunto dal presidente del Parlamento, Diosdato Cabello”

Il Venezuela si prepara al dopo Chavez: Capriles lancia la sua sfida a Maduro

"voto che deciderà il successore del caudillo scomparso martedì”.


Il Venezuela si prepara al dopo Chavez: Capriles lancia la sua sfida a Maduro

Nicolas Maduro - delfino del caudillo”

SKYTG24

Venezuela, ultimo saluto a Chavez. Ma è giallo sul corpo

Una giornata segnata dal lutto ma anche dalle clamorose indiscrezioni rilanciate dal quotidiano spagnolo Abc secondo cui - le fonti sono militari venezuelani - il caudillo non sarebbe affatto morto a Caracas”


RAI NEWS 24

Venezuela, Maduro in campo
L'erede di Chavez raccoglieva l'eredità dell'amato caudillo”


IL FOGLIO

L'ultimo caudillo

Anche Hugo Rafael Chávez Frías Chávez, l’ultimo caudillo, ormai condannato da un male incurabile, ha vinto la sua ultima campagna elettorale pompandosi di medicine per mostrare che era guarito”.
Per sostenere la sua popolarità iniziò allora vari programmi di assistenza ai poveri, subito rivelatisi un gigantesco apparato clientelare”.
Sconfitto infine a un referendum di revisione costituzionale per potersi ricandidare presidente senza limiti, la sua coalizione subì rovesci alle amministrative e alle politiche. Ma lui vinse un altro referendum, tolse poteri e fondi a sindaci e governatori di opposizione, cambiò la legge elettorale per mantenere la maggioranza all’Assemblea Nazionale. Tornò a vincere per l'ultima volta. Il cancro si è rivelato più forte di lui”.

Il Venezuela in lutto per la morte di Chavez

il regime di Caracas”
il regime di Chávez”


LA STAMPA

Venezuela, l'ultimo saluto a Chavez. Maduro: “Sarà vivo per sempre”

Una giornata segnata dal lutto ma anche dalle clamorose indiscrezioni rilanciate dal quotidiano spagnolo Abc secondo cui - le fonti sono militari venezuelani - il caudillo non sarebbe affatto morto a Caracas, come vuole la versione ufficiale, bensì a Cuba, dove era stato riportato in gran segreto negli ultimi giorni del suo calvario”.


La successione a Chavez, un equilibrio di poteri

Ma, come ricordava l’altro giorno il “New York Times”, a esser cambiata è soprattutto l’immagine che il Venezuela ha di se stesso, o comunque l’immagine che di sé ha quella parte di venezuelani che nel mutamento delle proprie condizioni sociali - istruzione, sanità, partecipazione - misura la trasformazione portata dal regime”

figure importanti del regime”

burocrazia del regime”

Chavez, il caudillo che sfidò gli Usa

Con la morte del caudillo Chavez chiude un sogno latinoamericano

E’ stato un autentico Caudillo”
Chàvez aveva certamente caratteri dell’uno e dell’altro, autoritari, paternalistici, indifferenti alle leggi”
Da Bolìvar, fattosi anch’egli Caudillo, Chàvez ha però voluto assumere soprattutto l’eredità del Panamericanismo”
Controverso nei metodi e nei risultati, il caudillismo di Chàvez ha però mostrato di sapersi servire con geniale spregiudicatezza dei massmedia come strumento di costruzione del consenso”
Il “chavismo” non lascia dietro di sé molte tracce, nella storia dell’America Latina. E nella storia del Venezuela lascia un vuoto che il sistema di potere costruito in quattro successivi mandati presidenziali non sembra capace di occupare senza pericolose destabilizzazioni”


IL GIORNALE

Chavez il dittatore del popolo

gli anni del suo regime”

Questa volta non siamo riusciti, ma ritorneremo”. Il suo modo di fare, "spacconeggiante", risultò simpatico ai venezuelani e appena uscito di galera vinse le elezioni

Il Chavismo ha prodotto una serie di disastri che riguardano le abitazioni, le infrastrutture, l’agricoltura, l’elettricità, la distribuzione di alimenti e sicurezza pubblica”

Ridusse in qualche modo la povertà, regalando, come più volte detto, solo le briciole alla gente delle baraccopoli. Ma per i suoi scopi teneva almeno il 99% degli introiti”

I media ci mostrano i pianti di milioni di venezuelani che temono di aver perso non solo un politico, ma un padre, un salvatore. Un popolo ormai succube di un attaccamento infantile, di una sindrome simile a quella di "Stoccolma"”.

Sono molte le famiglie che piangono, però, i loro figli assassinati perché contrari al suo governo”

Ci sono cognomi diventati simbolo del massacro compiuto da Chavez, che fingeva amore per il popolo ma che era un tiranno con chi la pensava diversamente da lui. Morti che restano sulla sua coscienza: basta nominare Franklin Brito, Maria Lourdes Alfiuni, Simonovis, per far venire la pelle d’oca a qualsiasi venezuelano”

Un paese che era libero, come il Venezuela, diventato bersaglio di sotterfugi per cancellare la memoria e la storia. Sono stati censurati il libri di scuola, le parole in tv, i giornali per azzerare la possibilità d’opposizione”


Il comunista Rizzo alla celebrazione del caudillo Chavez

 

VANITY FAIR

Il caudillo più amato da Hollywood
il caudillo più mediatico di sempre aveva capito che senza l'appoggio di un divo di Hollywood non si va da nessuna parte. Così si era attivato sinceramente per farsi conoscere dai pezzi da novanta del cinema e della cultura americana”

come ogni caudillo Chavez curava meticolosamente la sua immagine”

Venezuela, è morto Chavez

I funerali del caudillo si terranno l'8 marzo”


PANORAMA
Anche senza Chavez il mondo è comunque pieno di dittatori
Addio a Hugo Chavez, il caudillo venezuelano
Hugo Chavez è morto
il caudillo pop di Caracas non ce l'ha fatta”

ferocemente anti-americano”

Nato a Sabaneta nel 1954 da una famiglia di operai, Chavez frequenta l'Accademia militare e, inizialmente, si comporta come un capitalista perfetto. Gioca a baseball e ama il bingo. Si presta anche a fare da giudice in alcuni concorsi di bellezza”

Da amante del bingo, il presidente venezuelano si ritrova alla testa di una banda di paesi sudamericani che ce l'hanno a morte con gli Stati Uniti”

Gli scaffali dei supermercati mancano di pane e latte e una classe di funzionari a lui vicini si arricchisce improvvisamente”

I”l cibo e l'elettricità costano tanto, troppo”

Nel 2006 vince il secondo mandato presidenziale. In quel momento è praticamente l'imperatore dell'America Latina”

morte del caudillo venezuelano”


I funerali di Hugo Chávez
Lacrime e commozione, ma anche tanti balli al suono delle musiche che più piacevano al caudillo venezuelano”

Tutto Hugo Chavez in 10 punti, buoni e cattivi

Hugo Chavez ha messo in mano pistole e fucili a gruppuscoli di diseredati che vivono nei barrios. Li ha fatti uscire di galera e li ha incamerati nelle sue milizie personali, dandogli licenza di fare tutto ciò che desiderano e che ritengono opportuno "per il bene del Venezuela". Come immaginabile, il tasso di criminalità già alle stelle con il chavismo è salito ancora di più. Oggi Caracas è la città più pericolosa del mondo. E nelle periferie più povere è facile incontrare ex detenuti per omicidi e stupri che fieri esibiscono un tesserino delle "milizie di Chavez" e dichiarano: "Noi possiamo fare quello che vogliamo". Il popolo che oggi piange disperatamente Chavez è fatto anche di loro”


