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giovedì 9 febbraio 2012

Primarie MUD, il 12F il nome del futuro rivale di Chávez. Radonski il nuovo "Mandela bianco"?

di Monica Vistali

CARACAS - I giochi inizieranno davvero dopo questa domenica, quando si saprà chi - tra i cinque candidati in lizza - affronterà il presidente Hugo Chàvez alle presidenziali del 7 ottobre. Ne è convinto il leader di Primero Justicia, l’avvocato Henrique Capriles Radonski, favorito in queste primarie della ‘Mesa de Unidad Democratica’ (Mud) che si preannunciano come un testa a testa tra lui e il Governatore dello stato Zulia, Pablo Pèrez.
In conferenza stampa nella sede del ‘Comando Tricolor’ a Caracas, Capriles si dice fiducioso in una buona affluenza alle urne. “Voteranno più di due milioni di persone - dichiara - il 10/15 per cento degli iscritti nel registro elettorale”. E, parlando alla ‘Voce d’Italia’, con la promessa di una Venezuela nuova, senza espropri e con meno criminalità, esorta gli italiani a non andarsene dal Paese.

“Chávez cavallo stanco, perderà corsa di ottobre”
Capriles Radonski, due volte sindaco ed oggi Governatore dello stato Miranda, spera nei voti dei suoi simpatizzanti (“ce ne sono in tutti i partiti”, afferma) e in quelli lasciategli dal dirigente di Voluntad Popular, Leopoldo Lopez, che si è da poco ritirato dalla corsa alle presidenziali. Confida anche nel sostegno di chi per 13 anni è stato tra le fila del chavismo ma auspica ora un rinnovo ai vertici, nagandosi ad appoggiare il Comandante Chàvez in quello che sarebbe il suo terzo mandato.
Cosciente dell’ampio vantaggio che gli darebbe la conquista dei voti bolivariani, Capriles - che nel 2008 ha sconfitto l’attuale Presidente del Parlamento in una competizione per il posto di Governatore - ha adottato fin dall’inizio della campagna toni decisamente meno agguerriti rispetto a quelli usati dai suoi concorrenti. Questi mantengono lo stesso discorso di confrontazione politica che domina l’opposizione fin dal ‘99 - contribuendo alla polarizzazione del Paese - ma l’aspirante capo di Stato è convinto che “il popolo non sta nei punti radicali e le elezioni di domenica lo dimostreranno”.
Il Governatore mirandino - proveniente da una delle più potenti famiglie del Venezuela, di origine ebrea-russo-polacca (i nonni scapparono dalla persecuzione antisemita dopo l’esperienza nel Ghetto di Varsavia) - non dà molta importanza a queste primarie, almeno stando alle dichiarazioni rilasciate in conferenza stampa. Pone l’accento sulle presidenziali di ottobre - sarà come “una corsa contro un cavallo stanco” afferma - e soprattutto sulla campagna elettorale dei prossimi mesi che preannuncia come “disequilibrata”. Cita a questo proposito l’utilizzo dell’impresa petrolifera nazionale Pdvsa come “grande finanziatrice della campagna di Chàvez” e le ore di discorsi tv a reti unificate usate per fare “proselitismo politico e non attività di governo”. Si nega però a rispondere alle recenti affermazioni di una serie di funzionari politici alleati al partito di Governo (Psuv) che lo accusano di aver ricevuto finanziamenti milionari da banchieri profughi della giustizia venezuelana cui - in cambio di sostegno economico alla sua campagna - sarebbero stati promessi “totale impunità, un sicuro ritorno in Venezuela e i beni confiscati loro dal governo”.
Capriles è comunque fiducioso. “Voglio proprio vedere chi resisterà a 7 mesi di campagna. Percorreremo il Paese in lungo e in largo come non si fa da anni - promette - e vinceremo le elezioni in strada, non in tv”. L’importante, sottolinea, è che la coalizione arrivi ad ottobre unita e “ben organizzata”, che ci siano “osservatori internazionali di diverso orientamento politico” - cita anche l’Ue - e testimoni in ogni centro elettorale per “controllare che non ci rubino i voti”.
Capriles si dice favorevole alla possibilità di rielezione per la carica presidenziale, solo una volta, riducendo però il periodo di mandato da 6 a 4 anni.

“Italiani, restate! Saremo come il Brasile”
“Non andatevene e, se l’avete già fatto, tornate. Abbiamo bisogno di voi e dei vostri investimenti”. Questo l’appello che Capriles Radonski - rispondendo a una domanda della ‘Voce d’Italia’ - rivolge agli italiani del Venezuela, cui promette un “cambio radicale nella visione del lavoro” e una cooperazione tra settore pubblico e privato sull’esempio del Brasile. L’obiettivo? Ridurre la breccia tra le classi sociali, un problema che - per il candidato - il governo Chávez si è “limitato a diagnosticare” senza risolvere.
In realtà, secondo il Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) il Venezuela è sul podio dei Paesi con meno diseguaglianza di tutta l’America latina, secondo solo all’Uruguay. In Brasile, invece, il divario tra ricchi e poveri è molto più marcato e il Paese è in coda alla classifica dopo Bolivia, Haiti ed Ecuador.
Per rilanciare il Paese, secondo il candidato è necessario “utilizzare il petrolio come motore di sviluppo per creare una economia diversificata” sull’esempio della Norvegia, spezzando “nel giro di sei anni” la dipendenza dall’oro nero. Indispensabile poi dare impulso a settori “atrofizzati” quali l’agricoltura, il commericio, il turismo e l’estrazione mineraria.

