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martedì 28 giugno 2011

Incubo ‘El Rodeo’, impossibile comunicare con i 4 italiani


Blocco dei permessi per far visita ai detenuiti trasferiti in altri penitenziari. Ancora mille ostaggi nel ‘Rodeo II’.
La tragedia delle carceri venezuelane nella testimonianza di Padre Leonardo

CARACAS - Padre Leonardo Grasso, responsabile dell’Associazione Icaro - l’ong che fornisce assistenza ai detenuti italiani in Venezuela - non ha ancora ottenuto dalle autorità il permesso di visitare i quattro connazionali che, dopo essere usciti sani e salvi dalla violenta rivolta nel carcere ‘El Rodeo I’ di Caracas, sono stati trasferiti nel penitenziario ‘Yare II’ insieme ad altri 2.500 detenuti, tenuti in ostaggio dai rivoltosi e poi riscattati dalla ‘Guardia Nacional Bolivariana’.
- Le comunicazioni sono bloccate - spiega Padre Leonardo - non concedono permessi per le visite e hanno sequestrato tutti i telefoni cellulari dei detenuti. Riusciamo a fare arrivare qualche messaggio solo in modo informale, attraverso qualcuno che lavora all’interno del penitenziario.
La proibizione delle visite genera inquietudine nei familiari dei reclusi, che protestano rivendicando il diritto di verificare di persona l’effettiva sopravvivenza e lo stato di salute dei propri cari. Le liste diffuse dal governo, con i nomi di tutti i detenuti traferiti nelle diverse carceri della Capitale, non convincono; soprattutto perché le notizie che filtrano dalle carceri sono poche e spesso contraddittorie. Lo conferma Padre Leonardo: “Manca informazione - spiega - e solo ai giornalisti di Canal 8 è consentito l’accesso ai penitenziari”.
C’è chi insinua che lo spostamento forzato dei detenuti del ‘Rodeo’ e il blocco delle visite sia stata una manovra per impedire che si verifichi l’effettivo numero di morti causato dalle rivolte. Questo ufficialmente tocca quota 26 persone ma alcune fonti riferiscono 90.
Tra Padre Leonardo ed i quattro connazionali, tutti arrestati in territorio venezuelano per traffico di droga, c’è stato solo un breve colloquio telefonico lo scorso martedì. I prigionieri, nonostante fossero reclusi nella ‘Torre’ (zona del ‘Rodeo I’ dove si sono registrati violentissimi scontri a fuoco) avrebbero assicurato di star bene e non essere rimasti feriti nonostante le violenze che ancora si sussegono all’interno del penitenziario.
Quella del ‘Rodeo’ è la peggiore rivolta avvenuta in una prigione venezuelana dal 1999, quando in uno scontro fra detenuti e polizia si contarono 27 morti.

Il punto della situazione
Attualmente sono quasi mille i detenuti del ‘Rodeo II’ tenuti in ostaggio dagli uomini armati che fanno capo ai “pranes”, i boss che controllano la struttura penitenziaria. Gli uomini della Guardia Nacional Bolivariana non riescono ancora ad avere il controllo dei padiglioni del carcere. Padre Leonardo riferisce di alcuni prigionieri uccisi negli ultimi giorni dalle bombe lacrimogene.
L’esercito è però penetrato nel ‘Rodeo I’ ed ora sta smantellando l’intera struttura alla ricerca di armi e droghe nascoste dai detenuti all’interno delle pareti. Secondo la versione ufficiale, quando si concluderà la revisione gli spazi verranno ricostruiti e i prigionieri ritrasferiti al ‘Rodeo’. Padre Leonardo, però, riferisce che il recupero della struttura e il ritorno dei prigionieri dovevano compiersi entro due settimane ma “è già passata una settimana e stanno ancora rompendo tutti i muri”.
Intanto, nelle altre carceri del Venezuela stanno nascendo focolai di rivolta, “atteggiamenti di solidarietà nei confronti dei reclusi del Rodeo”. Scioperi della fame e proteste sono già stati registrati nel penitenziario capitolino ‘La Planta’, dove sono reclusi tre connazionali; nel ‘Puente Ayala’, nella città di Barcelona, dove ce ne sono due; nell’‘Uribana’, nello stato Lara; nella ‘Pgv’ di San Juan de los Morros, stato Guárico.
In Venezuela ci sono attualmente 72 italiani detenuti. Tra questi, nove sono reclusi nel carcere ‘Los Teques’ di Caracas, sei nel ‘San Antonio’ dell’Isola di Margarita, mentre nove donne sono rinchiuse nell’Inof (Instituto Nacional de Orientacíon Feminina). Numerosi altri connazionali sono in libertà condizionata.

L’incubo ‘ Rodeo’
Se si vuole capire il ‘Rodeo’, ci si deve dimenticare “delle celle dei film nordamericani, quelle con i due prigionieri stesi sui letti a castello”, consiglia Padre Leonardo.
- Ci sono stanzoni dove sono rinchiuse 200 o addirittura 500 persone - spiega il responsabile di Icaro – e le pareti interne sono state abbattutte. Ai lati, finestre senza sbarre. Tutto lo spazio è chiuso da una grande porta che è il punto di difesa del padiglione ed è protetta militarmente dagli stessi detenuti, organizzati in squadre armate. Di notte si dorme tutti insieme in questo salone, buttando a terra una scatola di cartone o un materassino, se si è fortunati. Solo i ‘pranes’ o i prigionieri ricchi riescono ad avere uno spazio più riservato: certo non una cella singola, ma per lo meno un antro da condividere con solo una decina di persone.
Il penitenziario ‘El Rodeo’ è in realtà una doppia struttura che si compone di due terreni, spiega Padre Leonardo, contigui ma separati da una recinzione di filo spinato. Nei due spazi ci sono rispettivamente ‘El Rodeo I’ e ‘El Rodeo II’, due carceri distinte con due entrate, due direttori, due amministrazioni diverse. Gli edifici, costruzioni solide e vecchie, sono a tre piani. Sono stati edificati rispettivamente nel 1983 (il Rodeo I) e nel 1997 (il Rodeo II).

