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giovedì 19 agosto 2010

Una ‘Calle de diversion’

per riprendersi la città


CARACAS - Miscelate l’energia frizzante dei bambini alla memoria dei grandi, aggiungete dei ‘malandros’ che si riscoprono buoni e coprite il tutto con la fantasia di un sociologo italiano e di un architetto venezolano. Questo mix esplosivo è ‘Calle de diversion’, l’innovativo progetto di Pasquale Passannate e Raphael Marchano che a Roma ha vinto il concorso Smart Future Minds Award.

Alla base dell’idea dei due fondatori del gruppo Lpu, Liga de Partida Urbana, ci sono semplici campetti colorati per giocare a ‘trompo’, ‘beisbol de chapitas’, ‘pelotica de goma’. Un modo per appropiarsi dello spazio pubblico, per trasformare strutture ‘formali’ di cemento in vicoli vivibili attraverso i tradizionali giochi di strada, fulcro di una ‘città informale’ dove convogliare le energie di adulti e bambini.
Marchano e Passannate lavorano nell’ufficio internazionale Think Tank di Caracas, che si dedica al “lavoro interdisciplinare con le comunità nello spazio informale”, come raccontano alla Voce. Per le strade delle zone periferiche della capitale, osservavano le tracce di spazi temporanei di gioco: le impronte di un pallone, le casse di birra usate per una partita a domino. Si rendevano conto che proprio le aree più marginali ed umili erano quelle con gli spazi pubblici più frequentati. Bisognava solo far confluire i momenti puntuali e spontanei in una progettualità, trasformare un’urbanistica ‘imposta dall’alto’ in uno spazio vivibile, una ‘città informale’ costruita dagli abitanti stessi sulla base dei loro comportamenti sociali e delle loro esigenze.
- Abbiamo disegnato campi da gioco per le strade - spiega Passannate - per fomentare l’appropiazione dello spazio urbano e la socializzazione tra i membri delle comunità al di fuori dai parametri socialmente imposti. Non solo al di là della struttura fisica della strada, del cemento e degli edifici; ma anche al di là delle regole imposte dalla città. La nostra finalità è evitare l’alienazione frustrante di una vita confinata nel lavoro, promuovendo un’infanzia libera ed autodeterminata. E rivendicare l’identità del pedone non come persona che passa per la strada, ma come colui che per la strada ‘fa’ la sua vita.
Se in genere gli abitanti non sono parte della costruzione fisica dello spazio e dell’identità, parte vitale del progetto è ora la partecipazione attiva di una comunità che si autoorganizza, che interagisce con l’ambiente che l’ha cresciuta e la vedrà crescere. Nella ‘città del futuro’, sostenibilile e vivibile, Passannate e Marchano individuano quindi due elementi chiave: la costruzione dello spazio pubblico attraverso il disegno autogestito e la relazione con la memoria e l’immaginario del quartiere. Ecco quindi che in una ‘calle de diversion’ ritagliata nel ‘barrio’ si avvicendano genitori felici di tener lontano i propri figli dalla trappola della criminalità o da videogiochi violenti e fagocitanti, bambini entusiasti che indicano i luoghi migliori per disegnare, nonni che raccontano giochi antichi, addirittura ‘malandros’ che con automobili e motociclette sbarrano il traffico per permettere a Marchano e Passannate di disegnare a terra.
- Trascorsi alcuni mesi dal nostro intervento - spiegava il sociologo italiano in un’intervista durante il concorso - siamo tornati e abbiamo scoperto che i cittadini si erano autonomamente organizzati in campionati. ‘Calle de diversion’ era entrata a far parte della loro vita.
I primi cittadini a beneficiare del progetto di Lpa sono certamente i bambini.
- Quello che oggi accomuna tutte le città del mondo - spiega Marchano - è la riduzione dello spazio veramente pubblico. E sono i più piccoli a soffrire maggiormente. Noi stiamo regalando colore e divertimento alla strada con un progetto che tutti possono ricalcare: singole persone, collettivi, istituzioni.
Poi si viaggia nella memoria.
- Se penso alla mia infanzia ricordo che si giocava soprattutto fuori casa, per strada o al campetto. La lista dei giochi sarebbe interminabile. ‘Pelotica de goma’, ‘metra’, ‘pared’, oltre ai tipici basket e calcetto. Giocavamo con il ‘cuartico de jugo’.
E i bambini delle zone più agiate?
- L’unica differenza tra i giochi di un bambino proveniente da una zona ricca ed uno di una zona più umile è la marca del pallone e il contesto - afferma Marchano -. Per il resto il gioco è lo stesso. I bambini, a differenza degli adulti, non differenziano per classe sociale ma costruiscono un proprio linguaggio in base al gioco. Solo con il tempo si fanno contaminare da pregiudizi, preoccupazioni, traumi.
Rimarca Passannate:
- Il gioco, nella sua realtà più collettiva e sociale, ha creato l’umanità. L’umanità è nata giocando. Se pensi a una comunità che si dà delle regole, pensi immediatamente ad una comunità che gioca.
Con il primo premio allo Smart Future Award, Marchano e Passannate hanno vinto 10 mila euro, che invertiranno in ‘Calle de diversion’ e nei prossimi progetti di Lpu. Dai ‘barrios’ di Caracas si sposteranno in Europa, nel quartiere zingaro di Can Tunis a Barcellona, con l’idea di arrivare a Marsiglia e Berlino. Per quanto riguarda l’Italia, Passannate e Marchano hanno buttato l’occhio su Livorno, Napoli e Palermo, buoni esempi di progettazione dello spazio e simbolo di una vitalità che nasce dalla strada, che però oggi sono al fondo delle classifiche in temini di vivibilità. E lanciano un appello.
- Spingiamo tutti gli interessati a contattarci. Attualmente stiamo bussando a tutte le porte per far si che il progetto continui e si sviluppi sempre di più.

