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giovedì 25 marzo 2010

Sei milioni di voti bolivariani in vista del 2012

Era lo scorso febbraio. Con il 54% venne
accettata la riforma costituzionale proposta dall’Esecutivo per la rielezione indefinita. E
per il presidente si concretizzò la possibilità di una terza candidatura nel 2012.
di Monica Vistali

CARACAS (16 febbraio 2009) - Al secondo referendum, e con “più di sei milioni di voti bolivariani”, Hugo Chavez ha vinto. Secondo il primo rapporto del Consiglio Nazionale Elettorale, il 54,36% dei venezolani ha votato “si” alla riforma costituzionale proposta dall’Esecutivo che permetterà la rielezione illimitata delle cariche a voto popolare, tra cui quella di Presidente della Repubblica. Ora il “comandante”, superato il limite degli articoli 160, 162, 174, 192 e 230 che impedivano la rielezione per un terzo mandato consecutivo di Presidente, governatori, deputati e sindaci, potrà presentarsi alle elezioni del 2012 per consolidare il “Socialismo bolivariano del XXI secolo”: l’ultima rivoluzione del XX secolo e la prima del XXI secolo a livello mondiale.
Poco dopo la proclamazione dei risultati, il leader del PSUV si è affacciato al balcone del palazzo presidenziale Miraflores di Caracas per giurare solennemente, attraverso le parole dell’apostolo San Paolo: “Mi consacro integralmente e definitivamente al pieno servizio del popolo, per tutto il resto della mia vita. Giuro che, a meno che il popolo decida il contrario, questo soldato sarà candidato alle elezioni del 2012 per governare il Paese tra il 2013 e 2019”. Dopo aver felicemente sottolineato l’affluenza registrata alle urne, che supera la soglia del 70%, il Presidente ha definito il risultato del referendum come “la vittoria della verità contro la bugia di coloro che negano la patria, una vittoria su tutta la linea”. “Ve lo avevo promesso: se voi non mancate, nemmeno io mancherò. Oggi – ha proseguito il leader nella sua tradizionale camicia rossa – avete aperto le porte al futuro ed avete definito il mio destino politico, che è anche il destino della mia vita”. Con una voce strozzata che sorvolava la moltitudine di “fedelissimi” arrivati per acclamarlo da ogni zona del Paese con applausi, canti e bandiere rosse, il “soldato del popolo” ha poi letto il messaggio arrivatogli, subito dopo la proclamazione, direttamente dall’amico Fidel Castro: “Carissimo Hugo – scrive il leader cubano – congratulazioni a te ed al tuo popolo per una vittoria che, per la sua grandezza, è impossibile calcolare”.
Ai rappresentanti dell’opposizione, che ritengono la consulta incostutuzionale in quanto proposta già rifiutata nel referendum 2007, non sono stati concessi spazi sino alla conclusione del messaggio presidenziale, durato quasi due ore, dato che il leader ordinò di ritrasmettere a catena, in ogni emittente, la sua “fiesta roja rojita”.
L’appuntamento con le urne è iniziato all’alba, quando i fedelissimi del Presidente hanno attraversato le zone popolari diffondendo ad altissimo volume i noti “tocchi di Diana” per svegliare il popolo votante che poco dopo si è recato nelle 34.322 sezioni dei seggi, aperti sin dalle 6 del mattino. Per controllare la regolarità delle elezioni sono stati incaricati 60 mila osservatori per ciascun schieramento oltre a 98 rappresentanti delle organizzazioni internazionali. Il Cne (Consiglio nazionale elettorale) ha coinvolto anche circa 30 mila militari per controllare che venga mantenuto l’ordine pubblico. Prima del voto, Chavez aveva comunque assicurato l’accettazione pacifica di qualsiasi risultato ed aveva intimato che chiunque avesse voluto “generare violenza” sarebbe stato “polverizzato dal popolo e dal Governo rivoluzionario”.
Giovedì, davanti alla vastissima platea di simpattizzanti e militanti venuti da tutto il Venezuela per il corteo di chiusura della campagna e riuniti nella centrica Avenida Bolivar di Caracas, il Presidente disse: “E’arrivata l’ora della vittoria definitiva per la rivoluzione”. Avvertì poi che con le elezioni si sarebbe “abbattuta una nuova barriera storica” indispensabile per “consolidare il Venezuela socialista” e si sarebbe definito così il suo “destino politico”. Indispensabile però “una grande forza unitaria, organizzazione e pianificazione” per conquistare “una vittoria storica, una grande vittoria per Ko” nel referendum. “L’immensa maggioranza dei venezolani e delle venezolane sa – concluse il Presidente - che non si tratta di perpetuare Chavez al potere o d’instaurare una tirannia. Si tratta di dare a tutti nuovi diritti, più di quelli già contenuti nella nostra avanzatissima Costituzione”, Il Presidente, spronando il popolo a rifiutare la “bugia oppositrice” del “perpetuarsi della dittatura chavista”, dichiarò poi che con la vittoria degli “esqualidos oligarcas” dell’opposizione si sarebbero arrestati “i progressi della rivoluzione e dei programmi socialisti”. Per contro, i fautori del “no” negarono le accuse sostenendo che la rielezione illimitata avrebbe “monopolizzato il potere nelle mani del Presidente”, in carica dal ’99, perpetuando “l’insicurezza, l’inefficenza, i bambini di strada” ed eliminando la proprietà privata.
Per i venezolani questa è la quindicesima chiamata alle armi indetta dal Presidente Chavez. L’ultima, le elezioni regionali dello scorso 15 novembre, avevano visto il Partito socialista del presidente Chavez conquistare, per la prima volta senza alleati, 17 dei 22 Stati del Venezuela. L’opposizione, vincente nel Districto Capital ovvero la capitale Caracas, festeggiò però la riconferma delle ricche regioni di Zulia e Nueva Esparta e la conquista di Miranda, Carabobo e Tachira.

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