AGENPARL

Venezuela: morte Chavez porterà conseguenze positive

Definendo la Persona, ci troviamo di fronte ad un dittatore che utilizzando le enormi entrate del petrolio, dovute all'alto prezzo ed associato ad una politica speculativa di limitazione della produzione, gli hanno consentito di fare una politica populista dentro e fuori il Venezuela”

IL SOLE24ORE

L'addio a Chavez, Ahmadinejad bacia la bara. Giallo sul corpo del caudillo


FAMIGLIA CRISTIANA

Chávez, fine dell'ultimo "libertador"

foto del loro venerato "caudillo" come fossero dei santini”
il caudillo aveva creato intorno a sé un'autentica idolatria e il chavismo si era trasformato in una sorta di religione”
Era autoritario, Chávez, il sistema da lui creato non assomigliava a una democrazia. Ma, come è stato osservato, non poteva definirsi tecnicamente un dittatore, perché si era sempre curato di agire all'interno delle leggi, o modificando queste ultime già a priori, o legalizzando i suoi atti a posteriori”

BERGAMO NEWS
E' morto Hugo Chavez Il Venezuela piange il suo presidente sognatore
Dopo sette anni di suo governo il PIL venezuelano è cresciuto fino a 50 trilioni di bolivar. Ma un dittatore, si sa, non è mai un santo, tant'è vero che ancora oggi sono molte le persone che vedono in Chavez un nemico”


L'OCCIDENTALE
E' morto Chavez, il Venezuela nell'incertezza
infezione che è costata la vita al caudillo”


IL SECOLO XIX
Dopo Chavez gli Usa tifano Capriles
appello al dialogo che il presidente Barack Obama ha lanciato subito dopo la notizia della morte del “caudillo” venezuelano. Sono parole da cui traspare tutta la preoccupazione della Casa Bianca per un futuro del Venezuela”
Piace a Washington questo giovane politico che vuole fare del Venezuela un nuovo Brasile, Paese che Capriles vede come modello di sviluppo vincente per il Sudamerica. Un modello decisamente diverso da quello populista proposto negli ultimi quattordici anni da Chavez”


TERMOMETROPOLITICO.IT
Hugo Chàvez “ultimo caudillo” salutato dal Venezuela
La figura di Hugo Chàvez. come molti dittatori sudamericani, è controversa”

venerdì 22 febbraio 2013

Grillo, el comico que quiere copiar a Correa y se lanza a las elecciones italianas

El cómico y actor genovés Beppe Grillo (que con su Movimiento según los sondeos navega entre el 13% al 18% de los votos en las proximas elecciones generales) amenaza a la clase política de Italia con su mediático "Movimiento cinco estrellas" y sus encendidas andanadas "antisistema". En este evento habla de como salir de la deuda y nombra el caso de Ecuador, ataca a los EEUU y al FMI, elogiando la solidariedad internacional en America latina.

Aquí el link:
Rafael Correa e Hugo Chávez

La traducción:
Y entonces... el tema es 'como se hace'.
Bien, hay unas segnales, no son paragonables a naciones como Italia per Ecuador, una pequeño País ahorcado con la deuda del Fmi, con un presidente de 44 años, Correa, graduado en Harward... y ¿que dice el Presidente de Ecuador? Va al Parlamento y dice: “Esta deuda es inmoral porqué nos está ahorcando, no la vamos a pagar mas”. Y no la pagó. Que pasó, bueno de todo... el Fundo Monetario: “Fuera de la Onu”, embargo, embargo de comida, de energia... embargo.
¿Ecuador se encuentra aislado? No, porqué tiene a America latina.
Y entonces Venezuela le dijo “¿Te quitan el petroleo? Te lo doy yo gratis! Petroleo y gas por 10 años. Y Argentina dijo: ¿Te quitan la carne? Te la doy yo la carne de primera por ti y tu popolo por 10 años gratis. El Brasil dijo: “¿Necesitas lechuga fruta y verdura? Te las damos nosotros por 10 años. Y Bolivia dijo: ¿Quieres un poco de plata, nosotros con la coca hacemos cuanto queremos, y le dió 5 miliardos de dolares, costo cero.
Y entonces pasa algo muy enteresantes mis queridos amigos. El Fmi pone la demanda, Correa llega con su abogado y dice: “Nosotros esta deuda no la pagamos porqué es immoral, hacemos exactamente como hicieron ustedes Estados Unidos cuando entraron en Iraq y vieron que había una deuda de 150 miliardos de dolares”, que entró un gobierno de ellos y dijo "No lo pagamos porqué es inmoral" y no lo pagaron. Hacemo exactamente lo que hicieron Ustedes, y ganó Correa!

venerdì 25 gennaio 2013

FOTO CHAVEZ EL PAÍS: La vergogna de... ops, l'incidente della foto ritirata



CARACAS (Monica Vistali)- La vicenda la conosciamo. Il quotidiano spagnolo 'El País', da sempre in prima linea nella lotta mediatica contro Hugo Chávez, ha ritenuto che la notizia più importante di ieri, quella meritevole di occupare una buona metà della prima pagina del giornale, non era il conflitto in Mali o la crisi economica, ma il fatto che il presidente venezuelano fosse malato. Come se nessuno lo sapesse! E come rivelare questa grande scoperta se non con una fotografia gigantesca con il presunto leader intubato e malconcio in un letto d'ospedale? 
Tutto sembra filare liscio. Ma lo scatto-scoop, l'esclusiva mondiale fornitagli da un'agenzia, si rivela una bufala. Non è la prova materiale della gravità dello stato di salute di Chávez, fa notare il mondo del web, ma un fermo immagine preso da un video che gira su YouTube dal 2008, e che con il capo di stato venezuelano non ha nulla a che vedere. Bella fregatura per il giornale di Madrid, lo stesso che nell'aprile 2002 giustificava e avvallava il golpe a Chávez (docu imperdibile: http://www.youtube.com/watch?v=Gj1bY2hUThI) e in un editoriale scriveva: "Solo un colpo di stato è riuscito a scalzare Hugo Chavez dal potere in Venezuela. La situazione aveva raggiunto un tale grado di deterioramento che questo caudillo  incostante  ha ricevuto uno spintone".
El País, comunque, una volta scoperta la falsità della fotografia si affretta a ritirare le copie distribuite e togliere l'immagine dalla pagina web. Si scusa poi con i suoi lettori ma non spende una parola per il governo di Caracas (che ora, giustamente, intraprenderà un'azione legale), il popolo venezuelano o i famigliari di Chávez.
Lasciamo da parte la bassezza di sbattere in prima pagina l'immagine di un uomo morente (lo averbbero fatto con un Berlusconi, una Regina Elisabetta o un Hollande?) e nella spazzatura un qualsiasi codice di deontologia professionale, di pubblicare materiale non verificato per scopi prettamente politici, ed analizziamo invece il testo di scuse pubblicato da El País commentando brevemente alcuni stralci.