Il sistema carcerario in Venezuela
Secondo Padre Leonardo la situazione carceraria in Venezuela è di estrema gravità. In testa alle cause il sovraffollamento delle strutture.
- Nel 2007 si registravano circa 20 mila prigionieri in tutta la nazione mentre oggi ce ne sono 48 mila - spiega - a fronte di solo due nuovi piccoli penitenziari (lo ‘Yare III’ ed uno nella città di Coro) che ospitano solo 800 prigionieri ciascuno.
Il sovrannumero diventa ancor più pericoloso se si pensa che i reclusi non sono separati sulla base dei reati commessi e adolescenti al primo scippo sono rinchiusi insieme a pericolosi criminali ed assassini. Per completare il tragico quadro, circa “l’80 per cento dei reclusi in Venezuela non è ancora stato sottoposto a giudizio” - ed è quindi ancora innocente di fronte alla Legge, secondo il principio della presunzione d’innocenza - e addirittura “il 20 per cento non ha ancora avuto la prima audienza”.
- L’Associazione ‘Icaro’ è attiva dal 1996 - racconta il sacerdote - e nel tempo ci è capitato qualche caso di un connazionale recluso e poi liberato dopo anni perché giudicato innocente.
Una marea di criminali in cui navigano anche innocenti. Tutti rinchiusi in spazi angusti, dimenticati. Pochi programmi di riabilitazione. Quasi 400 detenuti uccisi ogni anno, secondo le stime della ong Citizen’s Council for Public Security. Tanto ozio, tanta droga, tante armi. Già, le armi. Padre Grasso ha le idee chiare su come interi arsenali - persino bombe a mano e granate - penetrino all’interno di carceri dove la qualità della vita è inversamente proporzionale al livello di aggressività.
- I familiari e gli amici che fanno visita ai detenuti subiscono ferrei controlli e perquisizioni. Per le donne, di qualunque età, sono obbligarorie rigorose visite ginecologiche. Chi fa entrare armi e droga non è certo un parente dei priogionieri.

lunedì 27 giugno 2011

PETROLIO: Al Venezuela $ 5.500 milioni da banche italiane e cinesi

CARACAS - Il Venezuela riceverà un credito di 5.500 milioni di dollari da banche italiane e cinesi per finanziare progetti petroliferi multimilionari nella Fascia dell’Orinoco. Lo ha reso noto il giovedì il ministro dell’Energia, Rafael Ramírez.
L’impresa mista con China National Petroleum Corporation (CNPC) riceverà un finanziamento di 4.000 milioni di dollari mentre a quella con l’italiana ENI saranno consegnati 1.500 milioni di dollari. Anche se il ministro non ha specificato la banche coinvolte nell’affare, si crede che gli istituti italiani potrebbero essere Intesa e Banca Popolare di Milano.
- Continuiamo a lavorare perché la maggior parte di questi crediti arrivino entro la fine di quest’anno - ha spiegato il presidente di Pdvsa - diamo molta enfasi alla Fascia dell’Orinoco e lavoriamo per trasformarla in un grande centro industriale, di servizi.

Esportazioni
Ramírez ha affermato che dopo le sanzioni applicate a Pdvsa dal governo di Washington per supposti commerci con l’Iran, il Venezuela sta dirottando in Europa le esportazioni occasionali agli Stati Uniti. Il Venezuela somministra ogni giorno agli Usa circa 1,1 milioni di barili petrolio e derivati.
- Gli Stati Uniti hanno commesso un grave errore - ha detto Ramírez - si stanno facendo male da soli attaccando un paese strategico.
La Fascia dell’Orinoco ha bisogno di circa 80.000 milioni di dollari in investimenti congiunti per estrarre fino a 2,1 milioni di barili al giorno e costruire e mantenere le raffinerie che trasformano il greggio in un prodotto adatto all’esportazione.

Eni indagata per corruzione internazionale
Mercoledì l’azienda Eni è stata iscritta dalla procura di Milano nel registro degli indagati nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria per corruzione internazionale in merito ad alcune presunte tangenti che sarebbero stata pagate ai manager dell’Eni per appalti in Iraq e Kuwait. Poco dopo ha diramato un comunicato tramite il quale si è dichiarata parte lesa e ha informato di aver già disposto provvedimenti disciplinari e cautelari nei confronti dei dipendenti coinvolti.

di Monica Vistali



domenica 26 giugno 2011

La Caracas di un italiano dietro le sbarre


di Monica Vistali

CARACAS - Le carceri di Caracas in scena a Roma. Venerdì, nel corso dell’evento “Bello come una prigione che brucia!”, serata anticarceraria in ricordo del “rapinatore gentiluomo” Horst Fantazzini, sono stati letti testi di “Camera di Sicurezza - Caracas” di Antonio Nazzaro. Sul palco Stefania Di Lino, “insegnante precarissima di Discipline Plastiche e Educazione Visiva” - come si definisce - ha ridato vita alla notte in gattabuia passata dal nostro connazionale.