mercoledì 4 agosto 2010

Espropriazioni, tema che scotta e terrorizza gli italiani

di Monica Vistali

CARACAS - Secondo il primo rapporto dell’Osservatorio dei Diritti della proprietà privata del Venezuela, coordinato dal ricercatore Felipe Benites, il governo Chávez ha effettuato 762 espropriazioni nel periodo 2005-2009: 23 nel 2005, 42 nel 2006, 127 nel 2007, 196 nel 2008 3 374 nel 2009. Espropri e nazionalizzazioni sono legali anche in Italia. Nell’ordinamento italiano l’espropriazione è regolata dal D.P.R. 8 giugno 2001, n° 327, recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”. Sulla base della normativa sono espropriabili tutti i beni immobili e i diritti relativi a tali beni, al fine di eseguire opere pubbliche o di pubblica utilità.



La guerra delle espropriazioni

“La nostra preoccupazione è che non ci pagheranno il giusto prezzo per le nostre ditte” denunciava mesi fa Vito Tridente Sgherza alla stampa locale del suo paese di origine, Molfetta (Bari), dipingendo la sua condizione di espropriato. Il mondo politico italiano era con lui. Il 26 maggio scorso, infatti, alcuni parlamentari del PD, tra cui la Senatrice Anna Finocchiaro, hanno firmato una interpellanza urgente di solidarietà con gli imprenditori d’origine italiana vittime degli espropri in Venezuela. Claudio Micheloni, primo firmatario della mozione, denunciava l’esproprio di 76 imprese che lavoravano nel settore degli idrocarburi, “molte delle quali di proprietà di italo-venezolani”.
Poco distante arrivò a “Italians”, il blog del “Corriere della Sera” gestito da Beppe Severgnini, la lettera di Giancarlo Volante (“Venezuela. Proprio oggi sono venuti a confiscarci degli autotreni”) in cui si denunciava un esproprio accaduto “senza avere la possibilità di difenderci attraverso le autorità competenti”. Alla lettera - e indirettamente alle altre 14 società proprietà di cittadini italo-venezolani - rispondeva prontamente il nostro Ambasciatore Luigi Maccotta. Il diplomatico illustrava le iniziative attivate dal governo italiano per sensibilizzare le autorità locali (Ministero dell’Energia, Azienda Petrolifera di Stato, Ministero degli Esteri, Gruppo Parlamentare di Amicizia italo-venezolano) e spiegava come fossero stati fatti presenti il danno e il disagio che si venivano a creare in seno alla collettività. Rimarcava, comunque, che una legge di nazionalizzazione rientra nell’autonoma sfera di sovranità dello Stato.
Anche il Console Davoli crede che non si possa “contestare una azione dello stato sovrano se fatta nel rispetto della legge” e, come l’Ambasciatore Maccotta, sottolinea che l’unico atto possibile da parte delle Istituzioni italiane è quello di fare pressione affinchè venga rispettata quella parte della normativa che prevede indennizzi equi, tempestivi ed effettivi.
- Le istituzioni italiane - asserisce il Console - sono impegnate su questo fronte con la stessa forza e con la stessa efficacia degli altri paesi europei. Il loro intervento diplomato è risultato essere in molti casi prezioso.


