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mercoledì 26 dicembre 2012

Zulia, 15 anni di carcere per il sequestratore dell'imprenditore italiano

Il 30enne condannato è recluso nel carcere di Maracaibo, capitale dello stato Zulia

di Monica Vistali
 CARACAS - Il trentenne Wilmer Zárraga è stato condannato a 15 anni e 10 mesi di carcere dopo aver ammesso di aver preso parte al sequestro di un imprenditore italiano nello stato Zulia, ultima regione venezuelana prima della Colombia, avvenuto nel 2009. Zárraga è stato riconosciuto colpevole di sequestro di persona, associazione a delinquere e porto illegale di armi da fuoco.
Dietro le sbarre nel carcere di Cabimas, in attesa di giudizio per le stesse accuse, ci sono anche due giovani di 24 e 27 anni rispettivamente. Ad un 53enne, anche lui coinvolto nel delitto, sono stati invece concessi gli arresti domiciliari a causa del suo precario stato di salute.
La vittima del sequestro è un imprenditore di 58 anni di origine italiana, rapito il 6 maggio 2009 nel settore Campo Lindo, municipio Cabimas, stato Zulia. 
Secondo la ricostruzione della vicenda, William Zárrag, accompagnato dai due giovani oggi in attesa di giudizio, si presentarono armati nell'impresa del connazionale con la scusa di cercare lavoro. Immediatamente chiusero il personale presente in un bagno e obbligarono l'imprenditore a salire sul suo furgoncino, che poche ore dopo veniva ritrovato abbandonato dagli investigatori del Cicpc. Il connazionale venne liberato il 17 giugno dello stesso anno dagli agenti del Cicpc.

venerdì 21 dicembre 2012

'Centri italo' classisti: più che sodalizi, club d'elite


Di Monica Vistali (mensile Nexus - settembre) - In pochi anni, tra momenti di stasi e grandi ondate migratorie, la comunità italiana è diventata una tra le più grandi del Venezuela. Oltre che per la sua superiorità numerica, la nostra si distingue per essere una tra le Collettività italiane più organizzate al mondo, con una trentina di sodalizi sparsi in tutto il territorio nazionale.
Purtroppo non è tutto oro quel che luccica. I Centri italo-venezuelani e le Case d’Italia, che nei sogni dei loro fondatori dovevano essere luoghi di riunione per tutti gli italiani ed espressione di una collettività multiclassista, si sono trasformati nel tempo in ‘ghetti sociali’ a cui - per ragioni economiche - può accedere solo una piccola fetta della nostra comunità: quella che costituisce la classe medio/alta e che dispone delle risorse economiche sufficienti per acquistare un’azione e coprire le spese mensili che questa rappresenta. Inoltre, le facilitazioni create per favorire l'accesso ai nostri club alle nuove generazioni (che insieme agli anziani sono le fasce più castigate), sono dirette esclusivamente ai figli e alle figlie dei soci-proprietari, e rafforzano quindi la struttura classista che caratterizza i sodalizi.
Ma i nostri centri dovrebbero distinguersi dai circoli esclusivi e dalle associazioni d’elité: dovrebbero essere punti di riferimento culturale e di conservazione dell'italianità, aperti al maggior numero di persone possibile per permettere la più ampia promozione della nostra lingua, della nostra arte, dei nostri prodotti. Insomma, della nostra cultura. Questa dovrebbe essere la loro filosofia, il loro scopo, il loro valore aggiunto. Dovrebbe esserlo soprattutto nell'attuale congiuntura storica, con le nuove generazioni che stanno perdendo i legami con la loro terra d'origine e con l'Italia che attraversa una grave crisi economica, alla cui soluzione contribuirebbe certamente la promozione del made in Italy all'estero.
Ma come raggiungere quest’obiettivo se non abbattendo le discriminanti barriere economiche d'accesso che acutizzano ogni giorno di più il profilo elitario dei nostri sodalizi? Come rendere giustizia alla mission dei nostri club se non adottando una struttura solidaria basata sull'accettazione e orientata all'apertura?

1964: nasce il primo Civ

Civ Guayana
Dagli anni Trenta agli anni Sessanta, gli italiani in Venezuela si sono moltiplicati fino a raggiungere un numero fino a quel momento impensabile per i fondatori della prima “Casa d’Italia”. Il vecchio sodalizio - così piccolo da essere paragonato dall’artista Giorgio Gori ad un barattolo “per uomini-sardina” - inizia a non rispondere più alle esigenze di una collettività in espansione sia dal punto di vista demografico che sotto un’ottica economica, con bisogni ed interessi diversi rispetto a quelli della vecchia elité di pionieri, una sorta di 'borghesia illuminata' interessata ai soldi e alle belle arti. Ma la “Casa d’Italia”, quando nel 1958 è obbligata a lasciare la sua sede a Los Caobos perché espropriata dal governo, opta ancora una volta per un edificio di dimensioni relativamente ridotte, quello attuale lungo la Avenida Urdaneta di Caracas.
I nuovi arrivati, a cui non è permesso accedere alla “Casa d’Italia”, decidono quindi di creare uno spazio parallelo e più in sintonia con i loro gusti e le loro necessità: un po’ meno cultura, quindi, ma più aree per le attività ricreazionali e tanto spazio verde per lo sport. Un luogo di riunione e di svago aperto a tutti, multiclassista, dove ritrovarsi tra compaesani e respirare un po’ di aria di casa, consolidando contemporaneamente i vincoli tra il Paese di origine e quello di accoglienza. Insomma: un centro italo-venezuelano.
Il “Centro Italo-Venezolano” di Caracas, il primo nel suo genere, nasce il 26 marzo 1964 a Prados del Este, al tempo una zona appartata dalla città, in uno spazio aperto che permette sin dall'inizio l'ampliamento della struttura e quindi la possibilità di accogliere un sempre più grande numero di connazionali.
Una volta innalzato l’edificio sede, la prima preoccupazione dei fondatori è la realizzazione dei campi sportivi e delle piscine, ma nel tempo vengono costruiti giardini, piazze, statue, terrazze, ristoranti, palestre cui si aggiungono l’edicola, il parrucchiere, il minimarket, l’ambulatorio, la biblioteca, la piccola cappella. Al suo interno si organizzano eventi di ogni genere - tornei, feste regionali, incontri di solidarietà, spettacoli - e si offre ai soci la possibilità di frequentare corsi di italiano, di teatro, di sport.
L’entusiasmo per l’iniziativa è tale che sulla scia del pioniere capitolino in poco tempo si moltiplicano i sodalizi italiani sul territorio: nel 1965 nasce la “Casa d’Italia” di Maracay, due anni dopo il “Club Italovenezuelano” di Barinas, nel ’70 la “Casa d’Italia” di Maracaibo. Un proliferare continuo che arriva sino ai nostri giorni: oggi si contano infatti 30 sodalizi sparsi in tutto il Venezuela, dai grandi centri urbani quali Merida, Valencia, Puerto Ordaz, Barquisimeto e Puerto Cabello fino alle piccole città come Cagua, Los Teques, San Felipe, Ciudad Ojeda, Carupano, Upata. Una realtà unica non solo in America latina, ma nel resto del mondo.