- Le sbarre sono di ferro lucido di mani sporche, non arriva odore di salmastro ma di piscio lasciato lì ad annegare l’anima - scrive Nazzaro ricordando ‘la gabbia’ -. Non sono a Noli, quindi, sono ancora a Caracas. Le piastrelle finiscono di fronte al bagnasciuga della cella di sicurezza metro 1,78 x 2. Mi ritorna il dubbio d’essere in spiaggia.

“Camera di sicurezza - Caracas” è oggi un vision book di nove puntate. L’attore torinese Ezio Falcomer interpreta i testi autobiografici di Nazzaro mentre sullo sfondo scorrono immagini montate dall’autore.

- “Camera di sicurezza” è il racconto del labirinto della collettività italiana in Venezuela - spiega Nazzaro -. Quella notte di carcere, totalmente ingiusta, mi è costata un anno di vita. Dall’anno scorso sono sotto regime di obbligo di firma e il precedente penale mi impedisce di trovare un lavoro.

Antonio Nazzaro, ex professore del “Colegio italo-venezuelano Bolivar y Garibaldi” di Caracas, è stato arrestato il 17 giugno scorso per aver voluto presenziare agli esami orali di terza media che si svolgevano nell’istituto, come risulta dalla denuncia. Esami a cui ogni cittadino, italiano e non, ha diritto ad assistere.

- Ho visto e ascoltato in Facebook le opere di Antonio e ho deciso di portarle come testimonianza sui temi del carcere e della repressione in quanto possiedono anche la bellezza della prosa e della poesia - spiega Di Lino, poetessa e scultrice -. La serata è stata travolgente e con interventi estemporanei, le letture di “Caracas” sono andate benissimo e lo scritto ha suscitato un interesse autentico.

La serata anticarceraria “Bello come una prigione che brucia!” è nata da un’idea del gruppo ‘Velena’ per ricordare la figura di Horst Fantazzini. L’iniziativa rientra all’interno delle due Giornate di Contro Culture organizzate da varie realtà presenti nello storico quartiere romano di S. Lorenzo. Un evento che assume un significato particolare in questi giorni di fronte alle tristi vicende dei penitenziari venezuelani (in cui sono reclusi più di 70 connazionali) dove una rivolta ha provocato finora quasi 30 morti.

“Camera di Sicurezza - Caracas” ha riscosso un modesto successo in YouTube. Più di 500 persone hanno visto ogni episodio della video-opera italovenezuelana. Nazzaro era già stato autore di “Intervista a Galileo”, videoteatro presentato nell’ambito della ‘Settimana della Lingua’ contemporaneamente in Venezuela e in Brasile; “Pasolini - Storia di un intellettuale perseguitato”, il documentario “Milo De Angelis a Caracas” e “Relato de puás”, adattazione dell’opera di Mario Benedetti “Pedro y el Capitán” nonché di poesie e saggi. “Videoartigiano”, come ama definirsi, Nazzaro è fondatore del “Centro Cultural Tina Modotti”.

- La storia non è ancora finita - racconta Nazzaro - e rimane esattamente a questo punto: “Resta una notte passata in cella se così si può definire, ed uno scarafaggio mi sorride”.

giovedì 23 giugno 2011

Rivolta nel carcere El Rodeo: uno dei ‘pran’ decise l’omicidio di Gian Carlo Colasante

CARACAS - Il nome di uno de los “pranes” del Rodeo II, Yorvis López, soprannominato “Oriente”, è stato menzionato a fine 2010 durante l’investigazione del sequestro e dell’omicidio dell’italiano 29enne Gian Carlo Colasante, rapito a Guarenas il 27 ottobre scorso. Il connazionale fu assassinato sette giorni dopo lungo l’autostrada Guarenas-Guatire mentre si trattava la sua liberazione. Dalle ricerche del Cicpc risulta che “Oriente”, dal penitenziario El Rodeo II, gestiva le negoziazioni.
Il giovane era stato rapito mentre si dirigeva all’impresa di costruzione di suo padre nella città di Guatire. I sequestratori armati tagliarono la strada al ragazzo, s’impossessarono del furgone che stava guidando e lo rapirono. Due ore dopo chiamarono la famiglia Colasante per chiedere come riscatto una elevatissima somma di denaro.
Il cadavere fu ritrovato con nove spari alla schiena e altri sulle gambe, mentre la sua famiglia negoziava il pagamento del denaro che la banda di sequestratori pretendeva per la sua liberazione.
Per il caso erano stati detenuti due funzionari di polizia (Larry Pérez Rengifo e Orlando Aponte); i delinquenti José Fernández, alias “Joseíto”, Kleiderson Luna e Luis Naranjo, detto “El Burro”. Gli ultimi tre furono reclusi all’interno del Rodeo II. José e Kleiderson beneficiarono subito della protezione di “Oriente” mentre Naranjo, accusato di aver rivelato i nomi dei sequestratori al Cicpc, fu assassinato con 60 colpi di pistola due ore dopo essere entrato in carcere.
Secondo quanto rivelato dai reclusi, José è oggi il terzo “pran” del Rodeo. Si sarebbe guadagnato la leadership all’interno del penitenziario quando lanciò una granata per uccidere altri detenuti. Da quel momento in poi viene soprannominato “José Granada”. Kleiderman, fotografato negli ultimi giorni mentre abbraccia potenti armi da fuoco, è la mano destra di “Oriente”.

