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giovedì 8 novembre 2012

INTERVISTA - L’ANALISTA POLITICO W. MARTÍNEZ: “Buoni rapporti tra Italia e Venezuela, ma la realpolitik è tutta un’altra cosa”


Di Monica Vistali

CARACAS - Una “graditissima sorpresa” l’essere invitato ad un evento che “rende omaggio all’influenza sana e produttiva che ci arriva dalla vecchia Italia”. Così Walter Martínez, giornalista e analista di politica internazionale, ha commentato la sua partecipazione alla cerimonia di costituzione del Gruppo di Amicizia parlamentare Italia-Venezuela, ieri pomeriggio nel Salos Los Escudos del Palazzo Legislativo.
Martínez, uruguaiano di nascita ma venezuelano d’adozione, ha firmato l’atto costitutivo del gruppo come testimone d’onore e si è impegnato a trasmettere nel suo programma serale “Dossier” (canali VTV e Telesur) le immagini dell’evento.
- Anche grazie alla base latina comune che ci permette di baipassare il problema della lingua, l’udienza italiana di “Dossier” sta crescendo. Mostrerò all’Italia quello che oggi abbiamo contribuito a formare.
Fedele alla sua promessa, il giornalista ha dedicato alla cerimonia un lungo servizio. Ha dato voce attraverso un’intervista al Presidente del Gruppo per il Venezuela, il deputato Elvis Amoroso, e ha letto la comunicazione ufficiale che l’on. Riccardo Merlo, Presidente del Gruppo per l’Italia, ha indirizzato ai partecipanti all’evento.
Il giornalista Walter Martínez firma come testimone d'onore il documento costitutivo del Gruppo di Amicizia parlamentare Italia-Venezuela
Deriva dal dovere professionale l’attenzione riservata dal famoso giornalista ad un atto che contribuisce a rafforzare i legami tra l’Italia e il Venezuela, ma non è da dimenticare il sentimento personale che lega Martínez al nostro Paese.
- A scuola i miei grandi maestri sono stati sacerdoti salesiani. Mi hanno insegnato dall’astronomia ai canti gregoriani e alla polifonia. Al tempo - ricorda - suonava l’organo Padre Caranzano, uomo indimenticabile e di grandissima cultura. Avevamo un piano di studi ampio in stile europeo, con materie umanitarie e scientifiche obbligatorie. Ringrazio la cultura italiana, l’ho metabolizzata e fa parte del mio essere.

L’Italia e il Venezuela secondo Martínez
Fiducioso che l’Italia e il Venezuela possano continuare ad avere buoni rapporti, ma cosciente che il Paese sudamericano rappresenta a livello geopolitico un boccone che fa gola a tanti, anche alla ‘vecchia Europa’. In veste di esperto in politica internazionale, Walter Martínez ha risposto ad alcune nostre domande.

Signor Martínez, quali sono gli interessi geopolitici in gioco nel rapporto tra le nostre due Repubbliche?
- Ci sono scambi di diversa indole, il problema è che l’Italia è un po’ ripiegata su se stessa con l’obiettivo di uscire dalla situazione in cui si trova ed i cambi di governo hanno generato diverse dottrine e diverse forme di approccio. Ma una buona iniziativa tra i nostri due Paesi non si è mai trovata sulla strada una negativa, quindi c’è un ventaglio di possibilità aperto.

La postura dell’attuale governo venezuelano in che modo influenza la relazione tra i nostri due Paesi?
- Questo governo ha scelto di uscire dalla tradizionale influenza del Nord per rivolgersi ad una rete multipolare di relazioni. Siamo molto attenti all’Europa, soprattutto alla zona mediterranea che è parte delle nostri radici culturali. Vedo un ambiente molto positivo.

Parliamo di petrolio. È possibile che il Venezuela diventi una nuova Libia, che sia vittima di una seconda ‘Armata Brancaleone’ (Martínez, citando l’omonimo capolavoro del regista italiano Mario Monicelli, utilizza questa espressione per riferirsi ai ribelli libici, ndr)?
- Il senatore repubblicano statunitense Paul Coverdell, ora deceduto, si è rivolto al Congresso degli Stati Uniti affinché quest’ultimo si convincesse della necessità di reperire i fondi per il ‘Plan Colombia’ e di occupare militarmente la Colombia, con l’obiettivo di controllare il Venezuela e con esso le sue enormi risorse petrolifere e gasifere. Non a caso, oggi in Colombia ci sono sette basi militari statunitensi e gli Usa hanno il diritto di usare tutte quelle che hanno sparse per il mondo. Sappiamo che alcuni Paesi fratelli non sono tanto fratelli se messi sotto pressione, soprattutto se hanno scheletri nell’armadio come il signor Uribe (Alvaro Uribe, ex presidente colombiano, ndr) che parla male di noi ma potrebbe essere arrestato per la protezione che ha dato a narcotrafficanti e paramilitari. Quella di Paul Coverdell fa parte di una strategia di fondo che dobbiamo ricordare sempre, perché è vigente.

L’Europa e l’Italia potrebbero avere un ruolo in questo ipotetico scenario?
- Non credo che ci siano governi così poco ‘eleganti’, per usare un linguaggio moderato. Ma la ‘realpolitik’ è un’altra cosa... La vecchia Europa ha dimostrato che a volte.... Lo ha appena dimostrato in Libia: io sono stato testimone di quando hanno ricevuto Gheddafi con il tappeto rosso e hanno fatto affari con lui, ora hanno rubato perfino i depositi che aveva la sua famiglia e quello che aveva il Paese. All’interno della ‘realpolitik’ tutto è possibile. Quindi, come diciamo qui in America latina, ‘a Dios rogando pero con el maso dando’ (pregando Dio ma dando sassate, ndr). Purtroppo dobbiamo stare attenti a tutti gli scenari.
(La Voce d'Italia)

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