  • "Con un gran esfuerzo logístico, procedió a frenar la distribución de ejemplares con la foto falsa y a retirarlos de los puntos de venta" - Un "grande sforzo logistico" per frenare la distribuzione del giornale, sottolinea El País come per evidenziare il suo desiderio riparare l'errore...
  • "El diario revisará sus procedimientos de verificación a la vista de los errores cometidos" - Si reviseranno i procedimenti di verifica? Non c'è stata nessuna verifica della veridicità del materiale!
  • "La agencia gráfica Gtres Online ... señaló que (la foto) procedía de una enfermera cubana a través de su hermana, residente en España. Esta, a su vez, había contactado con la citada agencia ... Gtres Online pidió que no se publicasen estos detalles para evitar represalias a la presunta autora de la foto en Cuba". - Beh, usare la censura e le rappresaglie del governo cubano come scusa per sparare cavolate sul Venezuela è sempre una buona idea!
  • "EL PAÍS acompañó la foto con un texto en el que advertía de que no había logrado verificar las circunstancias, el lugar o la fecha en que se había realizado la fotografía". - Se non è possibile verificare le fonti e la veridicità di un materiale, questo materiale non si pubblica e non si titola "Il segreto della malattia di Chávez, presentanto il tutto come una rivelazione!
  • "EL PAÍS quiso dejar bien claro a sus lectores que no había podido verificar las circunstancias en que fue hecha la foto dadas las restricciones informativas que aplica el régimen de Cuba. ...  Tratar de que Yoani Sánchez se pusiese en contacto con cualquier fuente habría supuesto un riesgo para ella y las personas supuestamente implicadas en la foto". - Beh, qui basta la traduzione, non servono commenti: "El País ha voluto mettere ben in chiaro ai suoi lettori che non aveva potuto verificare le circostanze in cui era stata scattata la foto date le restrizioni informative che applica il regime di Cuba. Provare a far sí che Yoani Sanchez si mettesse in contatto con qualsiasi fonte avrebbe significato un rischio per lei e le persone presuntamente implicate nella foto".
  • "La publicación de un enfermo intubado y convaleciente en un hospital fue largamente debatida por los responsables del periódico. El Libro de estilo de EL PAÍS establece que “las fotografías con imágenes desagradables solo se publicarán cuando añadan información”. - Il libro di stile del giornale permette foto sgradevoli se aggiungono informazioni. E io mi chiedo: che grande informazione rivela questo scatto? Il governo venezuelano non ha mai negato che Chávez fosse gravemente malato.
  • "La conclusión a la que se llegó es que la imagen era pertinente en un momento en que el estado de salud del presidente venezolano es motivo de gran polémica y encendido debate político en su país por su ausencia en la toma de posesión tras las elecciones presidenciales y ante la falta de transparencia de las autoridades".: Dopo Cuba, parliamo della mancanza di trasparenza del governo venezuelano...
  • "El incidente de la foto retirada por EL PAÍS" - L'incidente della foto ritirata? Io direi la vergogna della foto pubblicata!
  • "Las cabeceras de referencia destacaron el comportamiento de EL PAÍS por la rapidez a la hora de rectificar, pedir disculpas y retirar los periódicos con la foto falsa de los puntos de venta".- Vabbé, tiratevela pure per la "rapidità alla ora di rettificare, chiedere scusa e ritirare i giornali copn la foto falsa"!

venerdì 18 gennaio 2013

Mapuche, le trutrucas hanno suonato a vuoto.

Monica Vistali
CARACAS - Il grande incontro di mercoledì al Cerro Ñielol de Temuco, convocato dalle comunità indigene Mapuche per discutere le proprie rivendicazioni con lo Stato cileno, non ha dato i frutti sperati. Niente terra, niente autodeterminazione, niente smilitarizzazione del territorio. E, ciliegina sulla torta, il governo di Piñera continuerà ad utilizzare la Legge antiterrorista contro questi 'ribelli' che, in realtà, chiedono solo il rispetto dei Trattati stipulati con la Corona Spagnola durante l'epoca coloniale, in particolare quello che gli riconosce autonomia e sovranità su tutto il vasto territorio a sud del fiume Bio Bio.
Come inizia la tragedia Mapuche? La storia è presto detta. All'arrivo degli europei, i Mapuche reagiscono alle mire colonizzatrici con inimmaginabile forza. Forza di cui fa le spese perfino il conquistador Pedro de Valdivia, considerato il 'fondatore' del Cile, rapito e ucciso dagli indomiti indigeni sul piede di guerra contro gli invasori. Sono anni di lotta feroce e di resistenza, a seguito dei quali gli spagnoli, resisi conto dell'impossibilità di sottomettere militarmente i Mapuche, riconoscono loro la legittima autonomia (1641, Trattato di Killín). Un fatto più unico che raro nella storia dei popoli indigeni del continente.
In barba agli accordi, una volta diventato autonomo il Cile decide di espandere il suo territorio. Manda quindi i militari ad invadere il territorio mapuche, massacrando i suoi abitanti. Una vera e propria operazione di guerra denominata con un eufemismo 'Pacificazione dell'Araucanía' (1861-1883).
I Mapuche che sopravvivono finiscono in riserve indigene che, tutte insieme, costituiscono poco più del 6% del territorio ancestrale e che normalmente sono installate in una terra dal clima ostile. Il resto della terra, ormai di proprietà dello Stato cileno, finisce in mano ai nuovi coloni arrivati dall'Europa (36 mila nel 1901). Chi si ribella, muore. Basti pensare al 'Massacro di Ránquil', 1934, in cui 477 contadini e mapuche sono uccisi dall'esercito cileno per essersi sollevati contro gli abusi di chi amministra le neonate imprese di trasformazione del legno, impiantate in territorio indigeno. Durante il massacro oltre 500 persone vengono arrestate, ma solo 23 arrivao a Santiago per il giudizio. Le altre, presumibilmente, finiscono 'desaparecidas'.
Militari, respressione, mancato rispetto dei diritti umani e degli accordi stipulati. Invasione del territorio, sfruttamento delle risorse, inquinamento indiscriminato dell'ambiente ancestrale per fini di lucro. Oggi, il dramma Mapuche continua. Ma alla fine, il presidente dice che sono 'terroristi'...

giovedì 10 gennaio 2013

Ccs, 10 gennaio: Chávez non c'è, ma il popolo sì. E la sua presenza conta.

I venezuelani sono in strada in difesa della Costituzione e del governo Chávez, nel giorno in cui il Presidente avrebbe dovuto assumere ufficialmente il mandato. Niente pietre, tra le mani hanno la Costituzione.
CARACAS - Sarà un 10 gennaio da ricordare. Ora che la Sala Costituzionale del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ) si è espressa e con le sue dichiarazioni ha (almeno in linea teorica) messo fine alla querelle tra governo e opposizione sul tema dell'assenza del Presidente Hugo Chávez nel giorno previsto per la sua giuramentazione (http://monicacaracas.blogspot.com/2013/01/lansa-e-chavez-alla-faccia.html), facciamo un po' il punto. Cosa stanno facendo oggi i chavisti? Cosa sta facendo l'opposizione?