Saltato l’incontro con i 4 italiani
Nel frattempo, Padre Leonardo Grasso, responsabile dell’Associazione Icaro - l’ong che assiste assistenza ai detenuti italiani in Venezuela - non è riuscito ad incontrare ieri, come previsto, i quattro connazionali ex detenuti del ‘Rodeo I’ e ora reclusi nel carcere ‘Yare’. Secondo quanto riferito alla ‘Voce’ dal sacerdote, per ora le forze dell’Ordine “non stanno concedendo permessi per le visite ai detenuti” per cercare di “mantenere sotto controllo la situazione”.
Tra Padre Leonardo ed i quattro connazionali, tutti arrestati in territorio venezuelano per traffico di droga, c’è stato solo un breve colloqui telefonico avvenuto martedì. I reclusi avrebbero assicurato di star bene e non essere rimasti feriti nonostante i violenti scontri che ancora si sussegono all’interno del penitenziario. M.V.

La Biennale di Venezia sbarca a Venezia

di Monica Vistali

CARACAS – La Biennale di Venezia arriva questa sera a Caracas con l’esposizione “MostraArte - Daini e Mazzei a Venezia”, che sarà inaugurata alle 19 negli spazi dell’Istituto Italiano di Cultura di Caracas (Av. San Juan Bosco, Altamira).
È la prima volta che l’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, quest’anno alla sua 54esima edizione, varca i confini nazionali e si dirama negli 89 IIC sparsi in tutto il mondo. Lo fa in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia con l’obiettivo di aprirsi agli italiani all’estero e mostrare i risultati dell’interazione tra la formazione artistica italiana e gli apporti delle diverse culture; una fusione che ha saputo creare forme nuove e che pervade oggi tutta l’opera degli artisti italiani che lavorano all’estero.
Le artiste al centro della mostra a Caracas sono la scultrice Rita Daini e la pittrice Annamaria Mazzei, le due italo-venezuelane scelte per partecipare con le loro opere alla Biennale veneziana che ha aperto le porte lo scorso 4 giugno. Alcuni loro lavori sono ora esposti nel Padiglione Italia dell’Esposizione Internazionale, curato da Vittorio Sgarbi, e altri saranno presentati questa sera all’IIC di Caracas.
Le opere di Annamaria Mazzei presenti a “MostraArte” sono quadri ed installazioni. Come spiega alla ‘Voce’ la direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura, Luigina Peddi, la pittrice lavora “decomponendo il quotidiano” senza mai rinunciare ad “un occhio alle ferite della natura”. Una denuncia che le dà l’occasione di esprimere il parallelismo tra le lacerazioni interne, dell’anima, e quelle esterne, dell’ambiente e dei corpi.
Rita Daini, scultrice, espone a all’IIC di Caracas opere in ceramica, terracotta e bronzo. Inizia il suo cammino artistico con figure stilizzate e forme geometriche per poi aprirsi a frammenti del quotidiano pervasi però da un movimento continuo che evoca il flusso vitale: acqua, pesci, fumo, il calore di una tazza di caffè che non perdono intensità espressiva nelle piccole dimensioni. Fotografa la realtà ma lascia aperta la porta del significato: “chiama in campo lo spettatore cui chiede di partecipare all’opera, di completarla, di colmarla di senso”, spiega Peddi.
La direttrice dell’IIC di Caracas sottolinea l’importanza della nuova composizione della Commissione che ha selezionato gli artisti, comprensiva non solo di critici e curatori ma anche di scrittori, giornalisti e uomini di cultura. Riprende le parole del noto critico Vittorio Sgarbi, secondo cui l’arte stava diventando “ghettizzata”, un circolo chiuso eletto dagli specialisti secondo i loro canoni, gusti ed interessi. La nuova formazione del gruppo di selezionatori, secondo Peddi, permette alla Biennale di “aprirsi anche al pubblico, al feedback dei fruitori generici”.
L’esposizione “MostraArte” sarà aperta al pubblico fino a sabato 30 luglio. Orario: dalle 9 alle 16. Entrata libera.

martedì 21 giugno 2011

El Rodeo, rivolta in carcere: i quattro detenuti italiani stanno bene

di Monica Vistali

CARACAS – Stanno bene i quattro detenuti italiani dell’“Internado Judicial capital El Rodeo”, il carcere di Guatire (Caracas) dove da venerdì 17 giugno si susseguono violenti scontri tra reclusi e tra reclusi e polizia.
Padre Leonardo Grasso, responsabile dell’Associazione Icaro - l’ong che assiste i detenuti italiani in Venezuela fornendo sostegno spirituale, viveri e medicine - è riuscito un’ora fa a comunicare telefonicamente con i connazionali. I quattro sono stati trasferiti domenica pomeriggio nel penitenziario ‘Yare’ (a Caracas) insieme a circa 2.500 detenuti tenuti in ostaggio dai rivoltosi e poi riscattati dalla ‘Guardia Nacional Bolivariana’. Domani pomeriggio il sacerdote visiterà i connazionali.
- Sono scossi e frastornati – riferisce alla ‘Voce d’Italia’ Padre Leonardo – ma stanno bene e sono in buone condizioni. Nonostante fossero reclusi nella ‘Torre’ (zona del ‘Rodeo I’ dove si sono registrati violentissimi scontri a fuoco, ndr) non sono rimasti feriti. Abbiamo parlato poco e non hanno potuto fornire particolari riguardo a ciò che hanno visto e vissuto perché la conversazione era sotto controllo.
I quattro italiani sono stati arrestati per traffico di droga. Hanno un'età compresa tra i 35 ed i 45 anni. Tre erano residenti in Italia e sono stati arrestati in territorio venezuelano, uno invece risiedeva già in Venezuela.