Interrogazioni

Dopo la senatrice Poli Bortone (Pdl), anche l’on. Marco Zacchera, presidente del Comitato italiani all’estero della Camera, ha presentato un’interrogazione al Ministro Frattini sul tema delle misure adottate dal governo italiano come risposta alle espropriazioni e alle nazionalizzazioni attuate in Venezuela. Zacchera sosteneva che la “crisi venezuelana” avesse ormai assunto “caratteristiche di estrema gravità” che “impongono interventi determinati e senza indugio a tutela della democrazia”.
Durante i lavori della II Commissione Mista italo venezolana dello scorso maggio, cui hanno partecipato il presidente Chávez, il ministro degli Esteri Franco Frattini ed il suo omologo Nicolas Maduro, quello delle ‘espropriazioni’ è stato uno dei temi ‘caldi’. Il ministro ha spiegato alla collettività italiana l’azione di sensibilizzazione svolta dalla Delegazione nei confronti delle autorità venezolane, soprattutto grazie ad un incontro avvenuto tra l’Instituto Nacional de Tierras ed i rappresentanti delle famiglie italiane vittime di espropri ed invasioni. Tutto per garantire indennizzi effettivi, equi e tempestivi.
Secondo un recente sondaggio della ‘Voce’, la metà degli italiani intervistati presso il Centro Italiano venezolano di Caracas teme di essere espropriata addirittura della propia casa. Questo non è mai accaduto. Si è però proceduto ad espropri previsti dalla “Legge Organica che riserva allo Stato i Beni e i Servizi Connessi alle Attività Primarie degli Idrocarburi” ed a quelli di utilità pubblica.

Sindaco copeiano espropria un Centro Italo dello Zulia per non lasciarlo ai chavisti

