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giovedì 11 febbraio 2010

Rocco, le pagine di ieri per i bambini di oggi

Compositore e musicista, pittore, scrittore di preziosi racconti brevi. L’autodidatta Castiglia oggi non c’è più. Le istituzioni lo dimenticano, gli amici lo ricordano.

di Monica Vistali (pubblicato per la morte avvenuta il 10 giugno 2009)

CARACAS – Rocco Castiglia, il “Maestro” come molti lo chiamavano, adesso non lo troverete più in mezzo ai bambini a suonare la sua amata fisarmonica Delicia, nè al Caffè Lecuna a dipingere sui muri i volti di quelli che, come lui, avevano lasciato l’Italia tanti anni fa e che ora passavano le loro serate tra carte, canzoni partigiane e bicchieri di vino rosso. Non lo incontrerete neppure alle riunioni del Consejo Comunal de la Boleita Sur dove ad ottobre era stato eletto a pieni voti “Vocero Principal del Comitè de Educacion” o tra quelli che danno corpo alla Misiòn Cultura, che lo avevano nominato “Patrimonio Cultural della Parroquia”. E se, infine, non lo trovarete ospite alla prossima Fiera del Libro, lo troverete però tra le pagine del suo piccolo libro di “historietas”, dal titolo “Cuentos para niños de hoy de un niño de ayer”, che i suoi amici più cari si erano preoccupati di far pubblicare per procurargli quei pochi bolivares di cui aveva bisogno e che, fiero, non accettava da nessuna elemosina.
Perchè mercoledì scorso, Rocco Castiglia, classe 1929, è morto nella sua casa alla Boleita, un piccolo appartamento con carta da parati anni ’30 e mobilio antico, affollata di libri, spartiti, dischi di ogni genere. Si è spento dopo essersi lamentato a lungo per i problemi di respirazione che gli causavano i maleodoranti estrattori del ristorante sottocasa, “fonte di residui tossici e contaminazione ambientale” come denunciano gli amici di Rocco che ora stanno portando avanti il caso ma che già da molto tempo si erano attivati inutilmente per regalare all’artista una vecchiaia serena.
Ed ora, Rocco, è in un piccolo cimitero al centro di un barrio di Guarenas, l’unico che le sue finanze, fantasmi dimenticati da qualsiasi tipo di assistenza sociale o pensione, italiana o venezolana che sia, potessero regalargli.In Venezuela, con la chitarra in mano
Rocco, falegname di Tricarico, un piccolo paesino di Matera, arrivò in Venezuela poco più che ventenne. I suoi genitori l’avevano fatto imbarcare per allontanarlo dalla cognata con cui si era fidanzato. “Sono qui per sbaglio. A quei tempi ero giovane, mi sono fatto convincere... – si rammarica davanti alle telecamere degli amici Attilio Foliero e Mario Neri, che l’intervistarono qualche anno fa e che l’artista chiama “i suoi benefattori” omaggiandoli nel prologo del suo unico libro – e così mi sono ritrovato solo in una terra straniera. Avrei dovuto incontrare mio fratello ma, per problemi con la moglie, dovette ritornare in Italia proprio negli stessi giorni in cui attraversavo l’Oceano”.
I primi anni a Caracas, Rocco li trascorre nella zona di Sarria. Lavora come falegname, dà lezioni di musica e, con la piccola band “Luna Rossa”, formata con l’amico abruzzese Roberto, anima le feste, i locali, inaugura pizzerie italiane.
Con il tempo, la passione per le note, coltivata da autodidatta, lo trasformerà in compositore ed affermato insegnante di musica per molti giovani italo-venezolani, cui impartiva lezioni di fisarmonica, chitarra, cuatro, batteria, mandolino. Divenne anche organizzatore dell’allegro Festival Giovanile di musica, dove non era raro vederlo suonare un organo a quattro mani con un bambino o scatenarsi con l’amato mandolino che divertiva tanto i più piccoli.
Una vera passione, quella di Rocco. La sua casa, ora abbandonata, è ancora ricca di spartiti scritti da lui con il pennarellino nero. Tanti anche i fogliettini dove, senza errori, con la macchina da scrivere, aveva impresso le vecchie canzoni della sua terra, da “Sul ponte di Bassano” a “Quel mazzolin di fiori”, da “Addio mia bella addio” a “Sul cappello, la pennna nera”. La matita e il pennello