Quali italiani?
Nei Centri italo si celebrano concorsi di bellezza
Oggi il Civ di Caracas si erge maestoso sulla cima di una collina, ritagliando i suoi eventi di lusso e le sue cerimonie sullo sfondo di un agglomerato urbano ed umano che si snoda polveroso tra baracche fatiscenti e mercati improvvisati: il barrio (zona popolare) di Santa Cruz. Le sue piscine olimpioniche e le sue aiuole ben rifinite, così come gli appassionati del tennis ed i camerieri eleganti che serpeggiano tra i tavoli durante le cene di gala organizzate dal club, si stagliano in una cornice di casette di mattoni ed umili bodegas, con venditori ambulanti dalle merci colorate, motociclette rumorose, ragazzi che si canzonano per strada con la canotta sulla spalla. Il contrasto tra le due colline è netto. Ma quanti cognomi italiani non oltrepassano quella strada poco illuminata che separa l’“Italo”, come viene chiamato il Civ dai più affezionati, dal barrio?
Nei fatti, oggi il “Centro Italiano Venezolano” di Caracas aggrega solo una fetta della nostra comunità: un target ben delineato che non si mescola con quel 15 per cento (e forse più) di italiani che vivono nei quartieri umili di Petare, zona tra le più degradate e pericolose della capitale ma anche parroquia con la percentuale più alta di connazionali secondo il censo pubblicato dall’Instituto Nacional de Estadìsticas nel 2005. A frequentare l’“Italo”, quindi, sono principalmente gli italiani e gli italo-venezolani più fortunati: quelli che, secondo il ministero degli Esteri, controllano un terzo di tutte le industrie locali, escludendo naturalmente quelle collegate al settore petrolifero.
Le ragioni di questa chiusura, prettamente di natura economica, sono facili da illustrare: per avere accesso al Civ di Caracas è necessario essere soci-proprietari del club - ossia acquistare un’azione il cui costo oscilla tra i 55 e i 60 mila bolivares, cui si deve sommare una tassa di 18 mila bolivares - e pagare mensilmente una quota di 530 Bsf più Iva, cui si aggiungono puntuali le ‘quote straordinarie’ per eventi, riparazioni o miglioramenti del club che sorpassano le possibilità economiche dello stesso. Quote-extra destinate a spese speciali che possono trasformarsi anche in permanenti, come accadde in passato. Una volta soci, poi, è naturale iscriversi a qualche corso: e via con altre spese.
Le stesse condizioni si ripresentano prendendo in considerazione gli altri sodalizi: il “Centro Social Italo Venezolano de Merida” richiede un’azione da 50 mila BsF e 15 quote annuali da 168 BsF l’una; il “Centro Italo Venezolano del Táchira”, a San Cristobal, pretende un’azione di 35 mila BsF e 260 BsF mensili; il “Centro Social Italo Venezolano de Valencia” un’azione da 50 mila BsF e una quota di 388 BsF al mese; la “Casa d’Italia” di Maracay un’azione da 45 mila BsF e circa 300 BsF mensili.
Queste cifre rappresentano un ostacolo insormontabile per i connazionali meno abbienti: oggi, in Venezuela, lo stipendio minimo è di 1.780 bolivares e servirebbero quindi, prendendo l’esempio del Civ di Caracas, ben 41 stipendi completi per comprare un’azione ed ogni mese quasi un terzo del salario per coprire le quote. Volenti o nolenti, c’è una barriera fissa. E a causa di questa i meno fortunati devono accontentarsi di guardare dal basso le siepi fiorite, i salon de fiesta e le infrastrutture sportive che, si sognava un tempo, dovevano essere accessibili a tutti gli italiani del Venezuela.
- A frequentare i nostri club sono principalmente famiglie di classe medio-alta - ammette Mariano Palazzo, ex presidente della Casa d'Italia di Maracay ed oggi presidente di Faiv, la federazione che aggrega tutte le associazioni italo-venezuelane - perché sono pochi quelli che possono far fronte alle spese.
Una realtà confermata dai responsabili dei club di Merida, di Valencia, di Caracas... i quali ci tengono però a sottolineare come in caso di necessità si permetta il pagamento dilazionato dell'azione, con rate fino a 18 o 24 mesi. Come se questo bastasse.
Pionieri e nuove generazioni
Se dai nostri club sono di fatto escluse le famiglie con entrate minime o poco superiori al minimo, anche per quanto riguarda la classe media l’accesso ai sodalizi è nei fatti proibitivo e le fasce più castigate sono i giovani ed i pensionati.
I primi perché non ricevono uno stipendio che permetta loro di affrontare l’aquisto di un’azione e la spesa mensile che questa rappresenta e, se hanno la fortuna di riceverlo, hanno - e come dargli torto - altre priorità: una casa, un’automobile, un fondo di risparmi per assicurarsi un futuro. Tutto questo se ancora non hanno formato una nucleo famigliare e non sono chiamati a rispondere alle grandi spese che implica l’arrivo di un figlio. I secondi, invece, perché con una pensione si possono fare solo miracoli. E questi non comprendono i costi di gestione dell'azione di un club.
I nostri sodalizi si dimenticano quindi non solo di chi ha avuto meno fortuna e che andrebbe comunque messo in condizione di accedere ai centri, ma si dimenticano anche del “futuro” della nostra Collettività e, quel che è più grave, del "passato".
Ma i giovani non sono tutti uguali. E, paradossalmente, i più avvantaggiati nel sistema di accesso sono proprio quelli delle famiglie accomodate già proprietarie di un'azione. Maggiorenni che, conclusi gli studi, non rientrano più nel nucleo famigliare del socio e perdono quindi la possibilità di accedere al sodalizio.
Al "CSIV" di Valencia i figli dei soci hanno la possibilità di comprare azioni speciali con uno sconto del 50%, acquisendo in questo modo quasi tutti i diritti del socio regolare (non possono accedere alla carica di Presidente del club e non possono invitare al sodalizio i non-soci, con l’eccezione del fidanzato/a) mentre alla “Casa d’Italia” di Maracay, oltre alla figura amministrativa dell’azione "figlio di socio" (acquisto con il 50% di sconto da pagare anche a rate, ma con una clausula che obbliga all’acquisto di un’azione regolare nel caso che il genitore venda l’azione) è stata creata anche l’opzione “affiliazione del primogenito" (o "del parente immediato") che permette l’acquisto di una azione speciale al prezzo stracciato di 1000 BsF, che però non contempla il diritto di voto alle assemblee né la possibilità di assumere cariche dirigenziali.
È quindi vero che sono state create facilitazioni per favorire alle nuove generazioni l'accesso ai nostri club. Ma si tratta di facilitazioni che, essendo dirette esclusivamente ai figli e alle figlie dei soci-proprietari, ripropongono la struttura classista che caratterizza la maggioranza dei sodalizi.
Ma i nostri Centri Italo Venezuelani, le nostre Case d’Italia, non dovevano essere luoghi di riunione per tutti gli italiani? Il Civ di Caracas, nei sogni del suo fondatore Lorenzo Tomassi, non doveva essere espressione di una Collettività multiclassista?

Solidarietà: elemosina o apertura?
I nostri club non hanno dimenticato in toto i connazionali meno fortunati. Al loro interno si realizzano infatti eventi puntuali di solidarietà finalizzati alla raccolta di denaro da destinare ai bisognosi, oriundi spesso anziani e malati che ogni mese fanno la fila allo sportello dell'assistenza sociale del Consolato per le medicine o che, nella capitale, un giorno alla settimana trovano un piatto caldo grazie alla ammirevole missione portata avanti da un gruppo di signore italiane nella Chiesa "Nostra Signora di Pompei".
Si promuovono anche iniziative solidali dirette alle persone di umile estrazione sociale che vivono nelle zone circostanti. Nel suo giorno di chiusura, per esempio, il Civ di Caracas concede gratuitamente ai bambini di Santa Cruz l'utilizzo di alcune istallazioni e, stando a quanto dichiarato dall'attuale presidente Pietro Caschetta, sono state attivate con il Consejo comunal strategie di reciproca collaborazione: il Consejo comunal si impegna a controllare che alcuni malintenzionati non violino le entrate del Centro e quest'ultimo fornisce assistenza materiale in caso di bisogno (durante l'epoca delle alluvioni sono state fornite buone quantità di cemento per la ricostruzione e messi a disposizione alcuni macchinari). Inoltre, si accettano nelle squadre sportive gli atleti più meritevoli della zona, a titolo gratuito. Iniziativa, quest'ultima, che ha suscitato non pochi atteggiamenti discriminatori e razzisti in alcuni soci, racconta Caschetta.
Il "Centro Italo Venezolano del Táchira", dal canto suo, affitta le sue piscine al Comune, che a costo zero le mette a disposizione ad anziani e bambini.
Si tratta innegabilmente di azioni lodevoli, che però sono molto rare, puntuali, e in alcun modo abbattono la rigida impostazione esclusiva che caratterizza i nostri club. Se non accompagnate da un cambio radicale nella filosofia e nella gestione dei sodalizi, queste iniziative rischiano di rappresentare sporadica elemosina, non una struttura solidaria basata sull'accettazione e orientata all'apertura dei nostri club.

Club d'elité
Sport in un Civ
Nei nostri centri aggregativi, gli italiani hanno la possibilità d’incontrarsi l’un l’altro in un luogo elegante e tranquillo ma, soprattutto, sicuro.
Come spiegava tempo fa alla ‘Voce’ un socio di vecchia data del Civ capitolino, Angelo Cristillo, all'"Italo" si può “passeggiare sereni senza doversi guardare alle spalle”. E l’amico Alessandro Sansone annuiva, confermando che lì “si cammina tranquilli, mentre in strada è una giungla”.
E così, paralizzati dal pericolo delle rapine e dei sequestri di cui spesso sono vittime, gli italiani finiscono per rinchiudersi sempre più in queste campane dorate che sono i nostri centri, con la convinzione che “qui in Venezuela la tua vita è un diamante che non puoi indossare e non sai dove nascondere. Nell’“Italo”, invece, puoi dare gas a quella Cadilac che per strada non puoi usare. Perchè fuori, il Latinoamerica è e resta sempre il Latinoamerica, come chiosava un altro socio con forte accento campano.
La generale sicurezza che offrono i sodalizi italiani è una delle principali ragioni che spinge i soci a frequentare regolarmente i club, ma il vero punto di forza è lo sport. Nella maggior parte dei casi, infatti, i nostri centri offrono invidiabili strutture sportive per il nuoto, il calcio, il tennis, il karate, la ginnastica e tanto altro ancora. Ci sono poi i “Giochi Sportivi Nazionali” organizzati da Faiv, cui partecipano dai tre ai quattro mila atleti (se a questi sommiamo parenti, amici e conoscenti arriviamo anche a dieci mila persone in una sola città, dato che converte l’evento in una delle più importanti manifestazioni sportive del Paese).
Ma un discreto livello di vigilanza e buone istallazioni per lo sport - da pagare a caro prezzo, come abbiamo visto - non dovrebbero essere il principale polo attrattivo dei centri italo-venezuelani. Per questo ci sono l'"Altamira tennis club" capitolino e i "Country Club" sparsi in tutto il Venezuela. I nostri sodalizi dovrebbero essere soprattutto importanti punti di riferimento culturale e di conservazione dell'italianità, aperti al maggior numero di persone possibile (italiani e stranieri) per permettere la più ampia promozione della nostra lingua, della nostra arte, dei nostri prodotti. Insomma, della nostra cultura. Questa dovrebbe essere la loro filosofia, il loro scopo, il loro valore aggiunto. Dovrebbe esserlo soprattutto nell'attuale congiuntura storica, con le nuove generazioni che stanno perdendo i legami con la loro terra d'origine e con l'Italia che attraversa una grave crisi economica, alla cui soluzione contribuirebbe certamente la promozione del made in Italy all'estero.
Ma come raggiungere questi obiettivi se non abbattendo le discriminanti barriere economiche d'accesso che acutizzano sempre di più un sistema decisamente elitario e che rischiano di trasformare i nostri sodalizi in 'ghetti' sociali?
Non c’è Giunta Direttiva che, al momento di proporre la propria candidatura, non manifesti l’intenzione di trovare soluzioni eque che permettano di aprire i nostri centri alla Collettività. Promesse, sempre promesse. Al dunque, però, il panorama non cambia. Migliorando ed ampliandosi nel tempo, i nostri sodalizi sono diventati dei 'giganti' difficili da mantenere; luoghi accessibili esclusivamente ad una classe sociale medio-alta, l'unica con le possibilità di sostenere costi che crescono giorno dopo giorno e che sopratutto oggi - a 'boom petrolifero' concluso - incidono non perifericamente nell’economia delle famiglie.
Certamente per i club le spese sono aumentate, per le necessità di mantenimento di spazi sempre più ampli ma anche per quella che Mariano Palazzo chiama la "pressione riguardo alla manodopera": il riconoscimento, da parte del governo venezuelano, dei diritti dei lavoratori ha fatto sì che i nostri sodalizi abbiano dovuto mettere in regola giardinieri, camerieri, personale amministrativo, addetti alla sicurezza e alla pulizia. "Prima non c'era tutta questa struttura di riconoscimento e quindi non spendevamo tanto" spiega Palazzo, raccontando che molti impiegati erano in nero e non avevano le garanzie economiche di cui godono oggi.
Un aumento delle spese, soprattutto se unito ad una cattiva gestione, significa com'è ovvio un aumento dei costi per i soci e quindi un rafforzamento del carattere elitario dei centri. Ma, per esempio, il "Centro Social Italo Venezolano de Valencia" ha recentemente investito 5,5 milioni di bolivares per sua la piscina e speso 1 milione per innalzare una 'Piazza dell'emigrante'. Idea interessante, quest'ultima, ma che da sola sarebbe bastata a pagare l'azione del club a 20 connazionali. Un omaggio all'immigrazione italiana forse più valioso.