Preoccupazione per gli altri detenuti italiani
Padre Leonardo esprime forte preoccupazione per gli altri 68 detenuti italiani del Venezuela. Secondo il sacerdote, infatti, “la situazione delle carceri venezuelane si sta complicando” perchè stanno nascendo focolai di rivolta, “atteggiamenti di solidarietà nei confronti dei reclusi del Rodeo”.
- Ci sono scioperi della fame nel penitenziario capitolino ‘La Planta’ - spiega - dove sono reclusi tre connazionali. Rivolte anche nel ‘Puente Ayala’, nella città di Barcelona, dove ce ne sono due.
Nove italiani sono detenuti nel carcere ‘Los Teques’ di Caracas, sei nel ‘San Antonio’ dell’Isola di Margarita, mentre nove donne sono rinchiuse nell’Inof (Instituto Nacional de Orientacíon Feminina). Numerosi altri connazionali sono in libertà condizionata.
Il sacerdote ha voluto ringraziare il Consolato Generale d’Italia a Caracas che “si è subito attivato per rintracciare i connazionali” e “ci ha offerto tutto l’aiuto ed l’appoggio possibili”.

La rivolta
Attualmente ci sono ancora 934 prigionieri tenuti in ostaggio dagli uomini armati che fanno capo ai “pranes”, i boss che controllano la struttura penitenziaria. Le forze dell’ordine sono riuscite ad entrare solo negli spazi del ‘Rodeo I’ però non hanno ancora il controllo completo del carcere. Il ministero degli Interni venezuelano afferma che le vittime degli scontri a fuoco sono 22 ma il numero è ancora incerto.
Quella del ‘Rodeo’ è la peggiore rivolta avvenuta in una prigione venezuelana dal 1999, quando in uno scontro fra detenuti e polizia si contarono 27 morti.

martedì 14 giugno 2011

Referendum, in Venezuela la terza peggior affluenza del mondo

CARACAS – Flop referendum. A parte i connazionali residenti a Panama e in Andorra, gli italiani in Venezuela sono quelli che meno hanno inciso sul quorum del voto all’estero, con un’affluenza alle urne del 12,2 per cento. Questo il dato che emerge dallo spoglio delle schede del referendum e che contrasta fortemente con la percentuale d’affluenza nella circoscrizione Estero, che oscilla tra il 23,07 e il 23,12 per cento a seconda dei quesiti, e negli altri paesi del Sudamerica, dove l’affluenza ondeggia tra il 27,46 e il 27,51 per cento e tocca i picchi del 39,5% (Bolivia) e del 33,6% (Uruguay).
Nello specifico, gli italiani in Argentina hanno partecipato al voto in una percentuale del 30% mentre in Brasile l’affluenza è stata del 28%, in Equador del 23%, in Colombia del 25.5%, in Paraguay del 25.4%, in Perù del 22.5%. Vicini alla scarsa affluenza italo-venezuelana solo gli italiani del Cile, che hanno fatto registrare un’affluenza del 12.4%.
Se compariamo il dato del Venezuela con quelli di altri Paesi del continente, lo scenario non cambia. Infatti, negli Stati Uniti hanno aderito al voto circa il 20% degli italiani, in Canada il 18,5%, in Messico il 24%, in Guatemala il 39%, in Costarica il 19%, a El Salvador il 21,3%, in Honduras il 23%, nella Repubblica Domenicana il 35%, in Nicaragua il 24,2%.
Spostandoci più lontano, buoni risultati per gli italiani d’Egitto, alle urne con una affluenza del 36,7%, delle Filippine (28,8%), dell’India (41,2%), d’Angola (39,6%), d’Estonia (38,3%), d’Algeria (38,2%), del Giappone (53%), della Norvegia (32,5%), di Cipro (19%), della Croazia (47%) e della Danimarca (32%). Nonostante la misteriosa debacle italo-venezuelana, di cui andrebbero verificate le cause, per tutti e quattro i referendum la maggiore affluenza si è avuta in America Meridionale, dove la partecipazione ha superato abbondantemente il 27%. A seguire troviamo la ripartizione Africa, Asia Oceania e Antartide, con quasi il 25%, Europa con il 21% e America del Nord, intorno al 20%.
Affluenza record in Afghanistan dove ha votato il 97,2% degli aventi diritto. Altissime percentuali anche in Oman con il 90,6% e in Swaziland con 89,6%. Seguono Georgia (77,8%), Azerbaigian (66,7%), Mozambico (65,6%), Kuwait (65,3%) e Armenia (64,7%). L’adesione al voto dei nostri connazionali nel mondo presenta alcune piccole variazioni a seconda dei referendum votati. Si va dal 23,07% di affluenza nelle consultazioni sui servizi pubblici locali e sul legittimo impedimento al 23,12% registrato per il referendum sul nucleare.

