CARACAS - La Direzione Generale degli Italiani all’Estero e le politiche migratorie del ministero degli Esteri è venuta a conoscenza attraverso le pagine della ‘Voce d'Italia’, e non dalle istituzioni competenti, delle problematiche vissute dagli italiani in Venezuela che volevano esercitare il proprio diritto di voto per questo referendum ed ha assicurato la validità dei voti espressi dai cittadini nel Paese, anche se alcuni di questi hanno votato con certificati elettorali che riportavano alterazioni nei dati anagrafici. Lo sostiene il Console Generale Giovanni Davoli, contattato dal nostro giornale all’indomani della chiusura delle urne. - Ho avuto uno scambio di battute con dei colleghi a Roma – afferma il Console – e mi hanno confermato che gli errori nelle date di nascita sui certificati elettorali non mettono a rischio la validità del voto. Quello che viene preso in considerazione è il numero nel registro elettorale.
Davoli si nega a rivelare il nome della tipografia incaricata della stampa dei documenti elettorali ma riferisce che è una ditta di connazionali che si è già occupata del processo di stampa per le scorse tornate elettorali. - In passato hanno dato ottima prova di sé, ora ci hanno deluso - commenta il diplomatico. Secondo Davoli non era compito del Consolato controllare, magari a campione, la correttezza delle schede. - Con quale scopo? Non ne vedevo il fine - sostiene. Ora che il danno è fatto - ma è solo un “danno all’immagine”, commenta il Console - è importante però capire le ragioni dell’errore ed adottare provvedimenti nei confronti dei connazionali responsabili dell’alterazione dei dati anagrafici. - Stiamo verificando il tutto con gli avvocati e prenderemo provvedimenti. La ditta non ha rispettato un contratto ed ha commesso un errore grave.
Gli italiani in Venezuela hanno un passato burrascoso in tema di elezioni. Noto lo scandalo delle schede del centro-sinistra bruciate nelle politiche 2008 dal faccendiere calabrese Aldo Miccichè, su cui indaga la Commissione Antimafia. Migliaia di schede votate dagli italiani in Venezuela finite al rogo e poi “sostituite”. Venuti a galla i brogli ed alla luce i nomi di alcune personalità di spicco della nostra Collettività (nelle intercettazioni spuntano i nomi di due consiglieri del Cgie tuttora in carica) la candidata del Pd, Marisa Bafile ipotizzava: “Secondo me prima avevano manomesso i plichi, poi a un certo punto evidentemente non hanno più avuto la possibilità di farlo e quindi hanno dovuto per forza eliminarle, in questo caso bruciandole”. Manomettere i plichi? Con nell’armadio scheletri di questa mole, forse sarebbero stati necessari dei controlli. Quello che però ora preoccupa il nostro Consolato sono le centinaia di schede elettorali mai arrivate a destinazione e rispedite al mittente. Davoli addebita la responsabilità al sistema postale venezuelano - dimostratosi inadeguato nelle operazioni di mailing anche poco tempo fa, quando bisognava notificare a più di 3 mila pensionati le nuove disposizioni dell’Inps -, agli “indirizzi aleatori” che rendono incerta la ricezione dei documenti e alla superficialità di alcuni cittadini che non aggiornano i propri dati, conservando presso gli elenchi Aire vecchi indirizzi.
A urne chiuse, comunque, il bilancio dell’operazione referendum all’estero è negativo. Tanti italiani non hanno ricevuto la scheda per votare e, quando l’hanno richiesta, hanno scoperto di essere scomparsi dalle liste Aire. Altri, invece, sono rimasti perplessi quando si sono ritrovati in mano certificati elettorali inverosimili secondo i quali erano nati nell’Ottocento o alla fine del Terzo millenio: “Posso votare se risulto non ancora nato?” si è chiesto qualcuno. Infine i disagi sofferti al momento di votare presso il Consolato a Caracas, quando ad un certo punto le cassette postali strabordavano ed era impossibile riporvi nuove schede ed i voti dei nostri connazionali sono quindi stati affidati alla buona fede di operatori del Consolato e vigilanti di sicurezza.
Nel frattempo si moltiplicano sui social network di Internet le lamentele degli italiani in Venezuela, in Argentina, in Brasile ed in altri Paesi, per questo referendum vittime di scarsa informazione, disorganizzazione ed inghippi elettorali. Problematiche che si sono sovrapposte nonostante per la sola organizzazione del voto all’estero di questo referendum siano stati spesi 26 milioni di euro, dato citato dal sottosegretario Alfredo Mantica, ossia quanto si spende in tutto un anno per 4,5 milioni di cittadini italiani all’estero.
Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini ha chiesto al presidente della Camera di intervenire per creare un gruppo di lavoro costituito da parlamentari eletti all’estero, che garantiscano la trasparenza delle procedure elettorali all’estero. Il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, ha dal canto suo depositato un esposto alla procura di Roma in cui si chiede la verifica della regolarità delle operazioni di voto degli italiani all’estero.
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