Una questione di volontà
La conversione dei nostri sodalizi in club esclusivi è una realtà che rischia di diventare immutabile se non si realizza un radicale cambio di rotta nella visione e nella mission dei nostri centri. È una questione di volontà, dobbiamo scegliere.
Vogliamo che i nostri sodalizi restino strutture di lusso per pochi opulenti o vogliamo provare ad aprirci a tutti i connazionali?
Riteniamo più giusto - e più urgente - dare spazio a venezuelani, cinesi, portoghesi ed arabi dal portafoglio gonfio che si rivolgono a noi attratti dalle nostre belle piscine (quando il "Country Club" di Maracay ha chiuso i battenti, i vecchi soci si sono riversati in massa alla "Casa d'Italia") o permettere l'ingresso anche agli italiani più umili a cui, magari, piacerebbe frequentare le biblioteche con i volumi nella lingua di Dante, godere di un concerto di musica napoletana o di una commedia di Goldoni?
Siamo coscienti dell'importanza che assumerebbe, per la promozione della nostra lingua e della nostra cultura, l'apertura dei Civ e delle Case d'Italia ai tanti alunni venezuelani che studiano l'italiano? La promozione e l'accesso ai materiali e agli eventi culturali?
Un'apertura in questo senso non significherebbe necessariamente un'offerta più modesta da parte dei nostri club. Abbattere i costi d'accesso aumenterebbe infatti il numero di soci mantenendo invariate le entrate nelle casse gestite dai tesorieri. Mettere a disposizione gratuitamente le biblioteche e permettere l'entrata libera a tutti gli eventi culturali, migliorerebbe certamente la nostra immagine e renderebbe giustizia all'obiettivo che i sodalizi dicono di proporsi: essere luoghi aperti a tutti gli italiani.
Il cammino sarà pieno di ostacoli, perché all'interno della cosiddetta 'Collettività organizzata' la disponibilità al cambiamento sembra essersi atrofizzata e il profilo classista palesato nel tempo dai nostri centri aggregativi - ma anche dalle nostre scuole - ha rafforzato nelle seconde e terze generazioni una tendenza reazionaria e conservatrice. I giovani hanno potuto accedere ai club e agli istituti italiani solo grazie al denaro dei loro genitori, denaro che si fatto simbolo di potere, di uno status che proprio nell'appartenenza ai nostri sodalizi ha la possibilità di rivelarsi. Perché, si chiedono in molti, abbandonare una realtà che mi ha sempre favorito?
Ma non dimentichiamo che siamo stati capaci, grazie alla determinazione di cui tanto andiamo orgogliosi, di creare una rete di centri italiani maestosi, unica nel mondo. Come ieri, anche oggi tutto dipende dalla nostra volontà. Vogliamo davvero l'apertura dei nostri club alla Collettività? O la consideriamo una 'caduta di stile'? Qual è il nostro obiettivo? Il dibattito è aperto.

Dalla 'Voce d'Italia' a 'Telesur', ora uno sguardo sull'America latina

CARACAS - Dalla Voce d'Italia (voce.com.ve) a Telesur (telesurtv.net) è una bella svolta, un'apertura, una possibilità. Un cambiamento radicale che da oggi si rifletterà anche su questo blog. Meno italo-venezuelani, meno scontri personali, meno informazione troppe volte diretta ad un piccolo circolo. Senza abbandonare completamente il mondo degli italiani all'estero - sempre ricco di sorprese, tante negative - ora cercherò, ogni giorno, di postare piccoli elementi per fare un po' il punto della situazione in questo subcontinente affascinante: l'America latina.

lunedì 3 dicembre 2012

Codazzi, verso una scuola mista?

Riunione a porte chiuse per tentare di risolvere i problemi della storica scuola italiana. Consolato deciso ad aiutare economicamente l'Istituto privato che già gode dei contributi statali. Sollecitata la creazione di un Consiglio d’Istituto. Ancora nessun accordo sulle tariffe scolastiche. Assente presidente della Giunta.

 

CARACAS (29/11/2012) – Urla e rimproveri in soffitta a favore di un nuovo clima di collaborazione nella scuola italiana A. Codazzi, dove oggi le parti interessate si sono nuovamente incontrate per cercare una soluzione all’impasse creatosi dopo il rincaro delle tariffe scolastiche deciso dalla Giunta direttiva per salvare l’Istituto privato dalla bancarotta. Si è affrontato anche il tema della sostenibilità a lungo termine: l’idea è quella di trasformare la scuola italiana in una scuola mista.
- Finalmente c’è un clima nuovo - dice il Console generale Giovanni Davoli alla ‘Voce’ - e ci si parla con toni pacati. Una assoluta novità, se pensiamo all’atmosfera che si respirava all’ultima riunione...
All’incontro erano presenti il preside Gianfranco Incerpi, il vicepresidente della Giunta Giudo Brigli, la seconda vicepresidente Gladys Borgazzi, il Console Davoli e un ristretto gruppo di genitori a rappresentanza delle famiglie degli studenti. Ancora una volta assente Adriano Giovenco, che sembrerebbe non voler assumere le proprie responsabilità di Presidente della Giunta direttiva della scuola. Assente, non per volontà propria, anche la stampa, a cui non è stato permesso assistere alla riunione.
Un incontro a porte chiuse, quindi, nonostante le sorti della storica Codazzi riguardino un po’ tutta la collettività italiana in Venezuela e anche i nostri concittadini in Italia, che con le loro tasse hanno permesso negli anni di finanziare la scuola ed oggi, sembra, dovranno mettere ancora mano al portafogli. Infatti, stando a quanto dichiarato dal suo rappresentante, il Consolato “vuole dare un contributo”, anche ancora “non si sa bene in che forma”. L’idea avanzata durante l’ultima riunione era quella di borse di studio per gli studenti: si pensava di portare le quote mensili da 1.830 bolivares a 2.900, invece che a 3.500 come chiesto dalla Giunta, e di aiutare le famiglie che non riescono a pagare più della vecchia quota. Questo significherebbe che nonostante il momento di crisi economica, le difficoltà di numerosi connazionali anziani e malati e il fatto che la Codazzi sia un Istituto privato, il nostro Governo, attraverso il Consolato, riserverà parte delle risorse disponibili - denaro dei cittadini italiani che pagano le tasse - per sostenere la scuola.
Il Console si è detto soddisfatto dall’esito della riunione anche se, in realtà, nulla è stato deciso e non si è ancora arrivati ad una soluzione che faccia contenti tutti. Sul fronte tariffe, ancora nulla di fatto. “Continueremo a riunirci finché non troveremo una ‘retta condivisa’” dichiara il Console.
Il diplomatico ha spronato la direzione a creare un Consiglio d’Istituto.
- Ci siamo resi conto che quelli che affrontiamo in questo momento sono gli stessi problemi che in Italia si discutono e si risolvono in sede di Consiglio d’Istituto - spiega Davoli -. Inoltre ad un Consiglio potrebbero partecipare anche i docenti e il personale della scuola, che noi vogliamo coinvolgere.
Per quanto riguarda la sostenibilità economica a lungo termine: l’idea è quella di trasformare la scuola italiana in una scuola mista sull’esempio della venezuelano-tedesca Humbolt di Caracas. L’idea, sembra, è quella di avere più studenti e quindi più entrate. Il Console, a questo proposito, si è impegnato a proporre un accordo al governo venezuelano.
Nella prossima riunione, giovedì prossimo, si tratterà con cifre alla mano e in modo approfondito il tema spinoso delle finanze. Da ricordare che nell’incontro scorso il Comitato dei genitori ha avanzato dubbi sulla giusta amministrazione economica della scuola, sostenendo che i conti presentati dalla Giunta non sono trasparenti e che i numeri – quantità di alunni, morosità, stipendi, spese – sono falsi. A questo proposito ha costruito un contro-bilancio dal quale si evince l’inesistenza di una situazione di passivo economico, senza peraltro prendere in considerazione il finanziamento proveniente dal governo italiano (in diminuzione, dai 140 mila euro del 2007 ai 17 mila dell’anno scorso).
Monica Vistali

martedì 27 novembre 2012

Rinnovo Comites, passa l'odg ma è guerra tra i partiti

Porta (Pd): "Merlo non c'è mai in Parlamento e quando viene sbaglia a votare". Merlo (Maie): "Quelli del Pd avevano votato contro, ora cercano di rimediare con un odg"