I quesiti
Sul fronte dei risultati elettorali nella circoscrizione Estero, ci si accorge come la vittoria dei Sì, anche se sempre molto netta, sia un po’ più contenuta rispetto a quanto è avvenuto in Italia dove il 95% degli elettori hanno chiesto di abrogare le norme sottoposte a referendum. Sul nucleare ad esempio il Sì ha ottenuto il 67,07% dei suffragi contro il 32,93% del no. Più marcate le vittorie sugli altri referendum abrogativi: Sevizi pubblici locali (Si 76,32%, No 23,68%); Tariffa servizio idrico (Si 75,71%, No 24,29%) e legittimo impedimento (Si 74,40%, No 25,60%).
In Venezuela i Sì sono stati il 73,55% sulla scheda sui servizi pubblici locali, il 73,98% su quella delle tariffe sul servizio idrico. Il 66,64% degli elettori ha espresso il suo no al ritorno al nucleare e il 72,94% al legittimo impedimento.
Mentre in Italia gli elettori contrari ai quesiti referendari hanno preferito puntare sull’astensionismo per cercare di raggiungere l’obiettivo della mancanza di quorum e invalidare così il risultato dei referendum, gli italiani all’estero si sono più strettamente attenuti ai quesiti posti e alle conseguenti risposte: lo dimostra il numero molto più elevato di no registrati sulle schede elettorali.
Per quanto concerne poi i dati disaggregati ci si accorge come, in tutti e quattro i referendum, il Sì trovi un’affermazione più ampia in Europa, con punte superiori al 78% per le consultazioni sull’acqua. Da segnalare infine il 37,73% ottenuto dai No in America Meridionale per il quesito sul nucleare.

Urne chiuse in Venezuela, il bilancio nero del voto all’estero

CARACAS - La Direzione Generale degli Italiani all’Estero e le politiche migratorie del ministero degli Esteri è venuta a conoscenza attraverso le pagine della ‘Voce d'Italia’, e non dalle istituzioni competenti, delle problematiche vissute dagli italiani in Venezuela che volevano esercitare il proprio diritto di voto per questo referendum ed ha assicurato la validità dei voti espressi dai cittadini nel Paese, anche se alcuni di questi hanno votato con certificati elettorali che riportavano alterazioni nei dati anagrafici. Lo sostiene il Console Generale Giovanni Davoli, contattato dal nostro giornale all’indomani della chiusura delle urne. - Ho avuto uno scambio di battute con dei colleghi a Roma – afferma il Console – e mi hanno confermato che gli errori nelle date di nascita sui certificati elettorali non mettono a rischio la validità del voto. Quello che viene preso in considerazione è il numero nel registro elettorale.
Davoli si nega a rivelare il nome della tipografia incaricata della stampa dei documenti elettorali ma riferisce che è una ditta di connazionali che si è già occupata del processo di stampa per le scorse tornate elettorali. - In passato hanno dato ottima prova di sé, ora ci hanno deluso - commenta il diplomatico. Secondo Davoli non era compito del Consolato controllare, magari a campione, la correttezza delle schede. - Con quale scopo? Non ne vedevo il fine - sostiene. Ora che il danno è fatto - ma è solo un “danno all’immagine”, commenta il Console - è importante però capire le ragioni dell’errore ed adottare provvedimenti nei confronti dei connazionali responsabili dell’alterazione dei dati anagrafici. - Stiamo verificando il tutto con gli avvocati e prenderemo provvedimenti. La ditta non ha rispettato un contratto ed ha commesso un errore grave.
Gli italiani in Venezuela hanno un passato burrascoso in tema di elezioni. Noto lo scandalo delle schede del centro-sinistra bruciate nelle politiche 2008 dal faccendiere calabrese Aldo Miccichè, su cui indaga la Commissione Antimafia. Migliaia di schede votate dagli italiani in Venezuela finite al rogo e poi “sostituite”. Venuti a galla i brogli ed alla luce i nomi di alcune personalità di spicco della nostra Collettività (nelle intercettazioni spuntano i nomi di due consiglieri del Cgie tuttora in carica) la candidata del Pd, Marisa Bafile ipotizzava: “Secondo me prima avevano manomesso i plichi, poi a un certo punto evidentemente non hanno più avuto la possibilità di farlo e quindi hanno dovuto per forza eliminarle, in questo caso bruciandole”. Manomettere i plichi? Con nell’armadio scheletri di questa mole, forse sarebbero stati necessari dei controlli. Quello che però ora preoccupa il nostro Consolato sono le centinaia di schede elettorali mai arrivate a destinazione e rispedite al mittente. Davoli addebita la responsabilità al sistema postale venezuelano - dimostratosi inadeguato nelle operazioni di mailing anche poco tempo fa, quando bisognava notificare a più di 3 mila pensionati le nuove disposizioni dell’Inps -, agli “indirizzi aleatori” che rendono incerta la ricezione dei documenti e alla superficialità di alcuni cittadini che non aggiornano i propri dati, conservando presso gli elenchi Aire vecchi indirizzi.
A urne chiuse, comunque, il bilancio dell’operazione referendum all’estero è negativo. Tanti italiani non hanno ricevuto la scheda per votare e, quando l’hanno richiesta, hanno scoperto di essere scomparsi dalle liste Aire. Altri, invece, sono rimasti perplessi quando si sono ritrovati in mano certificati elettorali inverosimili secondo i quali erano nati nell’Ottocento o alla fine del Terzo millenio: “Posso votare se risulto non ancora nato?” si è chiesto qualcuno. Infine i disagi sofferti al momento di votare presso il Consolato a Caracas, quando ad un certo punto le cassette postali strabordavano ed era impossibile riporvi nuove schede ed i voti dei nostri connazionali sono quindi stati affidati alla buona fede di operatori del Consolato e vigilanti di sicurezza.
Nel frattempo si moltiplicano sui social network di Internet le lamentele degli italiani in Venezuela, in Argentina, in Brasile ed in altri Paesi, per questo referendum vittime di scarsa informazione, disorganizzazione ed inghippi elettorali. Problematiche che si sono sovrapposte nonostante per la sola organizzazione del voto all’estero di questo referendum siano stati spesi 26 milioni di euro, dato citato dal sottosegretario Alfredo Mantica, ossia quanto si spende in tutto un anno per 4,5 milioni di cittadini italiani all’estero.
Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini ha chiesto al presidente della Camera di intervenire per creare un gruppo di lavoro costituito da parlamentari eletti all’estero, che garantiscano la trasparenza delle procedure elettorali all’estero. Il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, ha dal canto suo depositato un esposto alla procura di Roma in cui si chiede la verifica della regolarità delle operazioni di voto degli italiani all’estero.

