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mercoledì 14 aprile 2010

I problemi del Venezuela. Ecco cosa pensano gli italiani

di Monica Vistali

CARACAS - Non solo insicurezza e crisi economica. I componenti della nostra Collettività, interrogati riguardo ai problemi che attraversa il Venezuela in questo momento storico, spaziano tout court il loro senso critico dai grandi temi della politica e della società fino a toccare l’emergenza rifiuti, il sistema dei trasporti, il problema energetico, l’educazione, la sanità. Quando non sono gratuite aggressioni, le critiche sono preziose perle da analizzare con attenzione per rafforzare il processo di miglioramento in atto. Così dev’essere anche quando queste provengono da una comunità che, come quella italo-venezolana, divide il proprio patriottismo tra due terre lontane. Le radici europee, infatti, non impediscono ai connazionali di spingere con forza, da parti distinte, per un continuo e proficuo progresso del paese latinoamericano che oggi è anche loro.

La politica in casa
Basta accendere la tv: quello che in Italia è il calcio, in Venezuela è la politica. Schieramenti ben delineati, tifo da stadio, pochi incontri amichevoli. Una polarizzazione che non resta chiusa in Parlamento ma - la colpa è bipartisan - s’insinua nei rapporti tra vicini di casa, compagni di scuola, amici e colleghi.
“La gente è troppo politicizzata - afferma Mauricio Tagliatela, produttore musicale - e questo incide sulle relazioni personali di ognuno. Le discussioni diventano litigi e la gente resta sempre con il dente avvelenato”.
La causa di questa “eccessiva disgregazione sociale”, secondo Martino Verdana, è “la famosa legge della pentola che bolle, bolle, bolle ed alla fine esplode se qualcuno tiene il coperchio schiacciato giù”. Secondo il consulente informatico, classe 1979, “troppo tempo è passato con ingiustizie ed incomprensioni da ambo i lati, ed ora questo vedere solo il ‘chavista’ o l’’escualido’ si riflette in tutti gli ambiti della vita perché diventa un modo di vedere le cose ed affrontare la quotidianità. Purtroppo - conclude - è difficile stare da una parte mantenendo la propria criticità”.
Tina Di Battista, presidente dell’Associazione Abruzzesi e Molisani in Venezuela, teme che lo strappo creatosi in seno alla popolazione sia difficile da ricucire.
- Dobbiamo ricapirci, ricomprenderci - sostiene - per evitare una situazione di non ritorno, una situazione insanabile.
Anche Mario Neri, membro del Circolo Antonio Gramsci, riconosce la “politicizzazione delle idee che impedisce il confronto a tutti i livelli, da quello universitario a quello parlamentare”.
- Basta osservare i mezzi di comunicazione - afferma - autoreferenziali e monchi di un format di vero dialogo politico, come quello che esiste nei programmi tv italiani.
Questa polarizzazione, secondo Neri, si sta gradualmente riducendo.
- L’opposizione ha capito che non può criticare tout court, e i sostenitori del governo che le critiche devono esistere in quanto possono essere utili e costruttive. Ora non resta che imparare, come in Italia, a rimproverare in modo vero e documentato.
Il rischio di una posizione ‘con me o contro di me’, che “ricorda quella del Belpaese dove si aspetta solo l’elezione che potrebbe determinare la caduta dell’imperatore”, come sostiene Emanuele Caglieris, 1979, impresario nel settore turistico, rischia nel frattempo di “far perdere il concetto di programmazione e miglioramento quotidiano”.
Il clima da ‘guerra fredda’ s’intuisce senza sforzo ascoltando i toni duri di quegli italiani preoccupati per i movimenti politici in corso. A Renzo Scuteri, presidente dell’Associazione Marchigiani in Venezuela, che parla di una “politica sempre più dittatoriale, autocratica”, fa eco Davide Morbidelli, classe 1981, quando parla di “regime” e denuncia “la chiusura di tutti i mezzi di comunicazione dell’opposizione”.
Anche Tina Di Battista non risparmia parole severe:
- Siamo in un paese dov’è in discussione lo stato di diritto, la sicurezza giuridica, la punibilità dei delitti, la separazione dei poteri. Questo ci fa chiedere: siamo davvero in democrazia o esiste solo il manto della democrazia?
Facendo “dell’antifanatismo la mia bandiera”, taglia corto Attilio Frugoli: “Si dovrebbero sostituire le urla di tutti gli schieramenti politici con l’ascolto, il dialogo e la tolleranza”. Del resto, lo diceva anche un antico proverbio: “Abbiamo due orecchie ed una sola bocca per parlare di meno ed ascoltare di più”.