CARACAS (23/11/2012) – L’assemblea della Camera ha approvato un ordine del giorno del Pd relativo alle politiche per gli italiani all’estero, in occasione delle votazioni legate alla legge di stabilità per il 2013. Questo nonostante il parere contrario del Governo (con il sottosegretario Gianfranco Polillo) su un punto qualificante riguardante il rinnovo dei Comites.
Nell’odg firmato da Fabio Porta (Pd, America meridionale), si è chiesto al Governo di integrare, in occasione dei prossimi provvedimenti sulla crescita e dell’assestamento del bilancio le risorse da destinare
  • alla promozione della lingua e della cultura italiana all’estero,
  • agli interventi di solidarietà a favore dei connazionali in condizioni di bisogno
  • e al ripristino nel bilancio triennale delle voci per il rinnovo di COMITES e CGIE, inspiegabilmente soppresse.
Il governo aveva chiesto una riformulazione (l’eliminazione del terzo punto) che non è stata accolta dal presentatore. Una volta sottoposto a votazione, l’odg completo è passato con 219 voti a favore, 204 contrari, 6 astenuti. Hanno dato luce verde il gruppo del Pd e quello della Lega; contro i gruppi del PDL, dell’Italia dei Valori, dell’UDC, compreso il rappresentante del MAIE che ne fa parte.
- Dispiace - affermano i deputati eletti dall'estero del Pd (Porta, Bucchino, Farina, Fedi, Garavini, Narducci)
- che in un passaggio così importante il PD abbia dovuto fare da solo, senza il supporto delle forze che a parole dicono di avere un’attenzione speciale per questo mondo e che nei fatti non sempre sono coerenti con le parole e con la propaganda.
Ricardo Merlo, fondatore e presidente del MAIE, attraverso il quotidiano on line ‘ItaliaChiamaItalia’ ha spiegato di aver votato “in modo automatico” e di non essersi “reso conto” di aver votato contro il rinnovo dei Comites:
- Non me ne sono reso conto, si votava quasi in modo automatico un odg dopo l’altro. Quando ho visto che quell’ordine del giorno era a favore dei Comites e del Cgie - spiega - sono sceso subito dagli stenografi della Camera e ho chiesto di mettere a verbale che avevo sbagliato a votare e che naturalmente ero completamente d’accordo con l’odg proposto dall’On. Fabio Porta. È stato un errore, ho messo a verbale che mi sono sbagliato.
L’odg impegna il governo "a considerare l'opportunità, in occasione dei prossimi provvedimenti finalizzati alla crescita e delle misure di assestamento finanziario che si succederanno nel corso del 2013, di rafforzare le dotazioni degli interventi destinati a promuovere la cultura e la lingua italiana nel mondo, che ha registrato una preoccupante regressione di corsi e di utenti a seguito dei tagli di oltre i due terzi delle risorse a questo scopo destinate all'inizio di questa legislatura; di consentire la copertura degli interventi di solidarietà per i nostri connazionali, soprattutto anziani, in condizioni di bisogno che vivono in aree attraversate da difficoltà di ordine economico-sociale; di ripristinare le voci relative alle operazioni elettorali riguardanti i Comites e il Cgie, inspiegabilmente soppresse nonostante la legge di rinvio preveda il rinnovo entro il 2014".
M.V. (La Voce d'Italia)


CARACAS (26/11/2012) – Il nostro il ‘sì’ al rinvio del rinnovo dei Comites era all'interno di un ‘sì’ ad un decreto legge del governo che riguardava anche altre voci. Il Maie fece una vergognosa e demagogica campagna denigratoria contro di noi in quell'occasione e adesso cerca di giustificare la propria inspiegabile posizione...”.
Così Fabio Porta (Pd, America meridionale) risponde al Maie, che accusa il Partito Democratico di aver votato in una occasione passata a favore del rinvio delle elezioni di Comites e Cgie, per poi proporre e far approvare la settimana scorsa alla Camera un odg che, tra le altre cose, impegna il governo a “ripristinare le voci relative alle operazioni elettorali riguardanti i Comites e il Cgie”. Odg che è passato ma a cui tutti, a parte appunto il Pd e la Lega Nord, hanno votato ‘no’, compreso il Maie. Riccardo Merlo, fondatore e presidente del movimento, ha spiegato di aver votato “in modo automatico” e di non essersi “reso conto” di aver votato contro il rinnovo dei Comites.
- Merlo - dichiara Porta - non si vede mai in Parlamento (70% assenze) e quando viene... sbaglia a votare!? ‘Ma mi faccia il piacere’, direbbe Totò...
Si legge sul quotidiano on line ‘Italia chiama Italia’ diretto da Ricky Filosa, Coordinatore Maie per il Centro America:
- La verità? Quelli del Pd prima hanno votato a favore del rinvio di Comites e Cgie, e ora con un odg cercano di rimediare. Ma un odg serve a poco o nulla. (...) Con questo odg gli esponenti democratici non fanno altro che vendere fumo. Il Maie non potrebbe mai votare contro gli interessi degli italiani nel mondo.
E se il Maie accusa il Pd, il Pd risponde.
- E comunque, una cosa è la proroga delle elezioni - precisa Porta - un'altra il ‘no’ ad una richiesta di più fondi per assistenza e lingua e cultura unitamente alla richiesta di ripristino del capitolo sul voto di Comites e Cgie....
Una riflessione sulla posizione del Pdl, invece, Porta l’ha fatta a luglio, dopo aver votato con il suo gruppo (tranne Bucchino) a favore del rinvio delle elezioni di Comites e Cgie.
- Ho dormito bene la notte e non ho provato nessun imbarazzo in Parlamento nel corso della discussione e delle votazioni in commissione ed in aula relative al rinvio delle elezioni dei Comites e del Cgie. Assicuro che vrei provato un imbarazzo immenso se, per più di tre anni, avessi sostenuto e votato a favore di tutti i provvedimenti del governo Berlusconi, compreso quelli che hanno falcidiato e umiliato gli italiani all’estero. Oppure se avessi sempre difeso e sostenuto l’inutilità di questi enti, arrivando anche a proporne la soppressione. O ancora se avessi presentato emendamenti relativi al decreto di rinvio delle elezioni di Comites e Cgie e se poi non mi fossi nemmeno presentato in Commissione Affari Esteri quando questi stessi emendamenti venivano discussi e votati. Ebbene, così si è comportato il deputato del PDL Guglielmo Picchi, che insieme al collega Amato Berardi ha votato contro il rinvio delle elezioni dei Comites e del Cgie, organismi che probabilmente poco conoscono e frequentano.
In questa stessa occasione, su Riccardo Merlo affermava:
- Gli italiani nel mondo si difendono tutti i giorni in Parlamento e non con l’ipocrisia di un voto inutile e isolato. Se fossi il Responsabile italiani nel mondo di un gruppo parlamentare al quale ho aderito (pur non essendo stato eletto in quelle liste), che poi non mi seguisse in quel voto, confermerei la totale inutilità di tale individuale posizione. Inoltre il mio amico Riccardo Merlo non ha nemmeno provato a presentare un emendamento migliorativo del decreto e ha pensato di salvare con il suo voto isolato quattro anni di anonima presenza in Parlamento.
M.V. (La Voce d'Italia)

venerdì 23 novembre 2012

Il 'Sistema' a lezione di barocco dai 'Solisti Veneti', poi il concerto

CARACAS - Una master class mattutina con i ragazzi e le ragazze della Fundación Musical Simón Bolívar e un concerto gratuito di musica barocca nel pomeriggio, nella sala Simón Bolívar del ‘Centro de Acción Social por la Música’ di Caracas. Questo il programma di domani dell’orchestra da camera italiana “I solisti veneti”, in Venezuela grazie all’impegno dell’Ambasciata italiana e dell’Istituto italiano di Cultura, la collaborazione di Fesnojiv e il patrocinio del Ministero della Cultura e delle imprese Trevi e Vinccler.
La storica orchestra fondata e diretta dal Maestro Claudio Scimone si esibirà in un concerto di due ore dal titolo “Virtuosismo e melodia della musica italiana”. Risuoneranno brani dei compositori Tomaso Albinone, Antonio Vivaldi, Niccolo Paganini, Giovani Botessini, Gioachino Rossini e Jean Batiste Arbán.
L’inizio del concerto è fissato per le ore 17. L’ingresso è libero. I biglietti d’entrata possono essere ritirati allo sportello lo stesso giorno della funzione fino ad un’ora prima del concerto. Non è possibile riservare i biglietti, che saranno consegnati fino all’esaurimento dei posti disponibili. Il ‘Centro Nacional de Acción Social por la Música’ si trova lungo il Boulevard Amador Bendayán, Quebrada Honda (davanti alla ‘Casa del Artista’), Caracas.

Il Maestro Claudio Scimone
Vivaldi, primo promotore del ‘Sistema’
Al centro della lezione magistrale dettata agli alunni del ‘Sistema’ di orchestre infantili e giovanili venezuelane, ci sarà la musica di Antonio Vivaldi, esponente di spicco del tardo barocco veneziano.
Il Maestro Scimone, in una videoconferenza per la stampa, ha spiegato che l’obiettivo è quello di far capire ai giovani musicisti come il grande compositore sia molto legato al mondo dell’opera e la sua sia una musica vivace, ricca di contrasti ed effetti, e sia quindi necessario “suonare non lo scheletro di Vivaldi ma il suo essere vivo”.
- La musica di Vivaldi deve stupire con la vivacità dei colori veneziani di Tiepolo e Tintoretto ma avere la architettura solida di Palladio - ha dichiarato il Maestro -. L’importante è comunicare lo spirito veneziano che consiste nel saper trasmettere in modo semplice contenuti profondi di grande valore.
Vivaldi, ha spiegato ancora Scimone, è anche il primo ad aver creato una struttura simile al ‘Sistema’ del Maestro Abreu (modello didattico-musicale che vede nella musica come pratica collettiva una possibilità di riscatto sociale per l’individuo e la comunità). Nel ‘Pio Ospedale della Pietà’ dove Vivaldi lavorava, infatti, le orfanelle veneziane e le bambine provenienti da famiglie molto povere ricevevano un’educazione musicale tale da essere considerate tra i musicisti più virtuosi dell’epoca, ammirate da Mozart e Jean-Jacques Rousseau. Per queste bambine e adolescenti, che mescolavano abilmente rigorosità tecnica e vivace freschezza, Vivaldi scrisse numerose composizioni strumentali.
Scimone si è detto convinto che, nel giro di un decennio, anche nella Penisola si applicherà il modello educativo-musicale di stampo venezuelano. Rispondendo ad una domanda della ‘Voce’ e definendosi un guerriero in prima linea nella lotta per la diffusione del modello Abreu in Italia, ha poi dichiarato:
- Nessuna attività educativa è più importante della musica, il Venezuela lo ha dismostrato, e oggi nel nostro Paese ci sono alcuni gruppi ben organizzati che si rifanno al ‘Sistema’ venezuelano. La difficoltà è portare la musica nelle scuole, perché questo significa dover modificare l’attuale sistema legislativo italiano, molto rigido, e cambiare l’utilizzo del tempo libero dei nostri bambini, sempre più scarso.
La lezione ai ragazzi del ‘Sistema’ consistirà in due ore di preparazione e mezz’ora di esecuzione.

