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martedì 28 giugno 2011

Incubo ‘El Rodeo’, impossibile comunicare con i 4 italiani


Blocco dei permessi per far visita ai detenuiti trasferiti in altri penitenziari. Ancora mille ostaggi nel ‘Rodeo II’.
La tragedia delle carceri venezuelane nella testimonianza di Padre Leonardo

CARACAS - Padre Leonardo Grasso, responsabile dell’Associazione Icaro - l’ong che fornisce assistenza ai detenuti italiani in Venezuela - non ha ancora ottenuto dalle autorità il permesso di visitare i quattro connazionali che, dopo essere usciti sani e salvi dalla violenta rivolta nel carcere ‘El Rodeo I’ di Caracas, sono stati trasferiti nel penitenziario ‘Yare II’ insieme ad altri 2.500 detenuti, tenuti in ostaggio dai rivoltosi e poi riscattati dalla ‘Guardia Nacional Bolivariana’.
- Le comunicazioni sono bloccate - spiega Padre Leonardo - non concedono permessi per le visite e hanno sequestrato tutti i telefoni cellulari dei detenuti. Riusciamo a fare arrivare qualche messaggio solo in modo informale, attraverso qualcuno che lavora all’interno del penitenziario.
La proibizione delle visite genera inquietudine nei familiari dei reclusi, che protestano rivendicando il diritto di verificare di persona l’effettiva sopravvivenza e lo stato di salute dei propri cari. Le liste diffuse dal governo, con i nomi di tutti i detenuti traferiti nelle diverse carceri della Capitale, non convincono; soprattutto perché le notizie che filtrano dalle carceri sono poche e spesso contraddittorie. Lo conferma Padre Leonardo: “Manca informazione - spiega - e solo ai giornalisti di Canal 8 è consentito l’accesso ai penitenziari”.
C’è chi insinua che lo spostamento forzato dei detenuti del ‘Rodeo’ e il blocco delle visite sia stata una manovra per impedire che si verifichi l’effettivo numero di morti causato dalle rivolte. Questo ufficialmente tocca quota 26 persone ma alcune fonti riferiscono 90.
Tra Padre Leonardo ed i quattro connazionali, tutti arrestati in territorio venezuelano per traffico di droga, c’è stato solo un breve colloquio telefonico lo scorso martedì. I prigionieri, nonostante fossero reclusi nella ‘Torre’ (zona del ‘Rodeo I’ dove si sono registrati violentissimi scontri a fuoco) avrebbero assicurato di star bene e non essere rimasti feriti nonostante le violenze che ancora si sussegono all’interno del penitenziario.
Quella del ‘Rodeo’ è la peggiore rivolta avvenuta in una prigione venezuelana dal 1999, quando in uno scontro fra detenuti e polizia si contarono 27 morti.

Il punto della situazione
Attualmente sono quasi mille i detenuti del ‘Rodeo II’ tenuti in ostaggio dagli uomini armati che fanno capo ai “pranes”, i boss che controllano la struttura penitenziaria. Gli uomini della Guardia Nacional Bolivariana non riescono ancora ad avere il controllo dei padiglioni del carcere. Padre Leonardo riferisce di alcuni prigionieri uccisi negli ultimi giorni dalle bombe lacrimogene.
L’esercito è però penetrato nel ‘Rodeo I’ ed ora sta smantellando l’intera struttura alla ricerca di armi e droghe nascoste dai detenuti all’interno delle pareti. Secondo la versione ufficiale, quando si concluderà la revisione gli spazi verranno ricostruiti e i prigionieri ritrasferiti al ‘Rodeo’. Padre Leonardo, però, riferisce che il recupero della struttura e il ritorno dei prigionieri dovevano compiersi entro due settimane ma “è già passata una settimana e stanno ancora rompendo tutti i muri”.
Intanto, nelle altre carceri del Venezuela stanno nascendo focolai di rivolta, “atteggiamenti di solidarietà nei confronti dei reclusi del Rodeo”. Scioperi della fame e proteste sono già stati registrati nel penitenziario capitolino ‘La Planta’, dove sono reclusi tre connazionali; nel ‘Puente Ayala’, nella città di Barcelona, dove ce ne sono due; nell’‘Uribana’, nello stato Lara; nella ‘Pgv’ di San Juan de los Morros, stato Guárico.
In Venezuela ci sono attualmente 72 italiani detenuti. Tra questi, nove sono reclusi nel carcere ‘Los Teques’ di Caracas, sei nel ‘San Antonio’ dell’Isola di Margarita, mentre nove donne sono rinchiuse nell’Inof (Instituto Nacional de Orientacíon Feminina). Numerosi altri connazionali sono in libertà condizionata.