LA DICHIARAZIONE DEL TSJ:
La Sala Costituzionale del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ) ha dichiarato ieri che il presidente Hugo Chávez non necessariamente deve giuramentare in Parlamento durante la giornata di oggi. Lo potrà fare in un altro momento davanti al TSJ - così come recita l'articolo 231 della Costituzione - quando cesserà la "causa sopraggiunta", ossia i problemi di salute che ancora oggi lo obbligano a restare ospitalizzato a L'Avana. Lo stesso Tribunale s'incaricherà di fissare la data, in quanto la Carta non specifica limiti temporali. 
La Sala Costituzionale ha precisato inoltre che non esiste alcuna interruzione nell'esercizio del mandato (ossia l'Esecutivo presenta una continuità per quanto riguarda il Presidente, il VicePresidente e i ministri dei vari dicasteri) e che non ci troviamo davanti ad una "assenza temporale" del Capo di Stato, tanto meno ad una "assenza assoluta" che giustifichi la necessità di indire nuove elezioni. Il Presidente Chávez, infatti, si trova a L'Avana per un permesso indefinito per motivi di salute, concessogli all'unanimità dal Parlamento. 

*** - L'art.231 recita: "El candidato elegido o candidata elegida tomará posesión del cargo de Presidente o Presidenta de la República el 10 de enero del primer año de su período constitucional, mediante juramento ante la Asamblea Nacional. Si por cualquier motivo sobrevenido el Presidente o Presidenta de la República no pudiese tomar posesión ante la Asamblea Nacional, lo hará ante el Tribunal Supremo de Justicia".

IL 10 GENNAIO DEL CHAVISMO
Il popolo chavista ha circondato il palazzo presidenziale di Miraflores per una grande manifestazione di solidarietà con il Presidente Hugo Chávez. Magliette rosse, bandiere, canti e tanta, tanta gente soprattutto a Puente Llaguno, dove nell'aprile 2002 si accese la scintilla che aprì le porte al colpo di Stato contro Hugo Chávez (il massacro causò 19 morti e centinaia di feriti con arma da fuoco, fu realizzato da cecchini golpisti appartenenti alla Polizia metropolitana e alle forze militari, che spararono sui manifestanti del governo e dell'opposizione stessa). 
Alla concentrazione in appoggio di Chávez parteciperanno anche numerosi Presidenti e rappresentanti dei governi dell'America latina. Tra questi Pepe Mujica (Uruguay); Fernando Lugo (Paraguay); Evo Morales (Bolivia); Daniel Ortega (Nicaragua); il cancelliere argentino (la Presidente Cristina Fernandez sarà domani personalmente a L'Avana); il primo Ministro haitiano. L'Honduras e l'Equador di Correa hanno diretto una carta al presidente venezuelano, così come altri Paesi. Il Brasile, dal canto suo, ha dimostrato il suo appoggio mandando a Cuba qualche giorno fa il principale assessore di Dilma per quanto riguarda gli affari internazionali. La vicinanza della terra carioca alla 'causa chavista' è significativo in quanto il Brasile si è sempre dimostrato particolarmente indipendente nel giudicare le questioni interne venezuelane, il suo non è un appoggio "a prescindere" dato esclusivamente per ragioni di sintonia politica. Alla concentrazione hanno fatto sentire la propria voce anche alcuni gruppi indigeni. 
I rappresentanti dell'Alba-Petrocaribe (quest'ultimo importantissimo strumento di solidarietà internazionale in quanto permette ad alcuni Stati in condizioni particolari, come Haiti, di pagare il petrolio venezuelano con prodotti alimentari) hanno approvato una dichiarazione di solidarietà con il governo di Hugo Chávez. E perfino i cinesi si sono espressi in favore della causa chavista!

... E DELL'OPPOSIZIONE
Golpe di Aprile: giuramento di Pedro Carmona Estanga. La grande industria, la Chiesa, gli attuali leader dell'opposizione e la Chiesa applaudono.
Nel frattempo l'opposizione - che rifiuta la sentenza del TSJ e non riconosce la continuità amministrativa del governo Chávez, che un giorno dice una cosa e il giorno dopo un'altra - inizia oggi un 'paro civico': una sorta di sciopero generale che il presidente del Parlamento venezuelano, il chavistissimo Diosdado Cabello, ha definito un "atto destabilizzante". E non a torto. 
Proprio dieci anni fa, infatti, l'opposizione (solo pochi mesi dopo aver fallito colpo di Stato di cui sopra) provò a liberarsi di Chávez destabilizzando il Paese proprio con un 'paro civico'. Le conseguenze sono note: sciopero dell'allora privatissima industria petrolifera nazionale Pdvsa e conseguente blocco dei trasporti, che rese impossibile rifornire di benzina le ambulanze, distribuire il cibo e le bombole di gas necessarie per cucinarlo. Furono 63 giorni d'inferno per i venezuelani, un vero e proprio tentativo di genocidio dato che la gente fu costretta a bruciare tavoli e sedie mentre gli alimenti scarseggiavano ogni giorno di più...

E A QUESTO PUNTO CI SI CHIEDE...
1) Perché l'opposizione, quando nel 2002 ha scalzato Chávez con un colpo di Stato, non si è fatta problemi nel far giuramentare il golpista Pedro Carmona Estanga un assolato giorno di aprile? Non avrebbe 'assolutamente' assumere il carico il 10 gennaio seguente? 
2) Quando è fiorito tutto questo attaccamento alla Costituzione nell'opposizione venezuelana? Perché nella Carta di cui oggi i leader oppositori si dicono paladini, non si trova un solo articolo che giustifichi il sequestro di un Capo di Stato democraticamente eletto come lo era Chavez nel 2002, l'assalto ad un'ambasciata in cerca di ministri da incarcerare, la firma di un 'decreto Carmona' per ufficializzare il golpe. Tutte cose che questi leader oppositori hanno fatto, e per cui non hanno mai pagato. 
3) Se il Presidente eletto è un rappresentante del popolo, la presenza in strada del popolo venezuelano questo 10 gennaio non potrebbe valere come giuramentazione?
Monica Vistali

mercoledì 9 gennaio 2013

L'Ansa e Chávez, alla faccia dell'imparzialità. Il Presidente giurerà davanti al Tribunale Supremo

CARACAS - L'ANSA ha pubblicato oggi l'articolo "Venezuela, Governo: Chávez non ci sarà a insediamento", relativo al caso '10 gennaio', data in cui Chavez dovrebbe giurare davanti al Parlamento per assumere ufficialmente l'incarico di presidente della Repubblica, incarico che si è guadagnato vincendo le elezioni del 7 ottobre scorso (8mln e mezzo di voti).
In questo articolo, per annunciare che Chàvez non sarà a Caracas questo giovedì per l'insediamento (così ha detto ieri il Presidente del Parlamento, Diosdado Cabello) e per spiegare l'attuale situazione politica venezuelana, si riportano esclusivamente le opinioni di Henrique Capriles Radonski, leader della coalizione dell'opposizione, Mud; della Conferenza episcopale e del Dipartimento di Stato Usa. Alla faccia dell'imparzialità! Ma in realtà la notizia è che ieri il Parlamento venezuelano, in sua maggioranza chavista, ha approvato che il Presidente Chávez realizzi il suo giuramento in un secondo momento davanti al Tribunale Supremo di Giustizia.Si può fare? Ecco, in realtà, come stanno le cose.
Prima di tutto bisogna premettere che Chavez è un presidente non precisamente eletto ma ri-eletto e che quindi, almeno secondo il governo, il giuramento di giovedì è una pura formalità. Ma lasciando da parte questo, la Costituzione è chiara, e nell'articolo 231 dice che se "per cause sopraggiunte", e sembrerebbe questo il caso, il nuovo Presidente non può giurare in Parlamento il 10 gennaio, lo può tranquillamente fare davanti al Tribunale Supremo di Giustizia. La carta non fissa a questo proposito limiti temporali.
Poi c'è la questione dell'assenza temporale e dell'assenza assoluta del Capo di Governo, entrambe previste dalla Costituzione.
L'assenza temporale ammette un'assenza del presidente per 90 giorni rinnovabili di altri 90, quindi una copertura di 6 mesi durante i quali attuerebbe il Vicepresidente dell'Esecutivo, in questo caso Nicolas Maduro. Ma bisogna precisare che al momento Chávez si trova a Cuba per un permesso datogli all'unanimità dal Parlamento, e quindi la sua mancanza dal territorio della Repubblica è perfettamente legittima.
Infine c'è l'assenza assoluta, che si profilerebbe nel caso della morte di Chávez o di una sua incapacità fisica o psichica permanente comprovata da un'equipe medica designata dal Tribunale Supremo di Giustizia e convalidata dal Parlamento. Se viene dichiarata la assenza assoluta, la Carta prevede che vengano convocate nuove elezioni entro 30 giorni. Per ora comunque, non ci sono i presupposti per richiamare questa possibilità, e qualsiasi movimento in questa direzione profilerebbe un tentativo di colpo di stato (cosa che l'opposizione ha già fatto nel 2002).
Se poi le cose andassero per le lunghe, la parola tornerebbe al popolo. La Costituzione voluta da Chávez e sottoposta a referendum popolare durante il suo primo mandato (che dittatore!), prevede infatti che dopo tre anni di governo possa essere convocato un referendum revocatorio del Presidente della repubblica (che dittatore!). L'opposizione ha già tentato questa via anni fa, ma anche in quel caso i venezuelani hanno deciso di restare con il loro Comandante!. 
Monica Vistali