Note antiche per un pubblico moderno
Obiettivo del concerto “Virtuosismo e melodia della musica italiana” è trasmettere l’essenza dello spirito veneziano, quel perfetto mix di bravura tecnica ed espressione che ha trovato nell’epoca barocca uno dei suoi momenti più eccelsi.
- Quello della controriforma è stato un periodo drammatico e censore, i musicisti barocchi cercavano quindi la libertà nella musica strumentale, nella composizione e nella prassi esecutiva. Erano famosi per creare entusiamo nel pubblico - spiega il Maestro Scimone -, se un’interpretazione di musica barocca è noiosa, significa che non è autentica.
E ancora:
- A fine concerto l’ascoltatore deve sentirsi simpatico a se stesso e agli altri, deve sentirsi bene, trascinato in un mondo lontano dalle preoccupazioni quotidiane grazie ad un soffio di vita che paradossalmente ci arriva dal passato, in un mondo di leggerezza ma non di superficialità.
La carica comunicativa della musica barocca non si è esaurita nel tempo. Se il ‘Sistema’ Abreu ha saputo portare la musica classica nell’America latina dell’era moderna, le note barocche in particolare possono efficacemente riscuotere successo ai nostri giorni proprio grazie alla loro capacità di adattarsi ai tempi e di avvicinarsi al grande pubblico.
- La musica barocca è stata scritta per essere improvvisata e personalizzata, questa è la grande qualità storica del suo messaggio - spiega Scimone -. Ci insegna a studiare il passato ed a suonare per il presente.
Qual è, invece, la grande lezione della scuola veneta?
- La grande lezione è la qualità del suono - afferma il Maestro Scimone -. Il Veneto è tanto appassionato di colori che li vuole anche nei suoi strumenti, soprattutto negli archi, affinché questi non producano un suono morto, opaco. L’obiettivo - spiega - è poter produrre mille suoni diversi con un solo strumento. Per questo i grandi musicisti barocchi si contorcevano nel suonare e cercavano di modificare la forma dei loro strumenti: lottavano per avere dallo strumento qualcosa che lo strumento sembrava non poter dar loro. Perché un violino, in sé, può essere uno strumento ma anche un limite.

“I Solisti veneti”
I Solisti Veneti, diretti da Claudio Scimone, sono l’orchestra da camera più popolare in Italia e all’estero. In più di cinquant’anni di attività hanno esportato la musica veneziana e veneta in tutto il mondo con 5000 concerti in più di 80 Paesi e nei principali festival internazionali, a cui si aggiunge una vastissima produzione discografica di oltre 350 titoli per le più importanti case a distribuzione mondiale. È la quinta volta che si esibiscono in Venezuela, l’ultima volta era stata con i musicisti dell’orchestra Simon Bolivar cinque anni fa nel Teatro Teresa Carreño di Caracas.
Da sempre il nome de “I Solisti Veneti” è legato a quello di Claudio Scimone, fondatore dell’orchestra nel 1959. Nel corso della loro carriera, “I Solisti Veneti” hanno suonato nei più importanti templi della musica, dal teatro La Fenice di Venezia a quello di New York, e con i più noti nomi della musica classica, da Salvatore Accardo a Uto Ughi, da Itzhak Perlman a Sergei Nakariakov, e della lirica, come Cecilia Gasdia, e inoltre con artisti del teatro e della musica leggera, da Massimo Ranieri a Ottavia Piccolo, da Lucio Dalla a Giovanni Allevi.
“I Solisti Veneti” hanno celebrato la loro 50a stagione concertistica ricevendo l’illustre premio “Una vita nella musica 2008”, considerato dalla critica internazionale come il Nobel della musica e assegnato per la prima volta nel 1979 al leggendario Arthur Rubinstein.
Prove della connessione tra “I solisti veneti” e la musica contemporanea sono le più di 50 composizioni dedicate all’orchestra e le collaborazioni di quest’ultima con artisti quali Lucio Dalla e Giovanni Allevi.
Monica Vistali (La Voce d'Italia)

Campani festeggiano l'anniversario con l'opposizione

CARACAS - Una simpatica salsicciata all’aperto e una serata di gala a cui è stato invitato un gruppo di politici dell’opposizione venezuelana tra cui l’ex aspirante Presidente Henrique Capriles Radonski. Non si risparmia certo in intenzioni l’Associazione Campani del Venezuela, che questo fine settimana festaggia il suo 27esimo anniversario con due eventi al Centro Italiano-venezuelano di Caracas.
Si inizia questa sera alle 19 nella terrazza del Civ, con una salsicciata aperta a tutti - soci e non soci - durante la quale verrà proiettato un video del grande Andrea Bocelli durante un concerto cantato in dialetto napoletano. Si continua poi domani con una elegante festa di gala nel Salone Italia del Civ, ad inviti e con un costo di 400 bolivares che comprende la cena e l’accompagnamento musicale dell’Orchestra Sebastian.
Alla serata di sabato sono stati invitati esponenti della nostra collettività e della diplomazia (il Console Generale Giovanni Davoli ha già confermato la sua presenza), così come personalità del mondo politico venezuelano: l’alcalde mayor di Caracas, Antonio Ledezma, di origini napoletane; il sindaco del municipio Baruta, Gerardo Blyde ed Henrique Capriles Radonski, il deputato che ha sfidato Hugo Chávez alle elezioni presidenziali del 7 ottobre scorso. Si tratta, in tutti i tre casi, di politici di opposizione: Ledezma, che ha già accettato l’invito, appartiene al partito Alianza Bravo Pueblo, Blyde a Un Nuevo tiempo e Radonski, rappresentante della coalizione antichavista Mesa de Unidad Democratica, è il fondatore dei Primero Justicia. Radonski, impegnato in campagna elettorale, ha declinato l'invito.
Monica Vistali (La Voce d'Italia)

mercoledì 21 novembre 2012

Scuola italiana Codazzi, Giunta direttiva nel mirino



Di Monica Vistali

CARACAS - Prendete un nutrito gruppo di genitori infuriati, un Console dai mille propositi, una giunta direttiva apparentemente acefala e un rappresentante dell’Ambasciata forse eccessivamente discreto. Aggiungete un Comites che finalmente decide di fare il suo lavoro e l’entrata in scena improvvisa del governo venezuelano nelle vesti di due funzionari del ‘Ministero de Educación’. Condite tutto con denunce, lamentele, attacchi e tentennanti difese, ed eccovi servita la “riunione informativa” che ieri avrebbe dovuto risolvere i tanti problemi della scuola privata italiana A. Codazzi di Caracas ma che, nei fatti, non ha portato a nulla. Tutto è stato rinviato ad un nuovo incontro, il 29 novembre.

Scoppia il ‘caso Codazzi’
Nonostante le polemiche e le lunghe discussioni, la situazione non ha ancora i contorni ben definiti e i punti interrogativi sono tuttora molti. Quel che è certo è che, dopo una traiettoria di più di mezzo secolo ed anni di CONTRIBUTI GOVERNATIVI (dai 140 mila euro del 2007 ai 17 mila dell’anno scorso), la storica istituzione scolastica della capitale si dice al limite della bancarotta e minaccia di chiudere i battenti.
La crisi, che si trascinava da tempo, scoppia a settembre, quando a due settimane dall’inizio dell’anno scolastico la giunta direttiva convoca le famiglie degli alunni per comunicare un aumento delle tariffe scolastiche improvviso quanto esagerato: le rette mensili passano da 1.830 bolivares a 3.500, le quote d’iscrizione per i nuovi arrivati da 3.500 a famiglia a 5.000 ad alunno e quelle per i già immatricolati da 1830 a famiglia a 3.500 ad allievo. Secondo la scuola, solo un rincaro di tali proporzioni avrebbe permesso di coprire sia i buchi causati dalle famiglie morose sia l’aumento del salario del personale scolastico. L’aumento, però, è ILLEGALE, in quanto la legge venezuelana permette di alzare le quote ad un massimo del 10% l’anno e con previo consenso unanime dell’assemblea dei genitori.
Le famiglie dei ‘codazzini’ non accettano il rincaro e neppure l’atteggiamento dell’attuale giunta direttiva che preferisce imporsi con decisioni già prese che dialogare con i diretti interessati. “Siamo qui per informare, non per discutere o negoziare” avrebbe detto la seconda vicepresidente della giunta, Gladys Burgazzi, ai genitori che chiedevano spiegazioni (giustificando ieri le sue parole con un risibile “non avevamo il microfono”). Le famiglie in protesta presentano quindi denuncia presso l’Indepabis (Istituto per la Difesa delle Persone nell’Accesso ai Beni e Servizi) e annunciano la costituzione di una ‘Società di Genitori e Rappresentanti’ che possa ricevere donazioni da destinare alla scuola, realizzare le riparazioni necessarie, chiedere un rendiconto finanziario e la presentazione di fatture. Non è solo una questione di soldi: i genitori si dicono disposti a pagare, ma solo se, in cambio, viene offerta ai loro figli un’educazione di qualità in una struttura di qualità. È ufficialmente scoppiato il ‘caso Codazzi’.