di Monica Vistali

CARACAS – È stato annunciato il decreto di utilità pubblica ed interesse sociale del ‘Centro Italiano Venezolano’ di Ciudad Ojeda che, in poche parole, è stato espropriato. Ma questa volta a compiere il “crimine”, come tanti lo definiscono, non sono state le fila rosse del Governo né Pdvsa, ufficiale proprietaria del terreno che avrebbe potuto rivendicarlo, ma il Sindaco copeiano di Lagunillas, Edwin Pirela.
Secondo il primo cittadino, raggiunto telefonicamente dalla ‘Voce’, “alcuni membri dei Consejos Comunales della zona” avrebbero avuto intenzione di “assaltare il Club”. Con l’espropriazione, pensata il lunedì e messa in atto il martedì, avrebbe di fatto impedito ai “chavisti” di trasformare il centro in “una delle loro sedi di governo che poi falliscono”.
- Quelli della Giunta direttiva (del Civ, ndr) sono tutti amici miei! Decretando l’espropriazione ho salvato il Centro Italiano - ha spiegato il Sindaco.
Il primo cittadino ha assicurato che il club si trova in totale stato di abbandono (cucina inutilizzabile, aria condizionata ed impianto elettrico malfunzionanti, infiltrazioni di pioggia nelle sale) e che con questa espropriazione verrà recuperato a totale beneficio della comunità, invece che diventare “sede di uffici chavisti”. Inoltre, ha voluto sottolineare che solo otto dei 148 soci erano al giorno con il pagamento della propria quota.
- La misura si riferisce ad un terreno di circa 23 mila metri quadrati - ha detto il Sindaco durante una conferenza stampa -. Lo utilizzeremo per gli abitanti di Lagunillas, come complesso sportivo comunale che ospiterà anche attività culturali e sociali.
La parole del Primo cittadino di Lagunillas non trovano però riscontro nelle affermazioni del presidente del Civ di Ciudad Ojeda, secondo il quale l’espropriazione del Centro non sarebbe altro che conseguenza di una ‘guerra’ tra chavisti e copeiani per il possesso del terreno, ubicato nella ‘urbanización’ Tamare.
- Con le invasioni le baracche del ‘barrio’ a ridosso della recinzione - spiega Oscar Framiglio - stavano avanzando sempre di più, era aumentata la criminalità. Dall’altra parte c’era il Comune, che voleva per sè le istallazioni. Così si è inventato l’assalto dei chavisti e che tutto era a pezzi, in stato di degrado, quando in realtà la situazione non è così grave.
Secondo il presidente, i problemi che affliggono gli spazi del Civ sono “dettagli minimi”, comunque risolvibili: qualche bagno che non funziona, qualche sala senza aria condizionata. Che comunque non hanno mai impedito ai connazionali di frequentare le istallazioni.
Per i bilanci il discorso cambia. La quota mensuale del Centro di Ciudad Ojeda è BsF 25. Però solo per la piscina, venivano spesi BsF 4,000 e per sopravvivere il Club avrebbe bisogno di circa BsF 12,000 ogni mese. Fino all’anno scorso i soci attivi con i pagamenti erano 250, mentre ora sono meno di una quarantina.
- Pensavamo di aumentare la quota per affrontare alcune spese di mantenimento e manutenzione ma i soci hanno smesso di pagare. Possiedono azioni di imprese espropiate della zona e la loro situazione economica è incerta.
Secondo quanto ha però spiegato alla ‘Voce’ il presidente di Federazione delle Associazioni italovenezolane, Mariano Palazzo, il Civ di Ciudad Ojeda “presentava da tre - quattro anni grandi difficoltà economiche”, “aveva debiti con Faiv” e non proprio tutti i 170 soci pagavano le quote. Inoltre i membri del Club “non presenziavano alle riunioni”, il Centro non aveva partecipato ai Giochi di Maracaibo, non si era iscritto per quelli di Merida e la struttura, in special modo la piscina, era “in disuso”. Insomma un Centro in agonia, come ce ne sono altri, anche se Palazzo ricorda che c’era stato un “gruppo che aveva tentato di riattivarlo”.
Ieri c’è stato un primo incontro tra il Sindaco Pirela e alcuni rappresentanti della collettività italiana – tra cui anche il console reggente di Maracaibo - rimasto però infruttuoso. Dalla bocche di una cinquantina di persone sono nate proposte diverse - regalare al Comune azioni morose del Civ per poi investire insieme nella rimordenizzazione delle strutture; lasciare al Sindaco il possesso del terreno ed in cambio restare con il controllo dell’immobile - ma non si è arrivati ad un accordo finale.
L’unica voce fuori dal coro, piena di speranza, è qualla del vicepresidente di Faiv e presidente del Comites di Maracaibo, Cono Siervo. Secondo lui la riunione è stata “positiva” ed il Sindaco “potrebbe cambiare idea riguardo all’espropriazione”. “L’Ambasciatore Luigi Maccotta ha mostrato disponibilità e potrà avere un ruolo importante nelle trattative”, insieme alla comunità italiana che è “unita nella lotta contro un’azione che non possiamo permettere”.
Domani i soci del Centro Italiano si incontreranno per pianificare un’offerta ed una strategia comuni da presentare lunedì, in un gruppo di sole 4 o 5 persone, al Sindaco Pirela.
Secondo quanto riportato dal quotidiano ‘Panorama’ di Maracaibo, per compiere con il decreto, il 2010-043, il procuratore è stato autorizzato a realizzare in tempi brevi l’iter legale necessario. Inoltre, il Comune avrebbe consegnato alla comunità un lotto di terreno confinante con il Civ da destinare alla costruzione di abitazioni.

lunedì 2 agosto 2010

Il leghista Castelli: infrastrutture italiane in Venezuela grazie all'amicizia tra Chávez e Berlusconi