Referendum: in Venezuela errori nei certificati elettorali

CARACAS - L’odissea referendum sembra non avere fine. Dopo il caos causato dalla decisione della Cassazione, che ha riformulato il quesito sul nucleare mettendo a rischio la validità dei voti degli italiani all’estero, e i ritardi nella spedizione delle schede ai votanti, arrivano adesso certificati elettorali da fantapolitica.
Le date di nascita che numerosi cittadini italiani in Venezuela si sono ritrovati sui certificati sono sbagliate, spesso inverosimili. Enzo Papi, ad esempio, nato il 30/08/1947, risulta essere nato il 31/08/2051; la sorella, nata l’11 marzo 1933, si ritrova invecchiata di mille anni e ringiovanita di un giorno (il documento riporta 12/03/2033); la data di nascita della nipote si trasforma invece da 28/05/1993 a 29/05/2097. Lo stesso stupore della famiglia Papi lo hanno provato ben due interi nuclei familiari di impiegati della Camera di Commercio Venezuelano-italiana di Caracas, e tanti altri concittadini che negli ultimi giorni si sono recati al Consolato preoccupati per la validità delle loro schede elettorali. Alcuni di loro, addirittura, risultano nati nell’Ottocento.
Di chi è la responsabilità? È stato un errore o una volontaria manipolazione di dati, come maliziosamente sospetta qualche italiano poco fiducioso nella correttezza del processo di voto dopo le brutte esperienze durante le passate votazioni?
Tranne categorie specifiche di italiani temporaneamente all’estero (militari o poliziotti in missione internazionale; dipendenti della p.a. per motivi di servizio; professori universitari e rispettivi familiari conviventi), un cittadino italiano, per poter votare, deve essere iscritto in specifiche liste elettorali. Queste vengono predisposte sulla base dell’elenco aggiornato dei residenti all’estero del ministero degli Esteri, prodotto dell’unificazione dell’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), delle liste dei Comuni e degli schedari consolari.
L’elenco degli iscritti viene trasmesso ai Consolati italiani che provvedono a stampare i certificati elettorali servendosi, data la gran quantità di questi ultimi (si pensi che il censimento Aire di fine 2010 attesta la presenza in Venezuela di 111.356 italiani), di una tipografia esterna alla rete diplomatica.Il Console d’Italia Giovanni Davoli, dopo aver effettuato i controlli necessari, ha affermato che “i responsabili dell’errore non sono all’interno del Consolato” e che le liste Aire pervenute nei suoi uffici sono corrette.
La responsabilità quindi, sarebbe da attribuire alla tipografia incaricata della stampa dei certificati. Davoli rassicura però i cittadini italiani: - Un errore nella data di nascita non mette a rischio la validità della votazione - afferma -. Le vittime del disagio non devono preoccuparsi: la loro posizione anagrafica si mantiene corretta, i documenti futuri non avranno errori.



Referendum: oggi ultimo giorno per votare

CARACAS (9/6/11) - Oggi, alle 16, scade il termine per esercitare il proprio diritto al voto nel referendum del 12-13 giugno. Si conclude quindi, almeno per ora, quel percorso ad ostacoli chiamato ‘voto degli italiani all’estero’. La via crucis vissuta da molti connazionali in Venezuela è ormai nota: in primis l’indecisione dell’Italia riguardo la validità o meno dei voti all’estero dopo la modifica al quesito sul nucleare deciso dalla Cassazione; poi i ritardi nella consegna delle schede - affidate dal Consolato a Ipostel - ai votanti che, tanti, tutt’oggi, non hanno ancora ricevuto; infine le date di nascita inverosimili riportate sui certificati elettorali.
Accuse di disorganizzazione anche al Consolato di Caracas. Un italiano residente nella capitale, M.N., afferma di essersi recato al nostro Consolato per richiedere la scheda elettorale della figlia, Sandra, potenziale votante il cui nome è poi risultato inesistente nelle liste elettorali. Questo nonostante solo poche settimane fa le sia stata recapitata la cartolina di notifica per votare alle elezioni comunali di Napoli. Mentre attendeva spiegazioni sul caso di sua figlia, M.N. racconta alla Voce di aver notato situazioni poco trasparenti nelle operazioni di voto.
- Alcuni cittadini volevano votare ma le cassette postali erano stracolme - spiega - e i funzionari del Consolato sono stati costretti a riporre le schede in alcuni cassetti degli uffici. Poi, quando anche questi ultimi straboccavano, le schede sono state messe in comuni scatole di cartone, poi chiuse in uno sgabuzzino, ed infine consegnate in mano ad un vigilante della sicurezza. Quest’ultimo - conclude M.N - che non era un funzionario italiano, le ha conservate sino all’arrivo degli operatori di Ipostel che hanno svuotato le cassette postali e riposto le schede in un sacco, poi sigillato. I voti sono stati trattati come se fossero caramelle, conservati nei cassetti, in tasca... Questo non è certo un meccanismo sicuro su cui fare affidamento.