Una proposta ignorata
Tra settembre ed ottobre si susseguono gli incontri incrociati tra le parti: l’ufficio del Console Davoli si apre e si chiude ad ogni battito di ciglia, il Comites è invitato a cena da esponenti della Collettività per cercare soluzioni, le famiglie discutono tra loro e si organizzano ed entra in ballo anche l’Ambasciata con una lettera che invitava a delegare il caso alla viceConsole Jessica Cupellini. L’esito delle discussioni è la riunione di ieri e la proposta avanzata dal Console, presentata come unica soluzione all’empasse della scuola: pagamento delle morosità, rette mensili a quota 2.900 bolivares e BORSE DI STUDIO da parte del governo italiano per chi non può pagare più di 1.830 bolivares.
I genitori, però, anche questa volta reagiscono mettendosi sul piede di guerra e per tutta la durata della riunione scagliano contro la giunta direttiva una serie di attacchi e critiche, ignorando di fatto la proposta del Console (definita “fenomenale” dal presidente del Comites, Michele Buscemi) che in pochi minuti finisce purtroppo nel dimenticatoio.
La ragione di tanta aggressività è in primo luogo la ASSOLUTA MANCANZA DI FIDUCIA DELLE FAMIGLIE NEI CONFRONTI DI UNA GIUNTA DIRETTIVA CONSIDERATA ILLEGITTIMA, INEFFICIENTE E, PER ALCUNI, FURBETTA PER QUANTO RIGUARDA L’AMMINISTRAZIONE DEL DENARO.
Quando un genitore da voce a questo malcontento senza troppi giri di parole, scoppia un fragoroso e lungo applauso che ammutolisce tutto il palco: il preside Gianfranco Incerpi, il vicepresidente della Giunta Giudo Brigli, la seconda vicepresidente Gladys Borgazzi, il Console generale Giovanni Davoli, il membro del Comites Michele Buscemi, il primo Consigliere d’Ambasciata Paolo Mari. Non il Presidente della Giunta direttiva della Codazzi, Adriano Giovenco, che ha stupito tutti non presentandosi all’incontro.

Illegittima, inefficace, furbetta
Illegittima, si diceva. Lo statuto dell’associazione civile senza fini di lucro che regge la Codazzi stabilisce che la Giunta debba essere rinnovata ogni biennio ma l’attuale direzione non mette a disposizione le sue poltrone da più di OTTO ANNI. Ai genitori che chiedono le ragioni di questo sistema antidemocratico, la Giunta risponde con un sonoro silenzio. L’unico passo avanti è stato l’impegno del Vicepresidente a convocare un’assemblea dei soci per il mese di febbraio.
Per quanto riguarda l’inefficienza, stando a quanto denunciato dai genitori da qualche anno a questa parte le STRUTTURE SONO IN DEGRADO, la manutenzione scarsa, le infiltrazioni costanti. Manca la carta igienica, i bagni non funzionano, l’auditorium e il ‘salón maternal’ sono chiusi, il laboratorio di fisica è inattivo, il bar è sprovvisto di tutto ciò che non abbia la forma di una ‘empanada’ fritta. Secondo una mamma, “non vale la pena pagare un solo bolivar per un’educazione che non risponde neppure ad un minimo livello di salubrità”. Per un’altra, invece, è legittimo iniziare a pretendere un contratto scritto che impegni la scuola in investimenti mirati nel miglioramento dell’Istituto per ogni nuovo apporto delle famiglie. “Nessuno paghi un solo bolivar se non ci dicono dove finiscono questi soldi”.
Alla qualità delle strutture si affianca quella dell’insegnamento. Un tema delicato che si è toccato quando una mamma del Comitato genitori ha chiesto come il Console, nelle vesti di Procuratore agli Studi, avesse potuto firmare e quindi certificare la pagella di sua figlia contenente i voti di inglese e musica, materie che questa non aveva frequentato per quasi tutto l’anno a causa dell’assenza di professori. La donna ha parlato di “falsificazione di documenti pubblici”.
Si è chiamata in causa la questione del ‘corpo docenti’. “Io non voglio elemosina - ha dichiarato una mamma riferendosi alle borse di studio proposte dal Console -. Io pago se ho la garanzia di non vedere un professore diverso ogni due settimane”.
Perché tanti problemi con i professori? Una delle cause pare sia la CONTRATTAZIONE IN NERO. Il Belpaese, che fa della lotta all’immigrazione clandestina e al lavoro in nero la sua bandiera, contratta illegalmente all’estero i suoi stessi connazionali, che lavorano senza i documenti previsti dalla legge e senza contratto, vedendo mutilati i loro diritti e non potendo maturare una pensione.
Esemplare il caso di Gianluca Salvati, professore alla Codazzi dal 2004 al 2006: chiamato a prestare servizio dalla Dirigente scolastica Anna Greco in persona, dopo aver lasciato il suo posto di lavoro Salvati è arrivato a porgere denuncia in Tribunale al fine di ottenere dalla scuola la legittima liquidazione che questa voleva negargli. La Codazzi, come si legge negli atti del processo, per non dover sborsare quattrini ha addirittura negato in aula “l’esistenza di una relazione lavorativa tra le parti” e quindi qualsiasi obbligazione economica nei confronti del professore (cose che succedono, quando non si ha dalla propria parte un contratto). Fortunatamente, e in tempi brevi, la giustizia venezuelana ha dato ragione al giovane insegnante ed ha obbligato la scuola a pagare l’importo dovuto. Sul suo blog, Salvati ha pubblicato gli atti del processo e l’assegno relativo al pagamento della sua liquidazione, oltre ad una copia della sua carta d’identità venezuelana (numero E.82.360.383), precisando che è un documento falso, comprato, “ottenuto illegalmente, dopo più di un mese di clandestinità, tramite corruzione di Pubblico Ufficiale e in assenza di registrazione alla Camera del Lavoro”. Parla poi delle “difficoltà affrontate in Italia per ottenere il riconoscimento del punteggio maturato e dell'affannosa quanto inutile ricerca dei legittimi contributi maturati in quegli anni di lavoro al limite dello sfruttamento”.
La denuncia avanzata da Salvati non è un caso isolato, sono infatti numerosi i docenti che si sono rivolti alla legge venezuelana per vedere rispettati i loro diritti di lavoratori. Questo spiegherebbe un dato presentato da una mamma ed estratto dai bilanci della scuola: 250 MILA BOLIVARES a Simone Giovenco, avvocato della scuola ma soprattutto moglie del presidente della Giunta. Una cifra che crea sospetti, così come crea perplessità l’esistenza di un CONTO CORRENTE IN SVIZZERA aperto anni fa dalla scuola . Un conto da anni inutilizzato dove finiscono i finanziamenti del governo italiano ed in cui, si è difesa la Giunta, è accomulato il denaro per i tfr degli insegnanti.
Il Console, avanzati dai genitori i primi dubbi sulla giusta amministrazione economica della scuola, si è affrettato ad assicurare l’esattezza dei bilanci presentati dalla giunta, comprovata da una revisione effettuata in modo incrociato con l’Ambasciata d’Italia. Le analisi confermerebbero l’esistenza di una “situazione di difficoltà” e “nessuna prova di illeciti”. Ma il Comitato genitori, dal canto suo, non è convinto: sostiene che i conti non sono trasparenti e che i numeri presentati dalla scuola - numero di alunni, morosità, stipendi, spese - sono falsi. A questo proposito ha costruito un CONTRO-BILANCIO dal quale si evince l’inesistenza di una situazione di passivo economico ed ha chiesto di partecipare alla stesura dei rendiconti anche con i genitori che non fanno parte del Comitato. Il documento è stato chiesto dal Console per una valutazione ufficiale.
I genitori hanno accusato la Giunta direttiva di una serie di manipolazioni della documentazione ma anche di una serie di irregolarità nei confronti della legge venezuelana. “Sono andato al Ministero dell’Educazione e mi hanno detto che c’erano due carrelli pieni di fascicoli sulla Codazzi” denuncia un genitore. Una testimonianza corroborata dall’intervento di Euridice Álvarez, Coordinatrice dei plessi privati del Distretto Capitale, secondo cui l’Istituto Codazzi “si trova ILLEGALE ALL'INTERNO DEL MINISTERO DELL'EDUCAZIONE”, “non compie con i 27 requisiti delle istituzioni scolastiche” ed è gestito da una “giunta irresponsabile”. Giunta che, dal canto suo, non nega qualche ‘problemino’: “Chi non ha mai avuto problemi con il ‘seguro social’” si è difeso Brigli.
Il governo venezuelano, comunque, sembra appoggiare i genitori nella loro lotta per il proseguimento e il buon funzionamento della scuola. Noel Diaz, Capo del controllo e della valutazione studi del Ministero dell’Educazione, ha ribadito che “siamo in Venezuela e qui non si chiuderà né la parte italiana né la parte venezuelana” della Codazzi. Una promessa che, visti i precedenti, sembrerebbe veritiera. Infatti in passato è stato il Ministero venezuelano ad impedire la chiusura delle sezioni venezuelane e della scuola materna italiana dell’Istituto. Ed ora, per dare un’ulteriore spinta sulla buona strada, Diaz ha consigliato di convocare alla prossima riunione anche i rappresentanti della ‘Defensoria del Pueblo’, della Procura e della ‘Defensoria de Niños, Niñas y Adolescentes’, ribadendo però che si tratterà solo di un accompagnamento. “Senza pregiudicare nessuno, il Venezuela vi ha sempre rispettati” ha dichiarato.
Ad alcuni sembra che da parte della Giunta direttiva manchi la volontà di far funzionare la Codazzi. E’ stata denunciata l’esistenza di un documento al Ministero de Educación secondo cui la seconda vicepresidente Gladys Borgazzi “continua ad attendere la chiusura della scuola”; ci sarebbero 37 bambini cui sarebbe stata impedita l’iscrizione all’Istituto (lo stesso Istituto secondo cui una delle principali cause dei problemi economici attraversati è la mancanza di nuove immatricolazioni); aiuti e donazioni rifiutati (come quello dell’Eni, che si sarebbe offerto a riparare l’auditorio ed a pitturare l’intera struttura). Ci sarebbe poi una Giunta che negherebbe ai genitori la possibilità di incontrarsi nella sala riunioni obbligandoli a discutere e manifestare in strada; ci sarebbe la brutta esperienza dell’Istituto Bolivar y Garibaldi non ancora dimenticata che crea incertezze e corrode la fiducia nelle istituzioni italiane; ci sarebbe... E ci sono i bambini.
(Monica Vistali - La Voce d'Italia)

