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giovedì 25 marzo 2010

02/09: Un leghista in Venezuela

Febbraio 2009. La Commissione Esteri della Camera, presediuta dall’On. Stefano Stefani, ha visitato Messico, Guatemale e Nicaragua ed è poi arrivata a Caracas per incontrare la comunità italiana in Venezuela. Ho incontrato il Presidente della delegazione, deputato della Lega Nord Padania, noto anche per l’estrosità delle sue offese nei confronti di altri popoli, per ascoltare alcune sua opinioni circa la missione in Venezuela. Alla fine, ci si chiede: E’ davvero una persona all’altezza della carica che ricopre?

di Monica Vistali

CARACAS – Tra contraddizioni e qualche incertezza, il Presidente della Commissione Esteri della Camera Stefano Stefani, deputato della Lega Nord Padania, ha esposto le sue opinioni in riferimento alla missione che ha portato la delegazione da lui presieduta ad incontrare le Istituzioni e le Collettività italiane in Messico, Nicaragua e Guatemala. “E’ una visita per rafforzare i rapporti d’amicizia e per capire le questioni di cui ci occupiamo - ha dichiarato -. Abbiamo cercato di rafforzare l’amicizia in tutti i Paesi in cui siamo stati”.
L’on.Stefani, sottosegretario al Turismo nel precedente governo Berlusconi e politico noto per l’estrosità delle sue offese nei confronti di altri popoli (definì i tedeschi come “invasori che vengono in Italia a fare gare di rutti”), ha voluto sottolineare che “Hugo Chavèz ha ricambiato i saluti del nostro Presidente del Consiglio, considera l’Italia un Paese amico e Silvio Berlusconi un leader amico”. Ha poi aggiunto: “Da quel che ho visto questo sentimento è ricambiato, i nostri cittadini vogliono bene al Venezuela. Non potrebbe essere diversamente: qui ci sono quasi un milione di persone di discendenza italiana”.
Paradossalmente per un Presidente della Commissione Esteri, l’on.Stefani, quando interrogato sulle prospettive future riguardanti la Collettività italovenezolana a seguito di questa visita, ammette di non occuparsi particolarmente delle politiche riguardanti gli italiani all’Estero poichè queste “sono curate nello specifico dai miei colleghi” e c’è “un Comitato permanente che si occupa di queste cose”.
“A seguito di questi incontri non so cosa cambierà - dice - ma secondo me dovrebbe necessariamente cambiare la legge elettorale degli Organi di Rappresentanza perchè, così com’è, non funziona. Forse - continua - dev’essere cambiato anche il Cgie”. L’on. Stefani riconosce la sua ignoranza in materia quando ammette di non sapere se Comites e Cgie siano realtà importanti oppure organismi sopprimibili. Quello che dice, però, è che “dovrebbero essere regolamentati in maniera diversa”.
Prevedibile l’opinione del deputato davanti alla comparazione tra gli italiani emigrati all’estero ed i numerosi immigrati che arrivano in Italia. Se i nostri concittadini con la valigia sono definiti una “ricchezza”, lo stesso non vale per “gli extracomunitari: non sappiamo come affrontare la situazione e regolamentarne l’afflusso”. L’on. Stefani riconosce però che, accanto a “questi marocchini e tunisini che vanno a rubare e a delinquere” ci sono “extracomunitari che hanno fatto molto. Ad esempio, in alcune zone, se loro non ci fossero stati avremmo dovuto chiudere le fabbriche. E poi - continua - ci sono quelli che arrivano in Italia per cercare lavoro ma non lo trovano. E se non lo trovamo vuol dire che le leggi che gli hanno permesso di arrivare nel nostro territorio sono sbagliate”. Il delegato immagina poi questa “gente che arriva con la famiglia e sente il figlio dire ‘Papà ho fame’ o ‘Mamma ho fame’... Cosa dovrebbe fare?” si chiede il parlamentare.
Interessante la visione dell’on. Stefani per quanto riguarda la promozione della lingua e della cultura italiana all’estero, tanto auspicata durante l’incontro della Delegazione con gli esponenti della Collettività: “La cultura italiana è un mezzo tra gli altri. Io sono un imprenditore e guardo sempre il mio fine: il business. Ad esempio, nel sistema cultura c’è anche la cucina. Io mi sono battutto perchè ‘cucina italiana’ significasse davvero ‘cucina italiana’ e possedesse particolari requisiti, soprattutto per quanto riguarda gli ingredienti di base. Quando era di moda la cucina italiana - ricorda ancora sbigottito - c’era il marocchino che andava a New York e apriva non solo una pizzeria, ma direttamente un ristorante italiano!”.

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