martedì 8 gennaio 2013

Mujica, Morales, Lugo e il cancelliere argentino a Caracas in appoggio a Chávez

CARACAS - Il presidente dell'Uruguay, l'ex guerrillero di sinistra José Mujica, è stato autorizzato dal Parlamento del paese sudamericano a recarsi a Caracas in occasione dell'atto di solidarietà che si realizzerà questo giovedì 10 in omaggio al suo pari venezuelano Hugo Chavez, in piena fase postoperatoria dopo la sua quarta operazione chirurgica contro il cancro. Alla concentrazione ci saranno anche il Presidente della Bolivia Evo Morales e quello del Paraguay Fernando Lugo, oltre al cancelliere Héctor Timerman in rappresentanza del governo argentino di Cristina Fernandez, che dal canto suo venerdì 11 si recherà a L'Avana per incontrarsi personalmente con Chávez.
Giovedì 10 è il giorno in cui Hugo Chávez avrebbe dovuto assumere ufficialmente davanti al Parlamento il mandato presidenziale che si è guadagnato nelle elezioni del 7 ottobre scorso con 8 milioni e mezzo di voti. La Costituzione venezuelana, però, prevede che se "per cause sopraggiunte" la giuramentazione non può realizzarsi il 10 gennaio davanti al Parlamento, il neo-eletto Capo di Stato la può realizzare davanti al Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ) in un altro momento. La frenesia dell'opposizione riguardo al presunto 'vuoto di potere', quindi, non ha presupposti costituzionali, anche perché Chávez si trova a L'Avana con un permesso concessogli all'unanimità dal Parlamento. Inoltre, sempre la Carta prevede la "assenza temporale" del Presidente per 90 giorni rinnovabili di altri 90, quindi una copertura di 6 mesi.
Mujica, uno dei Presidenti che si recherà a Caracas per l'atto di solidarietà, è conosciuto per essere il presidente più povero del mondo e per destinare il 90% del suo stipendio in beneficenza. La sua dimora presidenziale ha preferito lasciarla ai senzatetto, mentre lui vive tranquillamente nella sua casetta di campagna dove con la moglie (ex tupamaro pure lei), dove passeggia nei campi con i suoi cani e coltiva fiori che poi vende nei mercatini di Montevideo la domenica. Niente auto blu per il capo di stato 77enne che ha sfidato l'opinione pubblica proponendo la liberalizzazione dell'aborto e della marihuana, ma solo una vecchia volkswagen un po' scassata. 


La vicinanza tra Mujica, Fernandez, Lugo, Morales e Chavez è un'ulteriore prova dell'appoggio di cui gode il presidente venezuelano ma anche e soprattutto dei passi avanti compiuti nel processo integrazionista latinoamericano. L'America Latina non è più un'area geografica e politica di serie b, postcoloniale, ma una entità autonoma che vuole orgogliosmente affermarsi come tale in un mondo sempre più multipolare. Ed i suoi leader, spesso, non sono 'professori' e 'tecnici' (in senso stretto, ovviamente) ma vengono dal 'basso': oltre al venditore di fiori Mujica c'è l'indigeno boliviano e cocalero Evo Morales, il militare delle calde pianure venezuelane Chávez, la militante “terrorista e assaltatrice di banche” brasiliana Dilma. 
Da sx: Pepe, Hugo, Cristina e Dilma
 “Non mi travesto da presidente e continuo ad essere come ero. Le cose più belle della vita sono avere degli amici, godere moderatamente del cibo e molto della natura. Io non sono povero, ho tutto ciò di cui ho bisogno” ha dichiarato Pepe, come viene comunemente chiamato a queste latitudini (è il nome che usava quando lottava con i guerrilleri tupamaros).
Qui quello che è stato definito come “il discorso più bello del mondo”, quello dato da Mujica al G20 in Brasile. http://www.youtube.com/watch?v=3SxkMKTn7aQ
Monica Vistali 

mercoledì 26 dicembre 2012

Zulia, 15 anni di carcere per il sequestratore dell'imprenditore italiano

Il 30enne condannato è recluso nel carcere di Maracaibo, capitale dello stato Zulia

di Monica Vistali
 CARACAS - Il trentenne Wilmer Zárraga è stato condannato a 15 anni e 10 mesi di carcere dopo aver ammesso di aver preso parte al sequestro di un imprenditore italiano nello stato Zulia, ultima regione venezuelana prima della Colombia, avvenuto nel 2009. Zárraga è stato riconosciuto colpevole di sequestro di persona, associazione a delinquere e porto illegale di armi da fuoco.
Dietro le sbarre nel carcere di Cabimas, in attesa di giudizio per le stesse accuse, ci sono anche due giovani di 24 e 27 anni rispettivamente. Ad un 53enne, anche lui coinvolto nel delitto, sono stati invece concessi gli arresti domiciliari a causa del suo precario stato di salute.
La vittima del sequestro è un imprenditore di 58 anni di origine italiana, rapito il 6 maggio 2009 nel settore Campo Lindo, municipio Cabimas, stato Zulia. 
Secondo la ricostruzione della vicenda, William Zárrag, accompagnato dai due giovani oggi in attesa di giudizio, si presentarono armati nell'impresa del connazionale con la scusa di cercare lavoro. Immediatamente chiusero il personale presente in un bagno e obbligarono l'imprenditore a salire sul suo furgoncino, che poche ore dopo veniva ritrovato abbandonato dagli investigatori del Cicpc. Il connazionale venne liberato il 17 giugno dello stesso anno dagli agenti del Cicpc.

