Visualizzazioni totali

lunedì 23 aprile 2012

"Esperando al italiano", si chiude il sipario - Intervista al Direttore Tullio Cavalli

CARACAS – Dopo applausi e sold out in tutto il Venezuela e sui palcoscenici di Miami, Panama e Londra, la brillante commedia “Esperando al italiano” prodotta e diretta da Tullio Cavalli -un mix di sangue venezuelano, italiano e newyorkese- e Rolando Padilla, lascia definitivamente la scena.
La piece di Mariela Romero ha portato nel teatro del Centro Cultural CorpBanca di Caracas - dove si è organizzata l’ultima stagione - le attrici Carolina Perpetuo, Hilda Abrahamz (che ha sostituito l’italiana Dora Mazzone), Astrid Carolina Herrera, Marisol Matheus e Hernán Marcano.
Con un serrante botta e risposta l’opera ci ha fatto conoscere tre amiche cinquantenni che dopo essere state mogli, madri ed amanti decidono di rifuggere al ruolo predisposto loro dalla società - quello delle brave nonnine chiuse in casa con i nipotini - per affacciarsi ad uno spazio generalmente riservato all’uomo: quello della prostituzione. Decidono di formare una cooperativa ed assoldare un gigolò da fare arrivare direttamente dall’Italia, culla storica dei latin lovers. Ma il piano non funziona. L’incaricata a scovare ed ‘importare’ il fortunato gioca un brutto tiro alle tre donne e decide di tenersi ‘l’italiano perfetto’ tutto per sè. In un’atmosfera bekettiana da “Aspettando Godot” le tre amiche trascorreranno così da sole, tra whisky, risate e ricordi di gioventù, la notte della festa organizzata per l’arrivo del gigolò… che non apparirà mai.
- È una commedia interessante perchè non teme il dramma - spiega il direttore Tullio Cavalli -. Un arrivo mancato che riprende a pieno la struttura della drammaturgia di Romero, pervasa dall’attesa di un fattore esterno. Un po’ Becket ed un po` Antonin Artaud ed il teatro della crudeltà. Il fattore esterno che diventa protagonista presente, anche se non è mai in scena.
La compagnia “Tullio Cavalli e Rolando Padilla presentano” ha abbandonato con questa piece la penna straniera - in passato ha prodotto l’argentina “Principe Azul”, la sudafricana “La señora Klein”, la peruana “Dick and Pussy se aman locamente” e l’italiana “La Festa” di Spiro Scimone – pe ritrovare un’autrice venezuelana, Mariela Romero ed un’opera ambientata in toto nella Caracas anni Ottanta.
- Sul palcoscenico sono passati trent’anni dalla caduta del dittatore Perez Jimenez. Non ho pensato di attualizzare l’opera - spiega Cavalli - perchè significava cambiarla quando straripava di referenze temporali sulla musica, sul carnevale di quegli anni.
Un tempo del racconto che permette un’analisi storica parallela all’umorismo della piece.
- Credo che l’opera permetta di riflettere sui nostri processi sociali - spiega il direttore -. L’unica democrazia che abbiamo saputo fare è stata piena di sbagli ed ha lasciato spazio a opzioni valide, perchè decise dal popolo, che però seguono metodi poco ortodossi. C’è un personaggio sul palco che dice: “Purtroppo sono passati trent’anni da un’insopportabile ed infinita democrazia”. Si evince un luogo comune: che qualsiasi passato è meglio dell’oggi!
Un cliché che diventa leitmotiv dell’opera, nostalgia dei tempi passati come filo conduttore di una pièce in bilico tra il ‘voler continuare a vivere’ ed il ‘voler tornare al già vissuto’.
- Arriva un momento nella vita che s’inizia a mescolare il futuro con il ricordo perchè più tempo passa e più ricordi si hanno. Ogni giorno diventano un bagaglio ma anche un peso. L’autrice confessa di aver ricalcato le figure delle amiche della madre, la famosa giornalista Rosalia Romero, che non a caso curava una rubrica intitolata “Yo lo viví”.
Cavalli, impegnato nella parte artistica della messa in scena, spiega di aver voluto porre in risalto la situazione della donna venezuelana e della donna in genere. Un astrattismo che trova conferma nel fatto che “Esperando al italiano” è una delle poche pièce venezuelane ad aver richiamato l’attenzione dell’estero, soprattutto del Nord Europa.
- “Abbiamo amato tutti quelli che dovevamo amare, cosa ci resta?” si chedono le protagoniste. E così si accomodano il seno, si tingono i capelli, si truccano: si aggrappano ad una giovinezza che non hanno più e pianificano a lungo la notte che sarà il resto della loro vita. Perché - spiega il direttore - anche se già negli ‘anta’ i loro sesso funziona e non vogliono essere condannate a quello che la società pretende da loro.
Ad accompagnare le protagoniste, sul palco c’è l’amico di sempre ed una cameriera.
- Ritrae quella che chiamavano ‘la dictaduta de la empleada”. Fa la pulizie un po`come vuole, si distrae giocando a carte. È ‘come della famiglia’, ma non è ‘della famiglia’.
Lo spettacolo si sviluppa in un ambiente chiuso, ermetico.
- Lo ‘spazio’ di un’ambientazione caustrofobica diventa il ‘tempo’ del sabato di gioco con le amiche, dello sfottio, degli scherzi e della nostalgia. È insomma il tempo dell’amicizia, che l’opera vuole omaggiare. Amicizia come famiglia parallela, scelta e non imposta. Una struttura sociale forte nella società venezolana, soprattutto in quella capitolina.

Tullio Cavalli e Rolando Padilla
Cavalli mixa sangue venezolano, italiano e newyorkese ed ha terminato gli studi in Spagna. Ma mantiene con Caracas un rapporto particolare.
- Ogni città ha un suo fascino. Se a New York vivi da solo non senti la solitudine perchè c’è la città che diventa la tua amante, la tua compagna. A Caracas questo ruolo lo svolgono gli amici perchè la città ha poco da offrire e quel poco che ha, a volte, è brutto. Ma, in fondo - confida - quello che la Grande mela è per Woody Allen, Caracas è per me. C’è questa montagna, stupenda, che mi da un senso di maestosità assoluta. Non potrei vivere altrove.
Monica Vistali

Nessun commento:

Posta un commento