Capriles non risparmia critiche al governo per quanto riguarda la gestione del settore delle costruzioni, “distrutto” dalla nazionalizzazione dell’industria cementifera. “Il cemento che si riesce a trovare non lo si paga a prezzi regolati e la corruzione dilaga” denuncia sottolineando come la presidente de ‘Cementos de Venezuela’ sia Natasha Castillo, niente meno che la moglie del Vicepresidente della Repubblica, Elías Jaua.
Per quanto riguarda le abitazioni costruite per far fronte al gran numero di senzatetto causato dal maltempo, Capriles bolla come false le cifre ufficiali (“Chávez dice di aver fatto costruire 140 mila case ma sono tutte bugie, gli hotel sono pieni di rifugiati” afferma). Inoltre, fa notare come nella zona capitolina di Fuerte Tiuna - recuperata per dare una casa ai senzatetto - stiano lavorando operai cinesi e non venezuelani, nonostante l’alto tasso di disoccupazione che si registra nel Paese.
Capriles ha annunciato l’abolizione del sistema di controllo dei cambi, evidenziando però che è prima necessario creare una economia forte e stabile.

Unità nazionale... ma senza chavisti
Capriles Radonski non svela nulla riguardo alla composizione del suo futuro gabinetto. Il suo, conferma tuttavia alla ‘Voce’, sarà un governo di unità nazionale così come indicato nei punti programmatici stilati dalla Mud. Porte chiuse però ai chavisti che, se entrassero nel suo governo, “verrebbero marchiati subito come traditori”.
Il candidato promette però di lavorare con “tutti i settori, partiti e movimenti” così “come ho fatto da Governatore”. Il suo modello? Nelson Mandela. L'esperienza del Nobel per la Pace, incarcerato per 27 anni dai governi pro-apartheid del Sud Africa, secondo Capriles potrebbe sovrapporsi alla sua. "Dopo tanti anni di prigionia - azzarda senza riserve riferendosi ai 13 anni di governo Chávez - ha lottato insieme a tutti ed ha unito il Paese".
Capriles parla di inclusione totale perché un Paese diviso, spiega, “non avanza ed è per questo che sotto molti aspetti oggi siamo nella stessa situazione di 13 anni fa”. Menziona a questo proposito le "profonde carenze" nei servizi di base quali la salute e l’educazione (suo cavallo di battaglia), campi nei quali si sono mosse fin da subito le missioni sociali promosse dalla gestione Chávez. “I programmi governativi stanno decadendo” ed è necessario un loro “studio non quantitativo, ma qualitativo”, sostiene.

Svolta nello scacchiere internazionale
Cina, Cuba, Iran, Siria, Biellorussia, la Libia di Gheddafi. La rete di alleanze tessuta nel tempo dal Venezuela di Chávez viene criticata sul piano nazionale quanto sul quello interno. “Quello creato dal Presidente è un club di amici” dichiara Capriles, secondo cui molti trattati internazionali “dovranno essere rivisti” in quanto “non beneficiano davvero il Paese” e sarebbero stati stilati puramente per ragioni di strategia politica e armamentista.

L’aspirante capo di Stato pensa di ristudiare le alleanze con l’Iran e la Biellorussia, Paesi con i quali il Venezuela non ha un “legame storico” e dove “non esiste totale democrazia e pieno rispetto dei diritti umani”. “Al nostro Paese non conviene” avere le migliori relazioni con questo tipo di Paesi, spiega. Per quanto riguarda la Cina, Capriles non pensa di rinunciare ai vantaggi economici del Fondo Cinese ma dichiara di voler estirpare dai trattati con la superpotenza orientale qualsiasi “fondo di lealtà politica” perché “non ci interessa”.
Speranza, infine, riguardo ai rapporti con la rivoluzionaria Isola de los hermanos Castro, che “sembra muoversi nella direzione di un rinnovo”.
La relazione di Capriles con Cuba è un tema delicato: il candidato passò quattro mesi in carcere per aver preso parte all’assedio dell’Ambasciata cubana a Caracas durante il colpo di Stato del 2002 che scalzò dal potere Hugo Chávez. A chiedere l’ordine di cattura fu Danilo Anderson, ucciso poco dopo da una bomba piazzata sotto il sedile della sua automobile.
Radonski durante l'assaldo all'Ambasciata di Cuba durante il golpe a Chávez nel 2002

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