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giovedì 11 febbraio 2010

Finanziaria: italo-venezolani tra rabbia e rassegnazione

di Monica Vistali

"Gli immigrati
che sbarcano in Italia
trattati meglio di noi"

CARACAS - "E' impossibile che ci lascino più fuori di quanto siamo" ci dice l'interprete Oriana Changon, 28 anni, commentando il programma della nuova Finanziaria che vede diminuire del quasi 70% gli apporti governativi destinati agli italiani all'estero.
Stranieri per il Venezuela e stranieri per l'Italia, quasi apolidi dimenticati verrebbe da dire, gli italo-venezolani non si stupiscono dei nuovi progetti del Governo, che sembrano solo confermare un senso di estraneità ed abbandono percepito da tempo. "Siamo stati dimenticati già molti anni fa dal nostro Paese, solo che adesso la cosa è ufficiale, ci stanno dimenticando legalmente" continua Oriana in tono freddo. Alle sue fanno eco le parole di tutti, da quelle della giovane studentessa Martina, convinta che quello che sta accadendo sia "un modo per dirci che non contiamo niente" a quelle del pensionato Flavio Andres Errante, di 64 anni, che commenta: "Io non ho ben capito una cosa: ma noi siamo italiani o no? Se siamo italiani per favore smettiamola di farci trattare male, di farci umiliare con questo atteggiamento da cittadini di serie b. La realtà è che agli italiani che vivono in patria non gliene frega niente di noi".
"Io ricevevo due pensioni - ci racconta Giuseppe Guglitta, originario di Potenza - quella italiana e quella venezolana, unite in una singola. Poi, senza motivo, sono iniziate ad arrivare lettere una dopo l'altra, le quali mi informavano che a causa di fan­tomatici redditi che possedevo la mia pensione sarebbe stata ridotta. E’ successo ben tre volte ed ora dalla mia pensione ricevo ben 180 euro in meno al mese. Nessuno ha saputo spiegarmi le motivazioni di queste riduzioni - si lamenta -. Cose simili accadono anche ad altre persone e credo che, tutti, ci sentiamo veramente abbandonati dall'Italia".
"Ritornare in Italia è una completa delusione - dichiara con convinzione il siciliano Salvatore, sbarcato in Venezuela nel lontano 1955 - perché ti senti chiamare migrante e nessuno accetta di considerarti cittadino a tutti gli effetti. Noi italiani all'estero siamo trattati come stranieri o apolidi. Eppure, se l'Italia oggi sta bene, è grazie a noi migranti della vecchia generazione che abbiamo mandato alla Madrepa­tria, che è la nostra famiglia, tutti i quei guadagni che gli hanno permesso di crescere". Radicata non solo in Salvatore ma nella maggior parte della gente comune la convinzione che sostenere i cittadini non residenti sia un "dovere morale" per un'Italia nata e cresciuta con i soldi guadagnati da quei viaggiatori avventurosi che prendevano il mare molti anni fa. Una sorta di controfavore. E' sufficiente osservare lo sguardo triste di Flavio Errante quando si rammarica per il fatto che "se lo sono dimenticati quello che abbiamo fatto per loro" o ascoltare le parole rabbiose di Miguelina Capaldo: "Per anni gli italiani che vivevano in Venezuela hanno mandato in Italia i soldi che guadagnavano con tanto sudore. Sono queste risorse che hanno permesso alla nostra terra di fiorire e svilupparsi. Per questo motivo quello che sta succedendo oggi è un vero e proprio abuso".
Più che dimenticati, gli italiani all'estero sono un gruppo estraneo e sconosciuto ai più. Ma, come spiega Flavio Errante "in fondo è normale, per-chè il nostro popolo non sa niente di noi. Pensiamo a Rai International o Rai Italia che la si voglia chiamare - continua -, cambia il nome ma il prodotto è uguale: inutile! Ci vuole un altro canale che faccia vedere la nostra realtà a chi non ha mai preso la famosa 'valigia di cartone'".
Dimenticati si, ma non del tutto. I cittadini d'oltremare sono bacini importanti nel periodo del voto. Come dice Salvatore, "la relazione tra il Governo ed i migranti è nel complesso pessima e lo stato italiano si fa vivo solo quando ci sono le elezioni: le giunte direttive organizzano le feste e credono di comprarci con quest'unica e triste presenza". Concorde con lui anche Flavio Errante: "Quando servono voti siamo italiani, ma quando chiediamo ciò che ci spetta ecco che siamo stranieri o un peso per il Paese. Questi tagli ci lasciano veramente a terra - prosegue -. E le nostre, già misere, pensioni? E le promesse, e poco mantenute, polizze sanitarie? Tutti specchietti per le allodole, che siamo sempre e solo noi!".