Argentina, “Il Consolato è chiuso”
Anche in Argentina sono tanti i disagi sofferti dagli italiani che desiderano esercitare il proprio diritto di voto. Ecco la testimonianza di un concittadino residente a La Plata:
“Sono le 11,40 di questa mattina, arrivo al consolato italiano, qui a La Plata. Davanti al cancello chiuso siamo in 5, io e quattro signore più anziane di me, in attesa di mettere le buste contenenti le schede votate per i prossimi referendum (noi cittadini che viviamo all’estero dobbiamo far pervenire le buste contenente le schede entro il 9 alle ore 16 al consolato), ma le due cassette postali installate per i referendum, nonostante siano grandi, non ne possono contenere altre perchè sono piene e molte buste strabordano. Dopo un pò appare un uomo che alle mie accese rimostranze ci comunica che ‘il consolato è chiuso’, alla faccia dei diritti e della democrazia. Le signore se ne vanno con la busta in mano, io vado alla posta privata e spero che le mie schede arrivino in tempo. Questo consolato è ‘famoso’ in tutto il sud America per ‘l’attenzione’ che presta ai cittadini e come si dice... il pesce puzza dalla testa”.

L’esponente dell’Idv Fabio Evangelisti si è fatto portavoce, ieri a Montecitorio, della denuncia, raccolta dal leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini che ha chiesto al presidente della Camera di intervenire per creare un gruppo di lavoro costituito da parlamentari eletti all’estero, che garantiscano la trasparenza delle procedure elettorali all’estero. - Il governo deve garantire che le operazioni di voto all’estero sul referendum si svolgano correttamente - ha detto Casini - è questione di democrazie a trasparenza.
Il Console di La Plata, Spartaco Caldararo, ha dal canto suo spiegato che “la posta argentina è responsabile di svuotare le cassette poste al di fuori dei consolati. - Per agevolare il voto dei connazionali abbiamo chiesto alla posta argentina, di porre le cassette al di fuori del Consolato. Dopo la nostra capillare campagna informativa, abbiamo riscontrato un’affluenza di voti in effetti molto alta. Non siamo responsabili dello svuotamento della cassetta, è compito del ‘Correo’, che interviene almeno due o tre volte al giorno. Non è pertanto da escludere che chi ha denunciato il fatto ieri abbia trovato la cassetta piena. Ha sottolineato, poi, che le schede “non possono essere consegnate in Consolato, che non è un seggio elettorale”.

Di Pietro: “È l’ennesima truffa”
Antonio Di Pietro, leader dell’Idv, è intervenuto ieri a Repubblica.Tv affermando che il quorum del referendum di giugno “non sarà facile da raggiungere”. - La legge dice il 50+1 ma non è così. Il primo giugno è scaduto il termine per il cittadino all’estero di votare (in realtà è il 9 giugno alle ore 16, ndr). Quindi - ha detto Di Pietro - nessun cittadino all’estero ha votato per il referendum ma i 3 milioni e 200 mila italiani all’estero vengono contati nel quorum. Quindi ci vuole il 58% effettivo (di quorum, ndr) per coprire anche quei 3 milioni che stanno all’estero.
È una vergogna - commenta il leader dell’Idv - l’ennesima truffa fatta togliendo ai cittadini all’estero il diritto di votare e caricando di responsabilità i cittadini italiani che devono raggiungere un quorum che deve comprendere anche quella loro quota. Vogliamo che quei 3 milioni 200 mila italiani che non hanno votato (in realtà il voto c’è stato ma forse non verrà preso in considerazione, ndr) non vengano conteggiati nel quorum. In merito alla questione del voto all’estero, continua Di Pietro, L’Idv non rimarrà con le mani in mano: “Depositeremo ricorso in Cassazione perchè sollevi un conflitto di attribuzione alla Consulta. Quei 3 milioni e 200 mila elettori andranno scorporati e sottratti al conteggio”.
Di Pietro ha preparato un’istanza alla Corte di Cassazione affinchè l’ufficio centrale per i referendum tenga conto del ‘quorum ridotto’ sul nucleare rispetto agli altri quesiti, prima di proclamare la validità/invalidità della consultazione sulla base dell’affluenza alle urne che le verrà trasmessa dal Viminale. L’istanza sarà presentata in Cassazione fra venerdì, giorno di chiusura della campagna referendaria, e lunedì alle 15, orario di chiusura dei seggi in Italia. In modo tale che la Cassazione sia investita del caso in tempo utile per poter tenere conto.