CORTINA – Parla di colonizzazione, allude alla dittatura quando parla del Venezuela e di rapporti tra ‘grandi capi’ quando tratta di economia. È il vice ministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli, parlando dell’export italiano durante una tavola rotonda organizzata nell’ambito di “Cortina Incontra”.
- Le aziende italiane lavorano in Venezuela grazie al rapporto personale che c’è tra Berlusconi e il presidente Ugo Chavez. Chavez ci fa fare le cose - ha detto - perché siamo bravissimi e c’è una storia delle imprese italiane in Venezuela, ma anche grazie ‘al mio amigo Berlusconi’, ‘salutami Berlusconi’ e ‘viva Berlusconi’. Le grandi opere infrastrutturali - ha poi aggiunto - vengono fatte quasi sempre in Paesi dove non c’è grande democrazia e mercato: decide l’autorità politica, che spesso è dittatoriale, per cui il rapporto personale tra il grande capo di quel paese e il grande capo del nostro paese è fondamentale.
Il vice ministro ricorda poi le cifre italiane:
- Conosciamo Ferrari e Valentino ma quello che hanno fatto i nostri costruttori nel mondo è di più: dal 2004 al 2008 è stato raddoppiato il fatturato di queste aziende nel mondo. Tre miliardi di euro nel 2004, sei miliardi e mezzo nel 2008’. Le aziende italiane - prosegue - vincono il campionato mondiale delle infrastrutture, hanno saputo colonizzare il mondo e questo mi rende orgoglioso da italiano. Ma c’è bisogno di supportare queste aziende con un programma di infrastrutture e con l’appoggio politico all’estero.
Per quanto riguarda il Ponte sullo Stretto, ‘’fare un’opera unica al mondo - ha detto Castelli - sarebbe un bel biglietto da visita per le nostre imprese. Io lo farei anche solo per questo ritorno d’immagine’’.

Siciliani, dalla Regione 20 polizze Rescarven

di Monica Vistali

CARACAS – Per rimediare ai danni che le forbici sempre più affilate della Finanziaria stanno regalando agli italiani dentro e fuori dai confini, l’associazionismo cerca intese con le Regioni e lavora per far arrivare oltreoceano il denaro necessario ad alleviare lo spettro della povertà. Su questo binario non solo gli abruzzesi del Venezuela, cui a breve arriveranno 80 mila euro, ma anche i siciliani, che quest’estate hanno ottenuto per la prima volta un fondo per 20 polizze sanitarie Rescarven da donare ai corregionali in forte difficoltà economica. Undici di queste assicurazioni sono già state consegnate durante una cerimonia svoltasi negli spazi del Centro Italiano Venezolano lo scorso 10 luglio - alla presenza del Console generale d’Italia Giovanni Davoli, il presidente del Comites Michele Buscemi, il presidente della Casa Sicilia Paolo Cozzo e il presidente dell’Associazione liminese Giuseppe Noto - altre sono in viaggio e arriveranno a breve.
È stato il presidente dell’Associazione Siciliani nel mondo di Caracas, l’editore Eligio Restifo, ad illustrare durante il suo intervento al Civ il percorso che ha portato alla concessione del fondo.
- La nostra lotta è iniziata quando ancora i nostri immigranti in Venezuela erano considerati dal governo italiano i ‘fratelli ricchi dell’America del Sud’ - spiega Restifo -. È stato un duro lavoro convincere l’Italia che la realtà del Paese era cambiata e che esistevano gruppi di persone con estreme necessità.
Restifo ha poi ricordato ai presenti l’incontro con il deputato regionale Carmelo Lo Monte il quale, ascoltate le esigenze dei suoi corregionali all’estero, creò l’Associazione Siciliani nel Mondo, integrata da più di 60 Comuni dell’isola che, sommando i loro sforzi, riuscirono a raccogliere velocemente il denaro necessario per le polizze sanitarie, triennali, e l’acquisto di farmaci per indigenti.
Ad aiutare l’Associazione nella scelta dei primi 11 beneficiari della polizze la sig.ra Miriam Guevara, di Rescarven, il cui sforzo si è unito a quello del Consolato generale d’Italia. Anche se i membri dell’Associazione sono tutti abitanti della capitale, gli 11 beneficiari Rescarven sono di Caracas, Valencia e Barinas, selezionati dalle siciliane Elisabetta Autieri e Josefina Di Salvio tra centinaia di candidati sparsi per il Paese.
Già in passato, il gruppo di siciliani aveva presentato alla sede consolare di Caracas i nominativi di 16 corregionali in difficoltà che oggi, per l’acquisto dei propri farmaci, si possono rivolgere alla rete Pharmatención, di proprietà del dott. De Lucca, un medico siciliano che offre loro prezzi solidali.