Quella per la musica non era l’unica passione di Rocco. Come raccontava nell’intervista rilasciata ai compagni de La Patria Grande, fin da piccolo si divertiva non solo a “chiamare qualche amichetto e dirigere un’orchestrina improvvisata”, ma anche a “scolpire figure con la neve” o disegnare il viso di Mussolini, “perchè a quei tempi c’era solo quello”.
“Mi ricordo quando scendeva al caffè Lecuna, punto di ritrovo per tanti suoi connazionali – ci confida un vicino di casa di Rocco, Leonardo – e passava la serata osservando e memorizzando i visi dei clienti che bevevano o giocavano a carte. Poi, quando il locale si svuotava e tutti se ne ritornavano a casa, si metteva a disegnare sui muri i loro visi con la perfezione di un vero artista. Un vero peccato che quei ritratti siano stati cancellati...”.
“Aveva dipinto anche un ritratto dell’indiano Jiddu Krishnamurti, lo scrittore di cui divorava ogni singola pagina – ricorda Mario Neri, del Circolo Gramsci di Caracas –. Ma – continua – leggeva di tutto, addirittura un giorno lo vidi immerso in “Così parlò Zaratustra”, del filosofo Nietzsche. Ed aveva fatto solo la quinta elementare!”.
Historietas
Il ritratto di Krishnamurti, insieme ad altri, oggi non si trova più in casa di Rocco.
“Non voleva l’elemosina di nessuno – ci confida l’amico Armando Corriere –. Così, per riuscire a fargli accettare quel poco denaro di cui aveva bisogno, inventavamo che avevamo venduto il quadro e che i soldi che gli davamo erano in realtà i proventi del suo lavoro”.
Erano tanti gli espedienti per non umiliare la dignità del vecchio artista quando gli acciacchi dell’età avevano assottigliato drasticamente le sue lezioni di musica e non riusciva più a mantenersi da solo. Il Consolato, più volte interpellato, non sembrava poter dare il sostegno necessario e a Rocco, che definiva la richiesta d’aiuto in quegli uffici “umiliante” e degradante”, come ricorda l’amico Armando, non piaceva sentirsi un “intruso mal accolto”, o un “pedante”.
E così, alla fine, erano i vicini di casa a battere la scopa sul pavimento per avvertirlo che c’era un piatto caldo pronto per lui, furono gli amici de La Patria Grande e del Circolo Gramsci ad autotassarsi per riuscire a pubblicare un piccolo collage dei suoi racconti sparsi, riuniti poi nell’opera “Cuentos para niños de hoy de un niño de ayer” per donargli i proventi del suo lavoro e “farlo sentire ancora importante”.
Anche se, nell’intervista sopracitata, Rocco non si definiva per nulla uno scrittore e dichiarava che solamente erano stati i ragazzi ad ispirarlo, i suoi racconti sono schegge inestimabili di valori e moralità. “Voleva fare del Paese una scuola – commenta Mario Neri – e criticava l’effetto alienante dei videogiochi, la competizione sempre presente nei giochi e che come la guerra, ‘premia i vincitori che trionfano’, la televisione spazzatura che, come si legge in un suo racconto, ‘dovrebbe essere utilizzata per formare cittadini liberi e non un gregge di consumatori irrazionali al servizio di un piccolo gruppo di antisociali’”. Idee che ricordano l’incanto magico del regista e scrittore bresciano Suilvano Agosti.
Grazie a quella piccola opera, che sarà regalata a tutti i bambini il prossimo ‘Dia del Ñino’, “perchè è giusto regalare la sua eredità più preziosa” come ci dice l’amico Armando, Rocco fu presente alle ultime due Fiere del Libro di Caracas, ospite dello stand del matematico umanista Giulio Santosuosso. Lì, il famoso caricaturista de L’Unità e di Liberazione, Enzo Apicella, appese un piccolo cartello con scritto: “Regalo una caricatura a chi compra questo libro”.
Cerchiamolo questo libro, e facciamo un regalo alla nostra anima spesso dimenticata.
“Hai ragione nipotino caro. Non ti ho mai parlato di quello che penso della scuola e del Ministero che erroneamente chiamano dell’Educazione. In primo luogo, il ministero non dovrebbe essere chiamato dell’Educazione bensì dell’Istruzione, perchè dalle scuole primarie all’università la persona s’istruisce e riceve il titolo di medico, avvocato o qualche altra specialità. Però quando il medico non lascia entrare un malato nella sua lussuosa clinica solo perchè non ha sufficiente denaro e l’avvocato difende un corrotto perchè gli offre molti soldi, dimostrano che s’istruirono, ma non si educarono”.

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