venerdì 21 dicembre 2012

'Centri italo' classisti: più che sodalizi, club d'elite


Di Monica Vistali (mensile Nexus - settembre) - In pochi anni, tra momenti di stasi e grandi ondate migratorie, la comunità italiana è diventata una tra le più grandi del Venezuela. Oltre che per la sua superiorità numerica, la nostra si distingue per essere una tra le Collettività italiane più organizzate al mondo, con una trentina di sodalizi sparsi in tutto il territorio nazionale.
Purtroppo non è tutto oro quel che luccica. I Centri italo-venezuelani e le Case d’Italia, che nei sogni dei loro fondatori dovevano essere luoghi di riunione per tutti gli italiani ed espressione di una collettività multiclassista, si sono trasformati nel tempo in ‘ghetti sociali’ a cui - per ragioni economiche - può accedere solo una piccola fetta della nostra comunità: quella che costituisce la classe medio/alta e che dispone delle risorse economiche sufficienti per acquistare un’azione e coprire le spese mensili che questa rappresenta. Inoltre, le facilitazioni create per favorire l'accesso ai nostri club alle nuove generazioni (che insieme agli anziani sono le fasce più castigate), sono dirette esclusivamente ai figli e alle figlie dei soci-proprietari, e rafforzano quindi la struttura classista che caratterizza i sodalizi.
Ma i nostri centri dovrebbero distinguersi dai circoli esclusivi e dalle associazioni d’elité: dovrebbero essere punti di riferimento culturale e di conservazione dell'italianità, aperti al maggior numero di persone possibile per permettere la più ampia promozione della nostra lingua, della nostra arte, dei nostri prodotti. Insomma, della nostra cultura. Questa dovrebbe essere la loro filosofia, il loro scopo, il loro valore aggiunto. Dovrebbe esserlo soprattutto nell'attuale congiuntura storica, con le nuove generazioni che stanno perdendo i legami con la loro terra d'origine e con l'Italia che attraversa una grave crisi economica, alla cui soluzione contribuirebbe certamente la promozione del made in Italy all'estero.
Ma come raggiungere quest’obiettivo se non abbattendo le discriminanti barriere economiche d'accesso che acutizzano ogni giorno di più il profilo elitario dei nostri sodalizi? Come rendere giustizia alla mission dei nostri club se non adottando una struttura solidaria basata sull'accettazione e orientata all'apertura?

1964: nasce il primo Civ

Civ Guayana
Dagli anni Trenta agli anni Sessanta, gli italiani in Venezuela si sono moltiplicati fino a raggiungere un numero fino a quel momento impensabile per i fondatori della prima “Casa d’Italia”. Il vecchio sodalizio - così piccolo da essere paragonato dall’artista Giorgio Gori ad un barattolo “per uomini-sardina” - inizia a non rispondere più alle esigenze di una collettività in espansione sia dal punto di vista demografico che sotto un’ottica economica, con bisogni ed interessi diversi rispetto a quelli della vecchia elité di pionieri, una sorta di 'borghesia illuminata' interessata ai soldi e alle belle arti. Ma la “Casa d’Italia”, quando nel 1958 è obbligata a lasciare la sua sede a Los Caobos perché espropriata dal governo, opta ancora una volta per un edificio di dimensioni relativamente ridotte, quello attuale lungo la Avenida Urdaneta di Caracas.
I nuovi arrivati, a cui non è permesso accedere alla “Casa d’Italia”, decidono quindi di creare uno spazio parallelo e più in sintonia con i loro gusti e le loro necessità: un po’ meno cultura, quindi, ma più aree per le attività ricreazionali e tanto spazio verde per lo sport. Un luogo di riunione e di svago aperto a tutti, multiclassista, dove ritrovarsi tra compaesani e respirare un po’ di aria di casa, consolidando contemporaneamente i vincoli tra il Paese di origine e quello di accoglienza. Insomma: un centro italo-venezuelano.
Il “Centro Italo-Venezolano” di Caracas, il primo nel suo genere, nasce il 26 marzo 1964 a Prados del Este, al tempo una zona appartata dalla città, in uno spazio aperto che permette sin dall'inizio l'ampliamento della struttura e quindi la possibilità di accogliere un sempre più grande numero di connazionali.
Una volta innalzato l’edificio sede, la prima preoccupazione dei fondatori è la realizzazione dei campi sportivi e delle piscine, ma nel tempo vengono costruiti giardini, piazze, statue, terrazze, ristoranti, palestre cui si aggiungono l’edicola, il parrucchiere, il minimarket, l’ambulatorio, la biblioteca, la piccola cappella. Al suo interno si organizzano eventi di ogni genere - tornei, feste regionali, incontri di solidarietà, spettacoli - e si offre ai soci la possibilità di frequentare corsi di italiano, di teatro, di sport.
L’entusiasmo per l’iniziativa è tale che sulla scia del pioniere capitolino in poco tempo si moltiplicano i sodalizi italiani sul territorio: nel 1965 nasce la “Casa d’Italia” di Maracay, due anni dopo il “Club Italovenezuelano” di Barinas, nel ’70 la “Casa d’Italia” di Maracaibo. Un proliferare continuo che arriva sino ai nostri giorni: oggi si contano infatti 30 sodalizi sparsi in tutto il Venezuela, dai grandi centri urbani quali Merida, Valencia, Puerto Ordaz, Barquisimeto e Puerto Cabello fino alle piccole città come Cagua, Los Teques, San Felipe, Ciudad Ojeda, Carupano, Upata. Una realtà unica non solo in America latina, ma nel resto del mondo.