L’incubo ‘ Rodeo’
Se si vuole capire il ‘Rodeo’, ci si deve dimenticare “delle celle dei film nordamericani, quelle con i due prigionieri stesi sui letti a castello”, consiglia Padre Leonardo.
- Ci sono stanzoni dove sono rinchiuse 200 o addirittura 500 persone - spiega il responsabile di Icaro – e le pareti interne sono state abbattutte. Ai lati, finestre senza sbarre. Tutto lo spazio è chiuso da una grande porta che è il punto di difesa del padiglione ed è protetta militarmente dagli stessi detenuti, organizzati in squadre armate. Di notte si dorme tutti insieme in questo salone, buttando a terra una scatola di cartone o un materassino, se si è fortunati. Solo i ‘pranes’ o i prigionieri ricchi riescono ad avere uno spazio più riservato: certo non una cella singola, ma per lo meno un antro da condividere con solo una decina di persone.
Il penitenziario ‘El Rodeo’ è in realtà una doppia struttura che si compone di due terreni, spiega Padre Leonardo, contigui ma separati da una recinzione di filo spinato. Nei due spazi ci sono rispettivamente ‘El Rodeo I’ e ‘El Rodeo II’, due carceri distinte con due entrate, due direttori, due amministrazioni diverse. Gli edifici, costruzioni solide e vecchie, sono a tre piani. Sono stati edificati rispettivamente nel 1983 (il Rodeo I) e nel 1997 (il Rodeo II).

Il sistema carcerario in Venezuela
Secondo Padre Leonardo la situazione carceraria in Venezuela è di estrema gravità. In testa alle cause il sovraffollamento delle strutture.
- Nel 2007 si registravano circa 20 mila prigionieri in tutta la nazione mentre oggi ce ne sono 48 mila - spiega - a fronte di solo due nuovi piccoli penitenziari (lo ‘Yare III’ ed uno nella città di Coro) che ospitano solo 800 prigionieri ciascuno.
Il sovrannumero diventa ancor più pericoloso se si pensa che i reclusi non sono separati sulla base dei reati commessi e adolescenti al primo scippo sono rinchiusi insieme a pericolosi criminali ed assassini. Per completare il tragico quadro, circa “l’80 per cento dei reclusi in Venezuela non è ancora stato sottoposto a giudizio” - ed è quindi ancora innocente di fronte alla Legge, secondo il principio della presunzione d’innocenza - e addirittura “il 20 per cento non ha ancora avuto la prima audienza”.
- L’Associazione ‘Icaro’ è attiva dal 1996 - racconta il sacerdote - e nel tempo ci è capitato qualche caso di un connazionale recluso e poi liberato dopo anni perché giudicato innocente.
Una marea di criminali in cui navigano anche innocenti. Tutti rinchiusi in spazi angusti, dimenticati. Pochi programmi di riabilitazione. Quasi 400 detenuti uccisi ogni anno, secondo le stime della ong Citizen’s Council for Public Security. Tanto ozio, tanta droga, tante armi. Già, le armi. Padre Grasso ha le idee chiare su come interi arsenali - persino bombe a mano e granate - penetrino all’interno di carceri dove la qualità della vita è inversamente proporzionale al livello di aggressività.
- I familiari e gli amici che fanno visita ai detenuti subiscono ferrei controlli e perquisizioni. Per le donne, di qualunque età, sono obbligarorie rigorose visite ginecologiche. Chi fa entrare armi e droga non è certo un parente dei priogionieri.

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