domenica 1 agosto 2010

Franco de Vita, l'orgoglio della stella della Solidarietà italiana

Il noto cantautore italo venezolano, decorato commendatore della Repubblica italiana durante una cerimonia al Centro Italiano Venezolano, ci spiega cosa significa essere un emigrante

di Monica Vistali

CARACAS - Scarpe classiche color oro ai piedi del celebre cantante Franco De Vita, che giovedì è stato decorato della Stella della solidarietà italiana dal Consigliere politico dell’Ambasciata d’Italia, Alberto Pieri. Alla cerimonia, svoltasi negli spazi del Centro Italiano Venezolano di Caracas, hanno partecipato numerosi esponenti della collettività, rivelatosi fans dell’artista in feroce caccia di fotografie ed autografi.
Il Consigliere Pieri, intervenendo dopo i saluti del Presidente del Civ, Mario Chiavaroli, ha sottolineato il valore della Stella donata al neo-commendatore De Vita, la più importante in termini di prestigio e prima nella storia, che nel dopoguerra italiano decorava coloro che si erano distinti per i loro contributi alla ricostruzione ed oggi premia gli ambasciatori dell’italianità nel contesto internazionale, gli sforzi ed i successi di chi dona lustro al Paese d’origine.
- Franco de Vita - ha sottolineato Pieri - è un esponente di primo grado di un’Italia prodiga di genio e risorse. Conta più di 25 milioni di dischi venduti e 1500 concerti in ben 50 Paesi nel mondo. Si dice che il nostro è un ‘popolo di poeti, santi e naviganti’ - ha concluso il diplomatico - oggi vorrei aggiungere a questi anche i cantanti e i musicisti.
Un artista diviso tra Italia, Venezuela e Spagna, dove oggi vive. Un figlio di migranti che ha trascorso l’infanzia nella Penisola - dove ha vissuto dai 3 ai 13 anni - per poi vivere da emigrante ritornando in quella Venezuela che gli ha dato i natali. Un’adolescenza in quella ‘terra di nessuno’ che sono i banchi delle scuole italiane all’estero, come la A. Codazzi di Caracas, dove ha studiato.
- Quando sono tornato in America latina ho dovuto imparare lo spagnolo, non avevo amici. Ero forestiero nella mia terra. Lo stesso vale per quando torno in Italia: i luoghi e le persone non sono più le stesse. Una volta che lasci il tuo Paese - decreta De Vita - sarai straniero per sempre.
Tutto cambia, certo.
- Ricordo un’Italia ‘di paese’, i giochi giù in strada, il calcetto con gli amici. Una terra viva. Oggi - si rammarica il cantante, originario di Pellare, a Salerno - tutto è più moderno ma più spento, più stanco.
E il Venezuela?
- Non è un fatto politico - spiega De Vita - ma anni fa la gente viveva meglio. Sento che questa terra paradisiaca si sta deteriorando. Criminalità, insicurezza... e in Italia purtoppo è lo stesso.
Qualcosa di buono, però, è nato: una coscienza stimolata anche da alcuni suoi brani, tra i quali spicca ‘Extranjero’.
- Anni fa essere italiani, e migranti, era una vergogna. I genitori cercavano di nascondere l’italianità dei propri figli perchè non venissero discriminati, non gli insegnavano la lingua della loro terra. Oggi invece la gente è orgogliosa di essere italiana e le seconde, terze generazioni portano con fierezza all’estero la bandiera italiana.
Il cantante, che ha segnato con le sue note il panorama musicale di tutta l’America latina con più di quindici album e canzoni composte per il collega Ricky Martin, tra gli altri, ha ringraziato calorosamente per il riconoscimento ricevuto ma, dopo pochi contatti con il pubblico e il tempo dedicato alla stampa, come una vera star ha lasciato presto il Civ abbandonando i suoi fans al ricco buffet.