Quali italiani?
Nei Centri italo si celebrano concorsi di bellezza
Oggi il Civ di Caracas si erge maestoso sulla cima di una collina, ritagliando i suoi eventi di lusso e le sue cerimonie sullo sfondo di un agglomerato urbano ed umano che si snoda polveroso tra baracche fatiscenti e mercati improvvisati: il barrio (zona popolare) di Santa Cruz. Le sue piscine olimpioniche e le sue aiuole ben rifinite, così come gli appassionati del tennis ed i camerieri eleganti che serpeggiano tra i tavoli durante le cene di gala organizzate dal club, si stagliano in una cornice di casette di mattoni ed umili bodegas, con venditori ambulanti dalle merci colorate, motociclette rumorose, ragazzi che si canzonano per strada con la canotta sulla spalla. Il contrasto tra le due colline è netto. Ma quanti cognomi italiani non oltrepassano quella strada poco illuminata che separa l’“Italo”, come viene chiamato il Civ dai più affezionati, dal barrio?
Nei fatti, oggi il “Centro Italiano Venezolano” di Caracas aggrega solo una fetta della nostra comunità: un target ben delineato che non si mescola con quel 15 per cento (e forse più) di italiani che vivono nei quartieri umili di Petare, zona tra le più degradate e pericolose della capitale ma anche parroquia con la percentuale più alta di connazionali secondo il censo pubblicato dall’Instituto Nacional de Estadìsticas nel 2005. A frequentare l’“Italo”, quindi, sono principalmente gli italiani e gli italo-venezolani più fortunati: quelli che, secondo il ministero degli Esteri, controllano un terzo di tutte le industrie locali, escludendo naturalmente quelle collegate al settore petrolifero.
Le ragioni di questa chiusura, prettamente di natura economica, sono facili da illustrare: per avere accesso al Civ di Caracas è necessario essere soci-proprietari del club - ossia acquistare un’azione il cui costo oscilla tra i 55 e i 60 mila bolivares, cui si deve sommare una tassa di 18 mila bolivares - e pagare mensilmente una quota di 530 Bsf più Iva, cui si aggiungono puntuali le ‘quote straordinarie’ per eventi, riparazioni o miglioramenti del club che sorpassano le possibilità economiche dello stesso. Quote-extra destinate a spese speciali che possono trasformarsi anche in permanenti, come accadde in passato. Una volta soci, poi, è naturale iscriversi a qualche corso: e via con altre spese.
Le stesse condizioni si ripresentano prendendo in considerazione gli altri sodalizi: il “Centro Social Italo Venezolano de Merida” richiede un’azione da 50 mila BsF e 15 quote annuali da 168 BsF l’una; il “Centro Italo Venezolano del Táchira”, a San Cristobal, pretende un’azione di 35 mila BsF e 260 BsF mensili; il “Centro Social Italo Venezolano de Valencia” un’azione da 50 mila BsF e una quota di 388 BsF al mese; la “Casa d’Italia” di Maracay un’azione da 45 mila BsF e circa 300 BsF mensili.
Queste cifre rappresentano un ostacolo insormontabile per i connazionali meno abbienti: oggi, in Venezuela, lo stipendio minimo è di 1.780 bolivares e servirebbero quindi, prendendo l’esempio del Civ di Caracas, ben 41 stipendi completi per comprare un’azione ed ogni mese quasi un terzo del salario per coprire le quote. Volenti o nolenti, c’è una barriera fissa. E a causa di questa i meno fortunati devono accontentarsi di guardare dal basso le siepi fiorite, i salon de fiesta e le infrastrutture sportive che, si sognava un tempo, dovevano essere accessibili a tutti gli italiani del Venezuela.
- A frequentare i nostri club sono principalmente famiglie di classe medio-alta - ammette Mariano Palazzo, ex presidente della Casa d'Italia di Maracay ed oggi presidente di Faiv, la federazione che aggrega tutte le associazioni italo-venezuelane - perché sono pochi quelli che possono far fronte alle spese.
Una realtà confermata dai responsabili dei club di Merida, di Valencia, di Caracas... i quali ci tengono però a sottolineare come in caso di necessità si permetta il pagamento dilazionato dell'azione, con rate fino a 18 o 24 mesi. Come se questo bastasse.
Pionieri e nuove generazioni
Se dai nostri club sono di fatto escluse le famiglie con entrate minime o poco superiori al minimo, anche per quanto riguarda la classe media l’accesso ai sodalizi è nei fatti proibitivo e le fasce più castigate sono i giovani ed i pensionati.
I primi perché non ricevono uno stipendio che permetta loro di affrontare l’aquisto di un’azione e la spesa mensile che questa rappresenta e, se hanno la fortuna di riceverlo, hanno - e come dargli torto - altre priorità: una casa, un’automobile, un fondo di risparmi per assicurarsi un futuro. Tutto questo se ancora non hanno formato una nucleo famigliare e non sono chiamati a rispondere alle grandi spese che implica l’arrivo di un figlio. I secondi, invece, perché con una pensione si possono fare solo miracoli. E questi non comprendono i costi di gestione dell'azione di un club.
I nostri sodalizi si dimenticano quindi non solo di chi ha avuto meno fortuna e che andrebbe comunque messo in condizione di accedere ai centri, ma si dimenticano anche del “futuro” della nostra Collettività e, quel che è più grave, del "passato".
Ma i giovani non sono tutti uguali. E, paradossalmente, i più avvantaggiati nel sistema di accesso sono proprio quelli delle famiglie accomodate già proprietarie di un'azione. Maggiorenni che, conclusi gli studi, non rientrano più nel nucleo famigliare del socio e perdono quindi la possibilità di accedere al sodalizio.
Al "CSIV" di Valencia i figli dei soci hanno la possibilità di comprare azioni speciali con uno sconto del 50%, acquisendo in questo modo quasi tutti i diritti del socio regolare (non possono accedere alla carica di Presidente del club e non possono invitare al sodalizio i non-soci, con l’eccezione del fidanzato/a) mentre alla “Casa d’Italia” di Maracay, oltre alla figura amministrativa dell’azione "figlio di socio" (acquisto con il 50% di sconto da pagare anche a rate, ma con una clausula che obbliga all’acquisto di un’azione regolare nel caso che il genitore venda l’azione) è stata creata anche l’opzione “affiliazione del primogenito" (o "del parente immediato") che permette l’acquisto di una azione speciale al prezzo stracciato di 1000 BsF, che però non contempla il diritto di voto alle assemblee né la possibilità di assumere cariche dirigenziali.
È quindi vero che sono state create facilitazioni per favorire alle nuove generazioni l'accesso ai nostri club. Ma si tratta di facilitazioni che, essendo dirette esclusivamente ai figli e alle figlie dei soci-proprietari, ripropongono la struttura classista che caratterizza la maggioranza dei sodalizi.
Ma i nostri Centri Italo Venezuelani, le nostre Case d’Italia, non dovevano essere luoghi di riunione per tutti gli italiani? Il Civ di Caracas, nei sogni del suo fondatore Lorenzo Tomassi, non doveva essere espressione di una Collettività multiclassista?

Solidarietà: elemosina o apertura?
I nostri club non hanno dimenticato in toto i connazionali meno fortunati. Al loro interno si realizzano infatti eventi puntuali di solidarietà finalizzati alla raccolta di denaro da destinare ai bisognosi, oriundi spesso anziani e malati che ogni mese fanno la fila allo sportello dell'assistenza sociale del Consolato per le medicine o che, nella capitale, un giorno alla settimana trovano un piatto caldo grazie alla ammirevole missione portata avanti da un gruppo di signore italiane nella Chiesa "Nostra Signora di Pompei".
Si promuovono anche iniziative solidali dirette alle persone di umile estrazione sociale che vivono nelle zone circostanti. Nel suo giorno di chiusura, per esempio, il Civ di Caracas concede gratuitamente ai bambini di Santa Cruz l'utilizzo di alcune istallazioni e, stando a quanto dichiarato dall'attuale presidente Pietro Caschetta, sono state attivate con il Consejo comunal strategie di reciproca collaborazione: il Consejo comunal si impegna a controllare che alcuni malintenzionati non violino le entrate del Centro e quest'ultimo fornisce assistenza materiale in caso di bisogno (durante l'epoca delle alluvioni sono state fornite buone quantità di cemento per la ricostruzione e messi a disposizione alcuni macchinari). Inoltre, si accettano nelle squadre sportive gli atleti più meritevoli della zona, a titolo gratuito. Iniziativa, quest'ultima, che ha suscitato non pochi atteggiamenti discriminatori e razzisti in alcuni soci, racconta Caschetta.
Il "Centro Italo Venezolano del Táchira", dal canto suo, affitta le sue piscine al Comune, che a costo zero le mette a disposizione ad anziani e bambini.
Si tratta innegabilmente di azioni lodevoli, che però sono molto rare, puntuali, e in alcun modo abbattono la rigida impostazione esclusiva che caratterizza i nostri club. Se non accompagnate da un cambio radicale nella filosofia e nella gestione dei sodalizi, queste iniziative rischiano di rappresentare sporadica elemosina, non una struttura solidaria basata sull'accettazione e orientata all'apertura dei nostri club.