Sprechi e reciclaggi
La politica, e l’identificazione dell’avversario con il ‘diavolo’, non è altro che un “catastrofico alibi dietro il quale nascondere i gravi difetti del singolo cittadino”. Tra questi, quello della poca cura dell’ambiente che sfocia nel grave problema dei rifiuti che affligge tanto i centri urbani quanto le zone verdi. Ne è convinto Emanuele Caglieris, dando voce alla sua esperienza a Isla Margarita.
- Margarita è un’isola in parte molto sporca. Ma non è il governo a dire di tirare in ogni dove lattine di birra ed altra spazzatura. Nessuna parte politica - afferma - può cancellare i cattivi comportamenti del singolo cittadino.
Per affrontare e risolvere l’emergenza, secondo Mario Neri, deve “aumentare lo sforzo dei singoli e dello Stato perchè il problema è trattato oggi ancora a livello superficiale. Ad esempio - continua - la tv non trasmette quasi mai messaggi ecologici”. A rimarcare l’idea Fabio Avolio, insegnante trentenne:
- Nonostante esperienze positive, ma purtroppo puntuali, che riguardano il riciclaggio della carta e del vetro, l’interesse per il problema è ancora solo latente. Manca una transizione definitiva verso un sistema integrale di raccolta differenziata, un piano alternativo a quello, obsoleto, basato su discariche e non differenziazione, che rischia di avvicinare il Venezuela al rischio di collasso dei rifiuti a cui abbiamo assistito in Campania.
La filosofia dello spreco si riversa anche sul settore energetico, la cui crisi è un problema per numerosi concittadini. Per Carla Diaz Favuzzi, classe 1986, studentessa dell’Università Centrale di Caracas, quello della mancanza di energia elettrica per far fronte alla necessità della popolazione è addirittura il primo problema che affronta il Paese.
Probabilmente la causa di questa crisi - che tocca anche altre nazioni dell’America latina e centrale - è “culturale”, come afferma Mario Neri, perchè in Venezuela “tutti, dal singolo cittadino alle istituzioni, sono abituati a sprecare”. A questo, certo, si aggiunge una ragione più... accidentale: la siccità. La scarsità di piogge che ha caratterizzato quest’ultimo periodo, ha infatti portato alla luce il limite strutturale di una ‘monocoltura energetica’, un sistema basato, per il 70 per cento, su un’energia di tipo idroelettrico.
Problema antico, quello energetico, eredità di politiche passate o mancanza da parte di quelle attuali. Certo è che, oggi come oggi, sembra “ineludibile il ricorso a soluzioni d’emergenza quali il risparmio energetico da applicare a tutti i livelli”, come sostiene Renzo Scuteri.

... ma non solo
“Pobre país rico... están acabando con este paraíso” sospira Gesualdo Paternò, di Guanare. Certo, come in tutti i Paesi, anche in Venezuela i problemi non mancano.
Romano Nosei, Presidente dell’Associazione Toscani in Venezuela, tocca il tema scottante dell’insicurezza, preso sottogamba e non sufficientemente considerato dall’apparato statale.
- Il problema non è preso in considerazione e non vengono adottate le misure adeguate. La politica è sempre il primo pensiero, mentre si scordano i problemi della gente. Si fanno tanti discorsi - prosegue - per i morti in guerre lontane o tragedie vicine, ma poi ci si dimentica dell’indice delittivo che a Caracas è primordiale: il problema non è la piccola delinquenza, ma la costante minaccia di morte - decreta.
Piero Armenti, ex giornalista della ‘Voce’ ed autore de “L’altra America. Tra Messico e Venezuela storie dell’estremo Occidente”, sottolinea la necessità di una magistratura che sia indipendente dall’esecutivo, “più celere nell’emettere le sentenze e formata da un corpo giudiziario di qualità”. Inoltre, nota la “mancanza di un sistema ferroviario esteso sul territorio” e critica la retribuzione eccessivamente bassa concessa al corpo insegnanti di livello universitario, che limita la crescita scientifica del sistema e impedisce di essere competitivi a livello internazionale.
I limiti del sistema d’istruzione si riversano poi sul settore lavorativo. Martino Verdana critica la “scarsa presenza di personale preparato e preciso”, sostenendo che “spesso la gente è portata ad affrontare con superficialità compiti e carriere professionali”. Una difficoltà nel reperire “materiale umano” affidabile che “si può risolvere con formazione, promozione della cultura e meritocrazia: tre aspetti che, per fortuna, l’attuale governo sta cercando di introdurre nella società”.
Pedro Paolucci, presidente dell’Associazione A.n.c.l.a., aspira invece ad “una nuova revisione del sistema sanitario, anche prendendo spunto da quello italiano”. Desiderio condiviso da Alessandra Ricciolo, 45 anni, volontaria della Caritas di Barinas. Secondo l’intervistata, il problema è “la difficile accessibilità al servizio sanitario pubblico per coloro che non sono coperti, in parte o in toto, da un’assicurazione, a causa delle lunghissime liste d’attesa negli ospedali. Il numero di medici e chirurgi - spiega - non è sufficiente, anche se i professionisti del pubblico sono di ottimo livello”.
Le preoccupazioni degli italo-venezolani riguardano anche la situazione socio-economica del Paese.
Paolucci, riprendendo la parola, si dimostra preoccupato per i “costi sociali” del processo di trasformazione in atto in Venezuela che, secondo lo psicologo, “gradualmente convertono lo Stato in unico e solo datore di lavoro” mentre Renzo Scuteri resta perplesso dinanzi alla carenza d’investimento estero nel Paese, dovuta, secondo lui, alla “poca credibilità derivante dall’insicurezza giuridica”. Il presidente dei Marchigiani in Venezuela, che è anche imprenditore nel campo dell’abbigliamento, fornisce inoltre il suo punto di vista riguardo l’attuale situazione dell’imprenditoria, che secondo lui sopravvive ad un tris pericoloso: “forte calo nelle vendite, recessione, riduzione del mercato”.
- L’effetto Cadivi è letale perchè non vengono pagate le materie prime come si dovrebbe, e questo alza i costi interni. Gli imprenditori non possono lavorare perchè non sanno se e quando Cadivi approverà il cambio, e dopo quanto tempo avverrà il pagamento. Quindi, conviene importare dall’estero i prodotti pagandoli con il dollaro parallelo piuttosto che produrre gli stessi nel Paese. È molto più economico. Ormai tutti lavorano con il dollaro parallelo, è il prezzo di riferimento. Questo certo non stimola la produzione: noi che già ci siamo ‘tiriamo avanti la baracca’ finchè restiamo a galla, ma per i nuovi è dura...

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