La terra del ‘beisbol’ esulta in coro l’entrata della Vinotinto nelle semifinali della Coppa America di calcio. L’euforia è contagiosa e dalle strade arriva ai vertici del governo che identificano il successo sportivo con un senso di riscatto nazionale
di Monica Vistali
CARACAS (17/7/2011) - Ai tre successi - contro il Brasile, l’Ecuador e il Paraguay - che già avevano acceso l’animo venezuelano, si è aggiunta ieri una vittoria, quella del 2-1 contro il Cile, che ha catapultato la nazionale ‘Vinotinto’ nella semifinale della Coppa America 2011. Si tratta di una prima volta per gli 11 di Cesar Farias, dati per spacciati ancor prima dell’inizio del torneo ed ora in alto come non mai nella storia della coppa sudamericana.
Il presidente Hugo Chávez ha seguito la gara da L’Avana, dove prosegue i trattamenti medici contro il cancro, ed è intervenuto più volte, attraverso Twitter, nei commenti di gioco.
“Goooooooolllllll della patria! Viva Venezuela! Sono qui, guardando la partita con Fidel (Castro, ndr) Vivremo e Vinceremo!” - ha scritto il capo di stato al momento della prima palla in rete e prima di accennare ad un Fidel ‘portafortuna’ - “Fidel è venuto e ha portato fortuna alla Vinotinto. Ha cantato il gol ed ha indovinato la vittoria”.
Se Fidel è di buon augurio, in questa Coppa America non si può dire altrettanto dell’etichetta di ‘favorite’. È stato infatti disilluso chi contava sulle nazionali di Colombia, Argentina, Brasile e Cile.
Il c.t. Farias commenta a caldo dopo l’ultima vittoria la reazione degli sconfitti:
"Mi sorprende il fatto che dopo ogni partita che giochiamo, le altre squadre dicono che abbiamo giocato male o che non meritavamo. Ma va bene così, lasciate che continuino a guardarci dall'alto in basso".
E zittisce chi commentava che “il Venezuela esporta telenovelas, non calcio”, rispondendo orgoglioso:
“Il rispetto non ce l’avevano e ormai non lo chiediamo, lo guadaganamo”. “L’allegria è come la nostra bandiera, piena di stelle e colori. Abbiamo giocato quando dovevamo giocare, sofferto quando dovevamo soffrire e castigato quando dovevamo castigare”.
Nella terra del baseball, a fine partita migliaia di tifosi - in attesa della semifinale di mercoledì contro il Paraguay (con cui la Vinotinto ha già pareggiato in rincorsa) - si sono riversati nelle strade delle città urlando e sventolando bandiere in omaggio ad un evento di “fútbol” quanto mai inedito nella storia della nazione.
L’euforia ha contagiato tutti, nelle piazze, nei bar, nelle affollate ‘liquorerie’ ed è arrivata sino alle figure della politica che non hanno tardato ad esprimere felicità per la vittoria.
Il governo Chávez ha emesso un comunicato ufficiale in cui “rende un emozionato tributo all’impresa storica raggiunta” dalla squadra.
"Ci uniamo al giubilo che avvolge il nostro popolo e rinvigorisce il nostro fervore patriottico per questa vittoria così significativa” che “riempie di orgoglio tutti i venezuelani” ed è “uno stimolo straordinario per continuare la festa” per il Bicentenario dell’indipendenza.
Non solo un successo sportivo, quindi, ma una vittoria nazionale in un momento storico di rivendicazione patriottica che affida ai risultati sportivi - ma non solo - l’immagine del riscatto di una nazione.
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