I figli disconosciuti dell'Italia si lamentano di essere stati poco o per nulla informati dalle fonti ufficiali riguardo ai tagli di quei finanziamenti che ritengono necessari per gli italo-venezolani. "Non sapevamo nulla di questi tagli perché nessuno ci ha detto nulla!" - racconta con rabbia Miguelina Capaldo -. Credo comunque che sia drammatico quello che l'Italia farà ai suoi cittadini, perché sono suoi cittadini, anche se residenti all'estero. E' crudele perché qui sono molti gli anziani che hanno bisogno di sussidi ed i giovani che hanno a cuore la loro italianità e vorrebbero continuare ad avere luoghi dove venga promossa questa cultura". "Sono italovenezolana dalla nascita - ci dice Oriana Changon - ed il tormentone degli ultimi 28 anni è stato 'non ci sono soldi'. E quindi - si domanda - che cosa vogliono tagliare? La Fame?". "Sono a conoscenza solo superficialmente dei tagli decisi dal Governo per la prossima Finanziaria - ci racconta Pasquale Cur­cio, che ha lasciato la provincia di Avellino ben 51 anni fa - perché nessuno ne parla ufficialmente, ma credo che quello che ci aspetta sia una vera tragedia perché sono tanti gli italiani qui in Venezuela che necessitano aiuti governativi". "E' importantissimo che l'Italia riconosca i suoi cittadini e li aiuti - ci dice Salvatore -. Gli italiani in Venezuela - ci spiega - hanno bisogno dei finanziamenti perché, se il 30% appartiene alla classe media ed il 10% sono plurimilionari (basti pensare che la tessera soci del Centro Italo Venezolano è carissima, ed ora ci sarà da pagare anche un'ulteriore quota per riparare i danni creati dalle piogge), per gli altri è davvero dura arrivare alla fine del mese in maniera dignitosa. Ma forse non dovremmo aspettarci molto da un paese che, al contrario del Venezuela, ha dimenticato cosa sia il rispetto. Il Venezuela, nonostante tutti i problemi che ha, comparato con l'Italia è un vero e proprio paradiso". Acuto il commento di Maria Elisa Pino: "Se davvero ci fosse stato bisogno di limitare le spese italiane sarebbe stato utile fare uno studio sociale ed individuare esattamente i cittadini che necessitano i sussidi, perché spesso sono aiutate persone che non hanno bisogno di alcun aiuto".
Con qualche eccezione, gli italovenezolani sembrano più rivolti al loro passato che orientati al loro presente e appaiono decisi a voler mantenere il ricordo ed il contatto con un Paese che costantemente sembra dimenticarli. Forse per questo senso di abbandono, in riferimento alla Finanziaria questa categoria di cittadini non accetta come scusante il periodo di crisi economica che sta passando l'Italia, ed il mondo, ancora meno quando secondo loro sembra dimostrarsi generosa con i migranti che sbarcano sulle sue coste: "Credo che l'Italia non abbia davvero bisogno di tagliare i fondi agli italiani all'estero - commenta Miguelina Capaldo - perché basterebbe limitare le risorse che vengono spese per gli stranieri che arrivano nel nostro Paese a rubare numerosi posti di lavoro ai nostri concittadini". Concorde Pasquale: "I tunisini, i marocchini e tutti gli africani che arrivano in Italia so­no trattati da re, sostenuti in tutti i modi possibili - commenta -. Non vedo quindi perché lo Stato italiano non debba aiutare i suoi cittadini che, in teoria, dovrebbero avere la precedenza anche se risiedono all'estero". Infine conclude: "Anche se l'Italia si trova in un periodo di crisi economica non credo che quello degli Italiani all'estero sia uno dei primi settori da falcidiare".
Nonostante da anni in una terra nuova, questi "quasi cittadini" italiani non sembrano volersi staccare dalla Madre­patria: "Io mi sento italiano al 100%. Per questo sono felice che mia figlia studi in Italia e che a mio figlio piaccia viaggiare spesso in quella terra meravigliosa anche se, purtroppo, il Consolato non vuole riconoscergli la cittadinanza italiana, che per me è importantissima" ci racconta Pasquale. "Io mi sento italiana - ci dice Maria Elisa Pino - e sono fiera di esserlo perché il nostro popolo ha fornito un apporto sostanziale al Venezuela, soprattutto dal punto di vista culturale. Ha insegnato molto in settori prima trattati superficialmente. Inoltre si è mescolato bene con il popolo sud­americano. Basti pensare alla cucina: ormai i sapori italiani e venezolani sono totalmente intrecciati. Anche perchè qui quasi tutti hanno in famiglia un italiano".
Anche chi non ha quasi mai visto l'Italia sente la necessità di coltivare una cultura che sente sua, come la sedicenne Martina: "Io non ho capito molto bene la situazione perché nessuno me l'ha spiegata chiaramente - racconta - ma sentendo i discorsi dei miei genitori ne ho intuito la gravità.
Soprattutto noi discendenti abbiamo bisogno delle attività che si organizzano nella collettività per mantenere il contatto con la terra dei nostri avi. Io, per esempio, ho imparato la lingua italiana studiando alla Codazzi e la tarantella al Club Italo.
Se questi tagli saranno davvero così pesanti, queste realtà si perderanno e con esse le nuove generazioni".
Una voce fuori dal coro è quella di Stefania Lavita, studentessa: "In Italia, con la legge 133 di Tremonti, sono stati tagliati i fondi all'istruzione pubblica. Altri tagli sono stati fatti ad ambiti fondamentali per tutti, come la sanità.
Per questo motivo non capisco le polemiche che si stanno facendo in relazione ai tagli dei fondi destinati agli italiani all'estero, che hanno sempre avuto numerose attenzioni.
Quando si tocca l'estero, verso cui da sempre sono diretti consistenti flussi monetari, si scatena lo scandalo soprattutto a causa del peso che hanno le circoscrizioni estere nel periodo delle elezioni. Questo accade specialmente in Venezuela dove il gruppo italiano è di dimensioni notevoli".

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