venerdì 9 novembre 2012

La lotta danza tra le tele di Bottaro, un omaggio italiano alla storia del Venezuela

di Monica Vistali

Marcello Bottaro davanti ad una sua opera contenente un piccolo autoritratto.
CARACAS – Semi, piume ed altri elementi che trasmettono l’energia della ‘Pachamama’, la madre-terra; i movimenti ancestrali e sinuosi di tre ballerine dell’Unearte e della scultrice italiana Lucia Grachi; il suono antico dei tamburi del percussionista Manuel Miranda e la presenza maschile dell'artista Marcello Bottaro: è la performance di danza contemporanea “Raíces ancestrales che questa sera alle 19 andrà in scena nella Galleria d’Arte Nazionale di Caracas nell’ambito del progettoÉpica, mito y estética en la obra nuestramericana de Marcello Bottaro, promosso dall’Istituto Italiano di Cultura e parte del programma capìtolino “Viernes nocturnos en los museos”.
Raíces ancestrales” andrà in scena dal vivo solo questa sera, da domani sarà esposta esclusivamente come registro audiovisuale.
- Si tratta di un'interpretazione antropológica dove le radici della madre-terra sorgono attraverso la liberazione dalla schiavitù - ha spiegato la scultrice Grachi - e riconquistano il loro territorio in un’opera dove musica, danza, arte visuale e pittura si fondono in un unico linguaggio concettuale.
Il progetto “Épica, mito y estética en la obra nuestramericana de Marcello Bottaro” resterà esposto per tre mesi. Si tratta di una proposta che contempla opere pittoriche ma anche video, istallazioni ed una serie di attività quali conferenze, corsi e laboratori didattici tecnico-pratici diretti agli studenti dell’Unearte.
- Si tratta di un’esposizione viva, perché cerchiamo di stimolare le nuove generazioni - ha spiegato in conferenza stampa Bottaro -. Durante i tre mesi della mostra porteremo diversi gruppi, una o due volte alla settimana, per dare conferenze e per rapportarci a queste esperienze sul piano pratico.

Dai nativi al Libertador
Épica, mito y estética en la obra nuestramericana. Las doce batallas del Libertador Simón Bolívar: un hombre contra el imperio” è il titolo completo dell’esposizione di Marcello Bottaro, nato in Uruguay, vissuto a Caracas e approdato a Roma.
Si tratta di una serie di grandi tele, approdo di un personale percorso di ricerca delle origini - quelle vicine, sudamericane, e quelle lontane, europee - che rappresentano un’interpretazione del passato storico del Venezuela a cavallo tra la resistenza dei popoli nativi contro l’impero spagnolo e il processo di emancipazione del Paese sudamericano guidato dall’eroe Simón Bolívar. Un viaggio nello spazio, quindi, ma anche un itinerario nel tempo.
- Quello che mi interessava era narrare un periodo ottimista della lotta - ha spiegato l’artista - ed è quello che ho fatto.
La tecnica utilizzata nelle opere esposte, elaborate dal 2007 in avanti, è mista: si ritrovano tracce di classicismo ma anche pennellate impressioniste e figure stilizzate a cui si può dare una lettura di arte concettuale.
(La Voce d'Italia)

giovedì 8 novembre 2012

Amoroso: “Ottimi rapporti, l’Italia ci ha sempre rispettati”

di Monica Vistali

Il deputato Amoroso firma il documento costitutivo del Gruppo di Amicizia parlamentare Italia-Venezuela
CARACAS - Elvis Amoroso, deputato dell’Assemblea nazionale eletto per il partito di governo PSUV nello stato Aragua, ha assicurato alla ‘Voce d’Italia’ che i rapporti tra le due Repubbliche sono buoni e che in campo economico ci sono ottime prospettive di crescita.

Deputato Amoroso, quali sono i maggiori risultati raggiunti dal Gruppo di Amicizia parlamentare Italia-Venezuela?
- Nel tempo ci sono state visite reciproche dei presidenti dei due Parlamenti e un dialogo permanente con autorità quali Giorgio Napolitano, Silvio Berlusconi, Romano Prodi... Il Presidente Hugo Chávez ha sempre mantenuto con tutti una stretta relazione e ha chiesto a noi di fare lo stesso.
In campo economico, invece, oltre ai settori commerciale, industriale ed energetico, si è rafforzata l’area delle infrastrutture (un’impresa italiana sta costruendo 12 mila chilometri di ferrovia in Venezuela) e quella tradizionale della costruzione (cospicua la partecipazione italiana nell’ambito della ‘Gran Misión Vivienda’, il programma governativo che mira ad eliminare il deficit abitazionale nel paese sudamericano, ndr). Inoltre ci sono due Ambasciatori in sintonia con la realtà del mondo e con una realtà rivoluzionaria che cerca il sentimento umano prima di quello commerciale, come invece accadeva in passato.

L’Italia e il Venezuela sono due Paesi notevolmente lontani dal punto di vista politico. Questo crea problemi per quanto riguarda le relazioni parlamentari?
- A noi non interessa se un Paese è di destra o di sinistra. A noi interessa essere rispettati, così come noi siamo rispettuosi degli altri governi indipendentemente dal loro orientamento politico. Ll’Italia ha sempre rispettato il Venezuela quindi non abbiamo mai avuto problemi.

Quali sono i nuovi obiettivi del Gruppo?
- Vogliamo riattivare le visite parlamentari reciproche e riprendere i meeting che ogni due anni riuniscono i diversi attori del settore commerciale, in stand by a causa della crisi economica europea e del momento di campagna elettorale da cui il Venezuela è appena uscito.
(La Voce d'Italia)

Amicizia Italia - Venezuela, costituito il Gruppo parlamentare

di Monica Vistali

CARACAS - Un nuovo traguardo sulla strada dell’intesa tra l’Italia e il Venezuela è stato raggiunto ieri con la costituzione del nuovo “Gruppo di Amicizia parlamentare Italia - Venezuela”, una commissione di collaborazione che mira a rafforzare i legami tra le due repubbliche e facilitare il dialogo politico.
Oltre al presidente Elvis Amoroso, che appartiene al partito di governo Psuv e presiede anche la Commissione di Politica interna, il nuovo Gruppo è composto dai parlamentari Enzo Cavallo Russo (stato Portuguesa) e Vivas Velásco Darío (Districto Capital), anche loro del Psuv. Rappresentano invece l’opposizione i deputati Carlos Eduardo Berrizbeitia Giliberti (Proyecto Venezuela - Carabobo) e Marquina Díaz Alfonso José (Un nuevo tiempo - Miranda). Magaly Contreras funge da segretaria del Gruppo.
Al microfono il Presidente del Groppo d'Amicizia, il deputato italo-venezuelano Elvis Amoroso. Davanti a lui l'Ambasciatore d'Italia, Paolo Serpi. 
Alla cerimonia, nel pomeriggio nel Salone ‘Los Escudos’ del Parlamento venezuelano, erano presenti diverse autorità italiane e venezuelane.
Dall’Ambasciata d’Italia sono arrivati l’Ambasciatore Paolo Serpi, il primo Consigliere Paolo Miraglia del Giudice e l’Aggregato militare Rodolfo Passero, che hanno presenziato all’atto accompagnati dal Console generale, Giovanni Davoli; la Console di Caracas, Jessica Cupellini; la Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura, Luigina Peddi; il Presidente dell’Ice, Alfredo Giorgi; il Segretario generale della Camera di Commercio Venezuelano-italiana, Jean Pietro Cattabriga; il presidente della Federazione delle associazioni italovenezuelane, Mariano Palazzo; il Presidente del Civ di Caracas, Pietro Caschetta; Presidente dell’a.c. A.Codazzi, Adriano Giovenco; Michele Coletta e Nello Collevecchio del Cgie; Michele Buscemi del Comites; Giordanobruno Venier del Circolo Antonio Gramsci di Caracas.
Tra le autorità venezuelane, spiccavano il Presidente della Commissione permanente di Politica Estera e coordinatore dei Gruppi di Amicizia parlamentare, Jesús Cepeda (PSUV - stato Guárico); la Direttrice di Ricerca e Assistenza in Relazioni internazionali, Ana Karina Hernández; il Direttore di Ricerca e sviluppo legislativo, Raúl Álvarez Bracamonte; il deputato Irian Gavidia (UNT - statoAragua); il sindaco di Puerto Cabello ed ex Ambasciatore del Venezuela in Italia, Rafael La Cava; personalità del Ministero degli Affari Esteri tra cui la responsabile per l’Italia, Sara Lambertini; il giornalista ed analista di politica internazionale, Walter Martínez.
Nel suo intervento, il deputato Elvis Amoroso ha dichiarato che quelle che legano l’Italia e il Venezuela sono “tra le migliori relazioni diplomatiche esistenti” ed ha citato la visita in Italia di personalità quali il Procuratore generale della Repubblica, Cilia Flores e il ministro degli Esteri, Nicolas Maduro, tra gli altri, così come la visita in Venezuela dell’allora Presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Sottolineando la volontà politica del Presidente Hugo Chávez nel mantenere buoni rapporti bilaterali, Amoroso ha ricordato che è stato proprio il Capo di Stato venezuelano a voler istituire la Giornata dell’Amicizia italo-venezuelana, che si festeggia ogni 15 agosto in ricordo del Giuramento di Simón Bolívar avvenuto a Roma nel 1805.
L’Ambasciatore Paolo Serpi, dal canto suo, ha voluto approfondire le parole dedicate poco prima da Amoroso all’influenza dell’immigrazione italiana in Venezuela, ricordando che “ci sono più italiani fuori dai nostri confini che nella stessa Italia” e che tanti di questi connazionali sono stati “sangue, testa e braccia” della storia e dello sviluppo del paese sudamericano. Secondo il diplomatico, “c’è un legame di fratellanza non solo tra i due Paesi, ma anche tra i due popoli”. Il compito del Gruppo di Amicizia, quindi, deve essere quello di colmare le mancanze che possono emergere nelle relazioni politiche, facilitando ed alimentando il dialogo tra i due popoli e tra i due governi.
- Ci sono vincoli di fratellanza. Non si tratta di fare grandi rivoluzioni ma di proseguire un cammino iniziato positivamente sin dai tempi di Amerigo Vespucci - ha dichiarato Serpi.
Anche il coordinatore dei Gruppi di Amicizia parlamentare, Jesús Cepeda ha rispolverato i legami storici di fratellanza tra il Belpaese e lo stato sudamericano ed a questo proposito ha ricordato la figura del patriota Juan Germán Roscio, figlio di un italiano e di una india venezuelana, pioniero della lotta per i diritti umani in Venezuela. Secondo Cepeda, il Gruppo ricopre una “importanza strategica” per quanto riguarda la preparazione di accordi e progetti bilaterali.
- Al di là dell’impegno formale ci sono legami personali che facilitano il compito - ha dichiarato riferendosi alla consistente presenza di italiani nel territorio venezuelano e all’origine italiana di numerosi deputati, tra cui lo stesso presidente del Gruppo di Amicizia.
Dopo la firma del documento costitutivo del Gruppo da parte di numerose autorità presenti, l’Ambasciatore Paolo Serpi ha letto la comunicazione ufficiale dell’on. Riccardo Merlo (Presidente del Gruppo di Amicizia in Italia), diretta al suo pari venezuelano e ai presenti all’evento. Nella missiva, il deputato incita a “stringere ancora di più i legami di fratellanza che da sempre caratterizzano le relazioni tra i nostri due Paesi”.
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L’istituzione del “Gruppo” è prevista in un Protocollo di collaborazione firmato a Roma il 9 ottobre 2006. Il rinnovo di questa commissione di amicizia alimenta la rete di rapporti diplomatici stretti dal paese sudamericano con numerosi Stati, nell’ambito della costruzione di un mondo multipolare.
(La Voce d'Italia)