Club d'elité
Sport in un Civ
Nei nostri centri aggregativi, gli italiani hanno la possibilità d’incontrarsi l’un l’altro in un luogo elegante e tranquillo ma, soprattutto, sicuro.
Come spiegava tempo fa alla ‘Voce’ un socio di vecchia data del Civ capitolino, Angelo Cristillo, all'"Italo" si può “passeggiare sereni senza doversi guardare alle spalle”. E l’amico Alessandro Sansone annuiva, confermando che lì “si cammina tranquilli, mentre in strada è una giungla”.
E così, paralizzati dal pericolo delle rapine e dei sequestri di cui spesso sono vittime, gli italiani finiscono per rinchiudersi sempre più in queste campane dorate che sono i nostri centri, con la convinzione che “qui in Venezuela la tua vita è un diamante che non puoi indossare e non sai dove nascondere. Nell’“Italo”, invece, puoi dare gas a quella Cadilac che per strada non puoi usare. Perchè fuori, il Latinoamerica è e resta sempre il Latinoamerica, come chiosava un altro socio con forte accento campano.
La generale sicurezza che offrono i sodalizi italiani è una delle principali ragioni che spinge i soci a frequentare regolarmente i club, ma il vero punto di forza è lo sport. Nella maggior parte dei casi, infatti, i nostri centri offrono invidiabili strutture sportive per il nuoto, il calcio, il tennis, il karate, la ginnastica e tanto altro ancora. Ci sono poi i “Giochi Sportivi Nazionali” organizzati da Faiv, cui partecipano dai tre ai quattro mila atleti (se a questi sommiamo parenti, amici e conoscenti arriviamo anche a dieci mila persone in una sola città, dato che converte l’evento in una delle più importanti manifestazioni sportive del Paese).
Ma un discreto livello di vigilanza e buone istallazioni per lo sport - da pagare a caro prezzo, come abbiamo visto - non dovrebbero essere il principale polo attrattivo dei centri italo-venezuelani. Per questo ci sono l'"Altamira tennis club" capitolino e i "Country Club" sparsi in tutto il Venezuela. I nostri sodalizi dovrebbero essere soprattutto importanti punti di riferimento culturale e di conservazione dell'italianità, aperti al maggior numero di persone possibile (italiani e stranieri) per permettere la più ampia promozione della nostra lingua, della nostra arte, dei nostri prodotti. Insomma, della nostra cultura. Questa dovrebbe essere la loro filosofia, il loro scopo, il loro valore aggiunto. Dovrebbe esserlo soprattutto nell'attuale congiuntura storica, con le nuove generazioni che stanno perdendo i legami con la loro terra d'origine e con l'Italia che attraversa una grave crisi economica, alla cui soluzione contribuirebbe certamente la promozione del made in Italy all'estero.
Ma come raggiungere questi obiettivi se non abbattendo le discriminanti barriere economiche d'accesso che acutizzano sempre di più un sistema decisamente elitario e che rischiano di trasformare i nostri sodalizi in 'ghetti' sociali?
Non c’è Giunta Direttiva che, al momento di proporre la propria candidatura, non manifesti l’intenzione di trovare soluzioni eque che permettano di aprire i nostri centri alla Collettività. Promesse, sempre promesse. Al dunque, però, il panorama non cambia. Migliorando ed ampliandosi nel tempo, i nostri sodalizi sono diventati dei 'giganti' difficili da mantenere; luoghi accessibili esclusivamente ad una classe sociale medio-alta, l'unica con le possibilità di sostenere costi che crescono giorno dopo giorno e che sopratutto oggi - a 'boom petrolifero' concluso - incidono non perifericamente nell’economia delle famiglie.
Certamente per i club le spese sono aumentate, per le necessità di mantenimento di spazi sempre più ampli ma anche per quella che Mariano Palazzo chiama la "pressione riguardo alla manodopera": il riconoscimento, da parte del governo venezuelano, dei diritti dei lavoratori ha fatto sì che i nostri sodalizi abbiano dovuto mettere in regola giardinieri, camerieri, personale amministrativo, addetti alla sicurezza e alla pulizia. "Prima non c'era tutta questa struttura di riconoscimento e quindi non spendevamo tanto" spiega Palazzo, raccontando che molti impiegati erano in nero e non avevano le garanzie economiche di cui godono oggi.
Un aumento delle spese, soprattutto se unito ad una cattiva gestione, significa com'è ovvio un aumento dei costi per i soci e quindi un rafforzamento del carattere elitario dei centri. Ma, per esempio, il "Centro Social Italo Venezolano de Valencia" ha recentemente investito 5,5 milioni di bolivares per sua la piscina e speso 1 milione per innalzare una 'Piazza dell'emigrante'. Idea interessante, quest'ultima, ma che da sola sarebbe bastata a pagare l'azione del club a 20 connazionali. Un omaggio all'immigrazione italiana forse più valioso.

Una questione di volontà
La conversione dei nostri sodalizi in club esclusivi è una realtà che rischia di diventare immutabile se non si realizza un radicale cambio di rotta nella visione e nella mission dei nostri centri. È una questione di volontà, dobbiamo scegliere.
Vogliamo che i nostri sodalizi restino strutture di lusso per pochi opulenti o vogliamo provare ad aprirci a tutti i connazionali?
Riteniamo più giusto - e più urgente - dare spazio a venezuelani, cinesi, portoghesi ed arabi dal portafoglio gonfio che si rivolgono a noi attratti dalle nostre belle piscine (quando il "Country Club" di Maracay ha chiuso i battenti, i vecchi soci si sono riversati in massa alla "Casa d'Italia") o permettere l'ingresso anche agli italiani più umili a cui, magari, piacerebbe frequentare le biblioteche con i volumi nella lingua di Dante, godere di un concerto di musica napoletana o di una commedia di Goldoni?
Siamo coscienti dell'importanza che assumerebbe, per la promozione della nostra lingua e della nostra cultura, l'apertura dei Civ e delle Case d'Italia ai tanti alunni venezuelani che studiano l'italiano? La promozione e l'accesso ai materiali e agli eventi culturali?
Un'apertura in questo senso non significherebbe necessariamente un'offerta più modesta da parte dei nostri club. Abbattere i costi d'accesso aumenterebbe infatti il numero di soci mantenendo invariate le entrate nelle casse gestite dai tesorieri. Mettere a disposizione gratuitamente le biblioteche e permettere l'entrata libera a tutti gli eventi culturali, migliorerebbe certamente la nostra immagine e renderebbe giustizia all'obiettivo che i sodalizi dicono di proporsi: essere luoghi aperti a tutti gli italiani.
Il cammino sarà pieno di ostacoli, perché all'interno della cosiddetta 'Collettività organizzata' la disponibilità al cambiamento sembra essersi atrofizzata e il profilo classista palesato nel tempo dai nostri centri aggregativi - ma anche dalle nostre scuole - ha rafforzato nelle seconde e terze generazioni una tendenza reazionaria e conservatrice. I giovani hanno potuto accedere ai club e agli istituti italiani solo grazie al denaro dei loro genitori, denaro che si fatto simbolo di potere, di uno status che proprio nell'appartenenza ai nostri sodalizi ha la possibilità di rivelarsi. Perché, si chiedono in molti, abbandonare una realtà che mi ha sempre favorito?
Ma non dimentichiamo che siamo stati capaci, grazie alla determinazione di cui tanto andiamo orgogliosi, di creare una rete di centri italiani maestosi, unica nel mondo. Come ieri, anche oggi tutto dipende dalla nostra volontà. Vogliamo davvero l'apertura dei nostri club alla Collettività? O la consideriamo una 'caduta di stile'? Qual è il nostro obiettivo? Il dibattito è aperto.