INTERVISTA - L’ANALISTA POLITICO W. MARTÍNEZ: “Buoni rapporti tra Italia e Venezuela, ma la realpolitik è tutta un’altra cosa”


Di Monica Vistali

CARACAS - Una “graditissima sorpresa” l’essere invitato ad un evento che “rende omaggio all’influenza sana e produttiva che ci arriva dalla vecchia Italia”. Così Walter Martínez, giornalista e analista di politica internazionale, ha commentato la sua partecipazione alla cerimonia di costituzione del Gruppo di Amicizia parlamentare Italia-Venezuela, ieri pomeriggio nel Salos Los Escudos del Palazzo Legislativo.
Martínez, uruguaiano di nascita ma venezuelano d’adozione, ha firmato l’atto costitutivo del gruppo come testimone d’onore e si è impegnato a trasmettere nel suo programma serale “Dossier” (canali VTV e Telesur) le immagini dell’evento.
- Anche grazie alla base latina comune che ci permette di baipassare il problema della lingua, l’udienza italiana di “Dossier” sta crescendo. Mostrerò all’Italia quello che oggi abbiamo contribuito a formare.
Fedele alla sua promessa, il giornalista ha dedicato alla cerimonia un lungo servizio. Ha dato voce attraverso un’intervista al Presidente del Gruppo per il Venezuela, il deputato Elvis Amoroso, e ha letto la comunicazione ufficiale che l’on. Riccardo Merlo, Presidente del Gruppo per l’Italia, ha indirizzato ai partecipanti all’evento.
Il giornalista Walter Martínez firma come testimone d'onore il documento costitutivo del Gruppo di Amicizia parlamentare Italia-Venezuela
Deriva dal dovere professionale l’attenzione riservata dal famoso giornalista ad un atto che contribuisce a rafforzare i legami tra l’Italia e il Venezuela, ma non è da dimenticare il sentimento personale che lega Martínez al nostro Paese.
- A scuola i miei grandi maestri sono stati sacerdoti salesiani. Mi hanno insegnato dall’astronomia ai canti gregoriani e alla polifonia. Al tempo - ricorda - suonava l’organo Padre Caranzano, uomo indimenticabile e di grandissima cultura. Avevamo un piano di studi ampio in stile europeo, con materie umanitarie e scientifiche obbligatorie. Ringrazio la cultura italiana, l’ho metabolizzata e fa parte del mio essere.

L’Italia e il Venezuela secondo Martínez
Fiducioso che l’Italia e il Venezuela possano continuare ad avere buoni rapporti, ma cosciente che il Paese sudamericano rappresenta a livello geopolitico un boccone che fa gola a tanti, anche alla ‘vecchia Europa’. In veste di esperto in politica internazionale, Walter Martínez ha risposto ad alcune nostre domande.

Signor Martínez, quali sono gli interessi geopolitici in gioco nel rapporto tra le nostre due Repubbliche?
- Ci sono scambi di diversa indole, il problema è che l’Italia è un po’ ripiegata su se stessa con l’obiettivo di uscire dalla situazione in cui si trova ed i cambi di governo hanno generato diverse dottrine e diverse forme di approccio. Ma una buona iniziativa tra i nostri due Paesi non si è mai trovata sulla strada una negativa, quindi c’è un ventaglio di possibilità aperto.

La postura dell’attuale governo venezuelano in che modo influenza la relazione tra i nostri due Paesi?
- Questo governo ha scelto di uscire dalla tradizionale influenza del Nord per rivolgersi ad una rete multipolare di relazioni. Siamo molto attenti all’Europa, soprattutto alla zona mediterranea che è parte delle nostri radici culturali. Vedo un ambiente molto positivo.

Parliamo di petrolio. È possibile che il Venezuela diventi una nuova Libia, che sia vittima di una seconda ‘Armata Brancaleone’ (Martínez, citando l’omonimo capolavoro del regista italiano Mario Monicelli, utilizza questa espressione per riferirsi ai ribelli libici, ndr)?
- Il senatore repubblicano statunitense Paul Coverdell, ora deceduto, si è rivolto al Congresso degli Stati Uniti affinché quest’ultimo si convincesse della necessità di reperire i fondi per il ‘Plan Colombia’ e di occupare militarmente la Colombia, con l’obiettivo di controllare il Venezuela e con esso le sue enormi risorse petrolifere e gasifere. Non a caso, oggi in Colombia ci sono sette basi militari statunitensi e gli Usa hanno il diritto di usare tutte quelle che hanno sparse per il mondo. Sappiamo che alcuni Paesi fratelli non sono tanto fratelli se messi sotto pressione, soprattutto se hanno scheletri nell’armadio come il signor Uribe (Alvaro Uribe, ex presidente colombiano, ndr) che parla male di noi ma potrebbe essere arrestato per la protezione che ha dato a narcotrafficanti e paramilitari. Quella di Paul Coverdell fa parte di una strategia di fondo che dobbiamo ricordare sempre, perché è vigente.

L’Europa e l’Italia potrebbero avere un ruolo in questo ipotetico scenario?
- Non credo che ci siano governi così poco ‘eleganti’, per usare un linguaggio moderato. Ma la ‘realpolitik’ è un’altra cosa... La vecchia Europa ha dimostrato che a volte.... Lo ha appena dimostrato in Libia: io sono stato testimone di quando hanno ricevuto Gheddafi con il tappeto rosso e hanno fatto affari con lui, ora hanno rubato perfino i depositi che aveva la sua famiglia e quello che aveva il Paese. All’interno della ‘realpolitik’ tutto è possibile. Quindi, come diciamo qui in America latina, ‘a Dios rogando pero con el maso dando’ (pregando Dio ma dando sassate, ndr). Purtroppo dobbiamo stare attenti a tutti gli scenari.
(La Voce d'Italia)

martedì 6 novembre 2012

Salón Internacional de Gastronomía: l’ospite italiano e la ‘Pizza nel Cuore’

CARACAS – L’XI edizione del ‘Salón Internacional de Gastronomía’ di Caracas ha sorpreso gli amanti dei sapori con la conferenza dell’ospite internazionale Michele Croccia, maestro pizzaiolo formatosi nella Scuola Italiana Pizzaioli, presentatosi all’evento con la sua proposta: la ‘Pizza nel cuore’, il progetto che promuove le proprietà nutrizionali e la qualità di uno dei principali alimenti della nostra dieta, la pizza, e lo introduce all’interno di una dieta sana.
Croccia, che a Salerno dirige il ristorante ‘La Pietra Azzurra’, ha illustrato ai presenti la storia della famosa pietanza italiana, le sue varietà e tecniche di preparazione. Nel suo stand ha cucinato alcune pizze per il pubblico ed ha mostrato la sua farina favorita, la Nutripizza, che sarà disponibile in Venezuela dal prossimo anno.
La specialità di Michele Croccia è la ‘Vera Pizza Napoletana’, per la quale si è guadagnato nel 2009 il titolo di Vice Campione del Mondo nel ‘Campionato Mondiale della Pizza’. Nel 2010 lo chef è stato nominato Campione italiano di Pizza grossa, nel 2011 Campione del ‘Mondo libero dal glutine - Pizza’ e sempre l’anno scorso ha vinto il ‘Trofeo mondiale Palma de Mallorca’.
Il ristorante-pizzeria ‘La Pietra Azzurra’ nasce nel 1997 in uno dei paesi più belli del basso Cilento, Caselle in Pittari. Mostra tutta la sua cura nella preparazione di svariate pietanze a base di carne ma anche a base di pesce, data la vicinanza del Golfo di Policastro che garantisce, sempre, la massima freschezza.
M.V. (La Voce d'Italia)